Cultura e spettacoli - 20 febbraio 2025, 16:04

Con audace resa a Flashback Habitat: apre la mostra sulle ceramiche dei Cantieri Montelupo

Dal 22 febbraio fino al 18 maggio

Con audace resa a Flashback Habitat: apre la mostra sulle ceramiche dei Cantieri Montelupo

Gli spazi di Flashback Habitat Ecosistema per le culture contemporanee, con la direzione artistica di Alessandro Bulgini si animano di una nuova mostra: Con audace resa: Cantieri Montelupo a Flashback Habitat.

Dal 22 febbraio fino al 18 maggio sarà in esposizione una selezione di ceramiche,

frutto del progetto Cantieri Montelupo, il programma di residenze artistiche realizzato

dalla Fondazione Museo Montelupo di Montelupo Fiorentino con il sostegno del bando

Toscanaincontemporanea e curato da Christian Caliandro.

Fin dal 2021, il progetto si basa su alcune semplici regole: gli artisti invitati a collaborare con i ceramisti del territorio non devono avere alcuna esperienza pregressa con la ceramica, e non partono da un progetto predefinito; l’obiettivo infatti è sempre stato quello di avviare e processi realmente spontanei e imprevisti, attraverso il dialogo paritario, la collaborazione creativa e lo scambio tra artista visivo e artigiano, e il coinvolgimento della comunità dei residenti e dei partecipanti ai workshop che hanno avuto luogo mese dopo mese, anno dopo anno.

La mostra negli spazi di Flashback Habitat a Torino rende dunque conto della crescita di questo progetto, che ha visto gli artisti immergersi nell’ambiente e nella realtà delle

botteghe a loro assegnate, e lo sviluppo significativo della relazione con i ceramisti che li hanno accompagnati nella ricerca, attraverso un’antologia delle opere realizzate nel corso del tempo.

Marco Ulivieri presenta gli oggetti venuti fuori dalla rottura e dalla ricomposizione

progressiva dei frammenti: le partecipanti al cantiere del 2021, il primo della serie, hanno composto le loro opere usando i lavori di Ulivieri come “materiale da costruzione”, e scambiandosele a loro volta. Emanuela Barilozzi Caruso, sempre in quella edizione, ha tra l’altro realizzato con Ceramiche Giglio, Ivana Antonini, Veronica Fabozzo e Angela Corsani Sartoria dei completi intimi in ceramica e tessuto, a metà strada dunque tra moda, design e artigianato, che si adattavano perfettamente al corpo delle partecipanti (erano infatti ricavati da calchi in argilla). Nell’estate 2022, Elena Bellantoni con Mi sono seccata ha dato vita insieme a Patrizio e Stefano Bartoloni e a Sergio Pilastri, oltre che ai partecipanti al suo cantiere, a un lavoro

di natura performativa, relazionale e scultoreo, in cui le lastre di argilla diventavano segno e memoria del torrente in secca: “un lavoro di con-tatto, un corpo a corpo tra me e il fiume che non c’è, quasi a rievocarne la presenza attraverso un movimento, un gesto”. Sempre nella stessa edizione, tra le altre opere della sua Primavera dell’impazienza Serena Fineschi con Ivana Antonini e le partecipanti ha (ri)creato centinaia e migliaia di popcorn con la barbottina, che ritroviamo nella ciotola esposta.

Nel 2023, la fotografa Maria Palmieri insieme a Patrizio Bartoloni ha dato vita a

un’innovazione sorprendente della fotoceramica, legata tradizionalmente a un impianto molto rigido e decisamente ‘funereo’. Attraverso invece un lavoro radicalmente sperimentale sulle superfici e sull’interazione tra immagine fotografica, smalto e cotture, è venuta fuori la serie intitolata Rudralith di oggetti – lastre, scodelle, brocche, mattoni in refrattario – che sembrano insieme nuovi e antichi. Alessandro Scarabello con Stefano Bartoloni ha trasferito nel territorio della ceramica la fase creativa in cui si trovava nel momento della sua residenza (novembre 2023): quindi, a partire dall’esperienza degli Heretic Exercise, l’originale serie di dipinti a cui si è dedicato negli ultimi anni, ha cominciato a testare il suo stile su mattonelle, pezzi, frammenti di materiale refrattario, saggiando con l’aiuto e i consigli di Stefano (eccellenza nel campo della decorazione pittorica su ceramica) opportunità e resistenze offerte a loro volta da deviazioni, errori, slittamenti.

Infine, durante la quarta edizione, Veronica Montanino con Ivana Antonini ha creato al

termine del suo cantiere tre zuppiere di dimensioni differenti, dall’esterno classico in

terracotta che richiama la tradizione secolare della ceramica montelupina e toscana:

sollevando i coperchi, però, scopriamo un intero mondo di forme vive, viventi, brulicanti, pulsanti e smaltate. Sembra quasi di assistere alla scoperta di una dimensione parallela, uno di quei mondi alternativi che si trovano nelle crepe e negli anfratti, dotati di civiltà completamente sviluppate e scoperte casualmente, di cui scrive ogni tanto Philip K. Dick nei suoi romanzi. Giovanni Ceruti, il più giovane tra gli artisti invitati, è partito con un’idea semplice e al tempo stesso brillante: ha chiesto infatti a Stefano Bartoloni quale fosse il motivo più diffuso e famoso della pittura su ceramica a Montelupo. L’uccellino è di certo una delle figure più caratteristiche: un motivo relativamente recente, introdotto nel Seicento nei colori giallo, blu e verde, oggetto di mille variazioni nel corso del Novecento (tra cui quella celebre di Aldo Londi per Ceramiche Bitossi); un motivo affascinante inoltre nella sua ambiguità, proprio perché il suo grande successo coincide con l’inizio del declino storico della tradizione. La residenza di Ceruti dunque si è concentrata sull’apprendimento e sull’apprendistato: un processo basato sulla pratica della pittura, imparare a dipingere la figura in ogni suo dettaglio, passaggio, curva e zona - esattamente come un artigiano apprendista che lavora in bottega – che si è tradotto in duecento piattini decorati con la figura dell’uccellino, sempre uguale, sempre diversa.

comunicato stampa

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