“Proviamo Paltò?” Ne ho sentito parlare, ma non ci sono mai stato. E poi è la sera giusta: non ho voglia, una volta tanto, di avere a che fare con locali troppo ingessati. Così, poco dopo le otto di sera, eccomi all’ingresso di questa vineria in via della Rocca 17, a Torino. Proprio come speravo: un locale informale, un bel bancone dietro il quale fanno capolino bottiglie e bicchieri, una serie di tavoli senza tovaglia, oltre che sedie semplici e facilmente spostabili. E, soprattutto, delle facce sorridenti che ti accolgono in uno spazio che si prolunga in un susseguirsi di salette. Il tempo di sederci, ed ecco che arrivano i menu: essenziali, con i font in tono con l’atmosfera, e con una proposta che va dai cicchetti ai piatti del giorno, non senza una serie di “delizie dal territorio” e di “dessert” per, eventualmente, aprire e chiudere il pasto.
Una proposta coraggiosa e convincente
Chi non conosce le acciughe del Cantabrico? Ed è di qui che inizia il mio viaggio: perfettamente servite su fette di morbido pan brioche sulle quali è spalmato del burro d’Isigny, sembrano fatte apposta per dare il la alla cena, non senza stimolare la mia curiosità sui piatti successivi. Ed il primo che ho scelto, forse per “accordarmi” all’ambiente, è un non così equilibrato nei gusti Panino al latte tostato con pancia di maiale. Coraggiosi invece gli Gnocchi di ricotta alla coda, nei quali il contrasto tra la cremosità dei primi e la forza della seconda dà vita a un piacevole contrasto di sapori. Meno intriganti, seppur gradevoli, le Guanciotte brasate al cacao e cipollotto, su purè di patate di montagna.
Chiudo la mia esperienza a Paltò con una riuscita Tenerina alla cioccolato che lascia al palato una nota di accattivante freschezza.
Perché non comunicare prima i piatti che non sono in carta?
Paltò è un luogo che mantiene ciò che promette: sia sul piano del cibo, che complessivamente mi ha soddisfatto, complici forse anche le acciughe del Cantabrico che, per presentazione e abbinamento col burro di Isigny, hanno subito dato un imprinting positivo alla mia cena. E la stessa cosa vale anche per la carta e per il servizio dei vini: la prima certo un po’ contenuta per una vineria, ma puntata soprattutto su etichette originali e piccoli produttori; il secondo fatto con grande professionalità. Un’unica perplessità: perché portare il menu e dirti solo dopo che hai scelto che i tuoi piatti non ci sono o che sono stati sostituiti, come in ben due casi mi è accaduto: per il panino alla zucca e gli gnocchi alla zucca. Tanto vale dirlo prima, evitando che il cliente si prefiguri una cena che poi non potrà mangiare! Cosa che, peraltro facilmente correggibile, non toglie nulla alla puntualità del servizio e all’accoglienza sorridente che al Paltò si respira.