Le operazioni hanno avuto come obiettivo un’azienda che opera nella produzione di pietrisco, in particolare una cava situata nella bassa Valle d’Aosta, nella quale sono state rinvenute fibre di materiale pericoloso.
L'inchiesta ha permesso di ricostruire in modo meticoloso la filiera produttiva del materiale estratto, rivelando che il pietrisco prodotto e commercializzato non rispettava le norme di sicurezza previste per la tutela della salute. In particolare, l’attenzione si è concentrata sulla cosiddetta “pietra verde”, un materiale che avrebbe dovuto essere estratto e trattato con maggiore cautela, ma che, stando alle indagini, sarebbe stato estratto e immesso sul mercato senza le dovute precauzioni.
Le evidenze raccolte durante le indagini, condotte con il supporto tecnico di ARPAV (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente della Valle d’Aosta) e approfondite attraverso ulteriori accertamenti da parte di ARPA Liguria, hanno portato a una serie di sospetti legati alla presenza di materiali potenzialmente pericolosi. A seguito di questi sviluppi, le indagini hanno anche coinvolto esperti in materia di sicurezza lavorativa, tra cui ARPA Piemonte - Centro Regionale Amianto e la Struttura Complessa di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (S.Pre.S.A.L.) di Aosta.
Un altro aspetto che ha destato preoccupazione durante le indagini è stato il coinvolgimento di una seconda cava nella stessa area, la quale sembrerebbe aver operato secondo modalità simili. A questo punto, le risultanze investigative hanno portato a una serie di provvedimenti cautelari. Il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) del Tribunale di Aosta ha infatti emesso un decreto di sequestro preventivo nei confronti delle due cave coinvolte e dei relativi macchinari, su richiesta della Procura di Aosta. Il sequestro è stato eseguito dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri.
Parallelamente, il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri ha esteso le indagini, effettuando oltre 90 perquisizioni e sequestri probatori su tutto il territorio nazionale. Queste operazioni avevano lo scopo di individuare e bloccare la diffusione di materiale pericoloso, con particolare attenzione a quello impiegato in attività edilizie e di giardinaggio. Diversi prodotti sono stati già sottoposti a sequestro, impedendo la loro commercializzazione e distribuzione.
Le indagini sono ancora in corso e stanno prendendo in considerazione una serie di ipotesi di reato, tra cui la "Rimozione od omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro" (art. 437, co. 1 c.p.), "Inquinamento ambientale" (art. 452 bis c.p.), "Frode in commercio" (art. 515 c.p.), "Attività di gestione di rifiuti pericolosi non autorizzata" (art. 256 d.lgs. 152/06), nonché violazioni relative alla sicurezza e salute dei lavoratori nelle industrie estrattive, sia a cielo aperto che sotterranee, come previsto dal decreto legislativo 624/96.
Secondo quanto pubblicato dall'Agenzia Ansa sono 13 gli indagati, tra cui un dirigente della Regione Valle d'Aosta, nell'ambito dell'inchiesta che ha portato al sequestro preventivo di due cave a Issogne. Tra le persone coinvolte nell'inchiesta sono diverse quelle di fuori regione: acquistavano la 'pietra verde' per lavorarla e destinarla spesso a usi decorativi. Durante gli accessi alle cave, i carabinieri hanno trovato della polvere che, in base a una prima ipotesi investigativa, potrebbe essere ricondotta all'amianto e sulla quale sono in corso delle analisi. Le indagini della procura di Aosta sono partite lo scorso autunno a seguito di una segnalazione poi inoltrata ai carabinieri.
Questo caso evidenzia ancora una volta l'importanza di garantire la sicurezza sul lavoro e la tutela dell'ambiente. Non solo la salute dei lavoratori è messa a rischio da una gestione non conforme alle normative, ma anche l'ambiente circostante subisce danni gravi, con il rischio di contaminare suolo e acque. Le indagini in corso stanno cercando di fare chiarezza su quanto accaduto e individuare i responsabili di questa grave negligenza.
Il sequestro preventivo delle cave e dei macchinari da parte del GIP, nonché le operazioni di perquisizione e sequestro su scala nazionale, sono segnali concreti dell'impegno delle forze dell'ordine nel contrastare illeciti che mettono a rischio la salute pubblica e l'ambiente. È fondamentale che, in casi come questo, vengano adottate tutte le misure necessarie per fermare la diffusione di materiali pericolosi e proteggere le persone e le risorse naturali.
La collaborazione tra i vari enti e le forze dell'ordine, come ARPA, ARPAL, e ARPA Piemonte, dimostra l'importanza di una rete di supporto per la gestione e la risoluzione di crimini ambientali e di sicurezza sul lavoro. Questo intervento dovrebbe fungere da monito per le aziende operanti nel settore estrattivo, affinché rispettino scrupolosamente le normative di sicurezza e ambientali, evitando situazioni di grave rischio per la collettività.
Il proseguimento delle indagini, quindi, sarà cruciale per comprendere l'entità del danno ambientale e sanitario causato da queste attività illecite e per punire i responsabili, affinché casi simili non si ripetano in futuro.