Cronaca - 13 marzo 2025, 15:17

L'allarme del pg Musti: "Mafia e organizzazioni criminali ramificate anche in Piemonte"

Le parole a margine di un convegno sulla mafia: "Si sono evolute trasformando la violenza in ricchezza e attingendo a professionisti e insospettabili"

La pg di Torino Lucia Musti (foto di repertorio)

La pg di Torino Lucia Musti (foto di repertorio)

Dal convegno “Un Piemonte libero dalle mafie”, voluto dalla Commissione Legalità del Consiglio regionale, è arrivato forte l’allarme per il crescente radicamento delle organizzazioni criminali, in particolare la ‘ndrangheta, in Piemonte.

Una mafia che si è fatta imprenditore e che, come ha spiegato il presidente del Consiglio regionale Davide Nicco durante i saluti istituzionali, “si insinua nell'economia legale, nel tessuto imprenditoriale e negli appalti pubblici, minacciando la libera concorrenza, l’occupazione onesta e la sicurezza dei cittadini. Come istituzioni, abbiamo il dovere di restare vigili, la presenza della Commissione Legalità è un segnale chiaro di questo impegno. Serve un’alleanza tra istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, mondo dell’informazione, scuola e società civile per contrastare il fenomeno in modo efficace”.

Musti: "Mafie insinuate nella società"

“Il Piemonte e la Valle d’Aosta sono la prova provata di un dato importante che caratterizza le organizzazioni criminali mafiose, e non solo nella nostra regione, ovverosia che le mafie non sono ‘a parte’ della società, ma sono nella società, sono parte della società, sono strutturate. È la loro è una struttura senza confini”. Così il pg di Torino, Lucia Musti, intervenendo al convegno sulle mafie. "E’ ormai evidente - ha proseguito - come da sentenze passate in giudicato in ordine al delitto di cui all'articolo 416 bis del codice penale, che la 'ndrangheta, per andare nel dettaglio, è uscita fuori dai confini della terra madre, la Calabria, è uscita fuori dai confini nazionali ed è ramificata in alcuni Stati europei, in Stati a margine dell’Unione Europea, ma anche nelle Americhe”.

“E la nostra regione, al pari dell’Emilia-Romagna, della Lombardia e del Veneto, distretti con i quali condividiamo gruppi di criminali mafiosi che operano in regioni che costituiscono il nuovo triangolo industriale del centro nord Italia, è ancora la plastica affermazione che la 'ndrangheta, mafia 4.0, ha trasformato la violenza in ricchezza”, ha osservato ancora.

La mafia sa assoldare anche i professionisti

“La mafia imprenditrice è ben consapevole di quanto preziosi siano i professionisti, utili e più abili degli utilizzatori di armi, cioè degli appartenenti all’area militare. E la mafia si attrezza. Da una parte attinge a quei liberi professionisti che, incredibile ma vero, pur essendo assolutamente autoctoni, sono attirati, come le falene nella luce della notte, proprio dei mafiosi. Dall’altra attinge alla terza o quarta generazione, figli o figli dei figli, condotti alla laurea ed a specializzazioni, i quali continuano nella espressione di mafiosità della loro famiglia d'origine, sia pur fornendo un servizio assolutamente differente”, ha detto ancora Lucia Musti, evidenziando come “le mafie assicurano ora servizi legali inserendosi nell'economia del Paese in danno della imprenditoria sana”, perché “essendo inserite nell'economia legale, non fanno bene all'economia e determinano altresì situazioni di crisi nelle imprese sane, oneste, legali”.

"Capaci di trasformare violenza in ricchezza"

Nel suo intervento, il pg di Torino ha, poi, evidenziato che le mafie “hanno trasformato la violenza in ricchezza” che “non significa che abbiano abbandonato le modalità violente tradizionali, che percorrono all’occorrenza, ma che si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate che consentono loro, ad esempio, di dedicarsi al riciclaggio, ai reinvestimenti speculativi dei profitti illegali, tutte attività che costituiscono linfa vitale per le mafia perché consente loro di mettere a frutto i proventi delle tradizionali attività illegali”.

Per questo, secondo Musti, poiché “la condotta del silenzio, del menefreghismo, del pressappochismo, della sottovalutazione danneggia di più dell’uso delle armi”, c’è la necessità di “non limitarci a guardare” ma l’auspicio che “ ciascuno per il proprio ruolo, ed in primo luogo il ruolo di cittadino responsabile e partecipe della società civile, si impegni con la massima determinazione”.

"Per vincere serve l'unione di tutte le componenti"

“Solo quando avremo chiaro tutti questo, allora potrà dirsi di avere vinto la scommessa, perché il contrasto alle mafie non si opera solo attraverso la magistratura e le forze dell’ordine, ma anche e soprattutto attraverso la legalità attiva, ovverosia tradurre un concetto in azione”, ha concluso Musti.

Contro le infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia, "in particolare nelle imprese, è fondamentale il ruolo delle associazioni di categoria cui spetta il compito di affiancare i loro associati intercettandone i segnali di crisi": a sottolinearlo il procuratore capo di Torino, Giovanni Bombardieri, che intervenendo al convegno sulle mafie ha osservato: “Oggi le grandi aziende hanno una segmentazione dei processi produttivi, non ci sono più aziende che sostengono i costi di tutto il processo, logistica, sicurezza, trasporti, smaltimento dei rifiuti, e oggi non vale più quel detto secondo cui l'Ndrangheta opprime gli imprenditori".

Bombardieri: "Stare accanto alle imprese" 

"Purtroppo quello a cui assistiamo sempre di più è l’imprenditore che si rivolge all’’ndrangheta per ottenere dei servizi che gli comportano dei risparmi e la sicurezza di poter gestire quel segmento produttivo senza difficoltà e senza così eccessivi - ha aggiunto Bombardieri - Questo è un grande pericolo per l’economia legale, per questo dobbiamo stare molto attenti a questi segnali che devono essere intercettati dalle associazioni di categoria che devono stare accanto ai loro associati e intercettare i segnali di allarme, di crisi economica di un’azienda, per evitare che questi imprenditori finiscano nelle mani delle organizzazioni criminali che non sono più quelle che sparano ma che si mettono al tavolo e operano”.

Rossi: "Rafforzare coordinamento istituzioni"

"Se per anni nelle regioni del nord si è negata la presenza del fenomeno mafioso che, invece, trovava terreno fertile per le sue attività, oggi i rischi sono l’ignoranza del fenomeno e la sottovalutazione.  - ha commentato il presidente della commissione Legalità in Regione Domenico Rossi - Occorre rafforzare il coordinamento tra istituzioni, magistratura, forze dell’ordine, associazioni e cittadini. Significa pretendere massima attenzione, la giusta consapevolezza, la conoscenza dei territori dove ci si candida per fare politica e delle dinamiche criminali presenti, trasparenza nelle amministrazioni, nelle aziende, nella gestione degli appalti pubblici. Significa costruire una società in cui non ci sia posto per la cultura e i servizi delle mafie.

redazione

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