Due nuovi titoli per il Teatro Stabile. La prossima settimana debuttano "Le Baccanti" di Euripide, con regia di Marco Isidori e "Lungo viaggio verso la notte" di Eugene O'Neill, con regia di Gabriele Lavia.
LE BACCANTI
Teatro Gobetti, via Rossini 8, tel. 0115169555, www.teatrostabiletorino.it
Dal 25 febbraio al 9 marzo. Orari: martedì, giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.45; domenica ore 16.00. Lunedì riposo
Nel quarantennale della loro avventura artistica (1985-2025), i Marcido Marcidorjs e Famosa Mimosa tornano alla tragedia greca con "Istruzioni per l’uso del divino amore: mana enigmistico", una riscrittura delle Baccanti a cura di Marco Isidori che fa precipitare il testo di Euripide nel loro universo visionario. La tragedia viene attraversata da una dimensione grottesca e ludica, con un Coro Marcido che fonde voce e macchina scenica in un tutt’uno spettacolare. Il Palazzo di Penteo, firmato dalla scenografa Daniela Dal Cin, diventa un dispositivo teatrale vivo, scalato, assediato e svelato dagli attori in una continua metamorfosi scenica.
Il dramma di Euripide diventa così un viaggio orgiastico e rituale, capace di mettere in discussione la nostra stessa concezione di individuo e società. Il teatro, come nell'antica Grecia, si fa evento necessario, un’esperienza catartica per misurare la nostra umanità.
LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE
Teatro Carignano, piazza Carignano 6, tel. 0115169555, www.teatrostabiletorino.itDal 25 febbraio al 9 marzo. Orari: martedì, giovedì e sabato ore 19.30; mercoledì e venerdì ore 20.45; domenica ore 16Premio Pulitzer per la drammaturgia nel 1957, questo testo è considerato il capolavoro di Eugene O’Neill e un pilastro della drammaturgia americana. Un’opera intensa, confessionale, che svela le ombre di una famiglia tormentata in una notte di rivelazioni e conflitti. Qui va in scena con la regia di Gabriele Lavia, che lo descrive così: "Un dramma crudele e struggente, un viaggio interiore senza ritorno dentro la fragilità dell’animo umano e la rovina della famiglia. O’Neill scrive la sua opera più intima, trasformando il teatro in uno specchio spietato della propria vita".