Confartigianato in un recente studio ha approfondito il tema della frattura tra il mondo universitario e quello lavorativo. E il fatto che l’Italia si posizioni agli ultimi posti della classifica Europea per istruzione terziaria ne è una conferma.
Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi di Confartigianato, su dati Eurostat, il nostro Paese nel 2023 si è posizionato al terzultimo posto in Europa per giovani tra i 25 e i 34 anni per istruzione terziaria, raggiungendo solo il 30,6% di laureati contro una media europea del 43,1%. Siamo davanti solo all’Ungheria (29,4%) e alla Romania (22,5%).
Il Piemonte, nonostante una capillare presenza di sedi universitarie, anche prestigiose, si posiziona al dodicesimo posto della classifica italiana con un 29,5% (33,9% femmine, 25,5% maschi); era comunque fermo al 27,4% nel 2019.
“Con l’aumento dei livelli di istruzione – spiega Dino De Santis, Presidente di Confartigianato Torino - l’ingresso nel mondo del lavoro avviene sempre più tardi e con specializzazioni spesso inadeguate. Inoltre i percorsi brevi di istruzione terziaria sembrano non avere grande successo, essendo conclusi solo dall’11,8% dei giovani tra i 25 e i 34 anni. Il sistema italiano non incentiva la partecipazione degli studenti al mercato del lavoro. L’Italia è tra i grandi paesi europei quello con la più bassa percentuale di studenti impegnati in qualche forma di occupazione: solo il 3%. La Germania arriva quasi al 24% e le conseguenze poi nel mercato del lavoro si vedono. Credo che società, istituzioni e classi dirigenti abbiano dedicato poco tempo e attenzione all’argomento.”
Inoltre, secondo gli imprenditori italiani, tra il 2017 e l’inizio di quest’anno la percentuale di difficoltà nel reperire personale qualificato è più che raddoppiata.
Secondo l’indagine Unioncamere Ministero del lavoro il 49,6% degli imprenditori del Piemonte ha denunciato difficoltà nel reperire personale.
“Alla luce della difficoltà delle aziende di trovare forza lavoro, della dispersione scolastica, della glaciazione demografica, è giunto il momento di investire sui giovani, sulla loro istruzione e sul loro futuro, adattando e riammodernando il nostro sistema. – continua De Santis - Occorre colmare il mismatch tra domanda e offerta, per permettere al nostro settore produttivo di accedere a bacini occupazionali qualificati dal punto di vista tecnologico e aiutare le imprese a compiere un salto dal punto di vista della produttività, dell’innovazione e dell’internazionalizzazione”.
“Il lavoro c'è, la difficoltà è trovare le figure, -continua De Santis - Mancano soprattutto lavoratori negli ambienti tradizionali: edilizia, costruzioni, muratori, idraulici, serramentisti e mancano competenze legate alla digitalizzazione. Nelle scuole non si insegna più la cultura del lavoro da 40 anni. Abbiamo bisogno di tecnici, di professionalità e di riqualificare i ragazzi implementando anche il rapporto tra imprenditori e istituti professionali”.
“L'università italiana tende a offrire un prodotto formativo tendenzialmente simile in tutte le sedi universitarie, - conclude De Santis - al contrario di quanto accade nel resto del mondo dove esiste una esplicita gerarchizzazione del prodotto universitario. Il fallimento delle lauree triennali che avrebbero dovuto essere professionalizzanti, accompagnato da numeri troppo timidi nella programmazione degli ITS anche adesso dopo la riforma Bianchi, sono all’origine di uno sbilanciamento dei nostri titoli terziari, che a sua volta è responsabile di una dispersione scolastica nettamente superiore alla media europea e dell’assenza di professionalità intermedie indispensabili al nostro mercato del lavoro”.