Attualità - 13 gennaio 2025, 15:15

Pandoro-gate diventa un neologismo: il caso Ferragni entra nell'enciclopedia Treccani

La novità introdotta dopo lo scandalo scoppiato a seguito della denuncia di Selvaggia Lucarelli

Pandoro-gate diventa un neologismo: il caso Ferragni entra nella Treccani

Pandoro-gate diventa un neologismo: il caso Ferragni entra nella Treccani

Probabilmente Chiara Ferragni voleva solo dimenticare la storiaccia che ha segnato gli ultimi due anni, ma così non sarà. Oltre agli strascichi legali della vicenda, ci pensa la Treccani che ha inserito tra i neologismi 2024 il termine ‘pandoro-gate’, a dimostrazione di quanto lo scandalo abbia colpito l’Italia intera e sia entrato nella società come simbolo della poca chiarezza della pubblicità on line, specialmente se si intreccia con la beneficenza e il personal branding.

Il pandoro-gate, nella definizione che ne dà l’Enciclopedia, è “lo scandalo legato alla pubblicizzazione e alla vendita di una marca di pandoro”. Ma perché è stato così significativo?

Le tappe principali del pandoro-gate

La vicenda è nota e comincia nel novembre 2022. Ferragni lancia una campagna social in collaborazione con l’azienda Balocco per pubblicizzare un’edizione speciale del classico pandoro, la ‘Pink Christmas’. Un prodotto brandizzato Ferragni – quindi rosa – e venduto al triplo del dolce normale (9,37 euro invece di 3,68). La campagna suggeriva che parte del ricavato che sarebbe andata all’Ospedale Regina Margherita di Torino per sostenere le cure dei bambini affetti da Osteosarcoma e Sarcoma di Ewing, cosa che agli occhi dei consumatori giustificava il prezzo elevato.

In seguito a un’indagine portata avanti dalla giornalista Selvaggia Lucarelli, però, saltò fuori che una donazione da 50mila euro era già stata fatta all’ospedale mesi prima, quindi in modo ‘forfettario’, a prescindere dalle reali vendite del pandoro rosa. Che peraltro si sono assestate su almeno 362.577 pezzi.

Si arriva così, il 15 dicembre 2023, alla multa dell’Antitrust, che ha sanzionato sia l’azienda di Ferragni sia la Balocco S.p.a. per oltre 1 milione di euro e 420 mila euro (rispettivamente) ritenendo che la pratica commerciale messa in atto fosse ingannevole e scorretta.

Le contestazioni, prima da dell’Autorità garante delle comunicazioni (Agcom) e poi delle Procure – la competenza infine è stata assegnata a Milano – riguardavano l’uso di “una pubblicità ingannevole condivisa via social media e web” per pandoro e colomba venduti in edizioni limitate. Già, perché al dolce natalizio del 2022, si è sono poi aggiunte le ‘Uova di Pasqua Chiara Ferragni – sosteniamo i Bambini delle Fate’ (Pasqua 2021 e 2022).

Lo scorso 4 ottobre la Procura di Milano ha chiuso le indagini e accusato Chiara Ferragni e altre tre persone di truffa aggravata e pratica commerciale fatta passare per beneficenza. L’imprenditrice rischia il processo.

Il numero di persone “indotte in errore”, sottolinea la Procura, non è quantificabile, ma “l’ingiusto profitto” per la società con il marchio ‘Dolci Preziosi’ è pari a circa 5,66 milioni (nel 2021) e quasi 7,46 milioni (nel 2022) per un totale di oltre 13 milioni di euro. “Tutti conseguivano, inoltre, – si legge nel provvedimento – profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica“. Nello specifico, Chiara Ferragni avrebbe dunque ingannato i consumatori e ottenuto dalle due campagne un ingiusto profitto di circa 2,2 milioni di euro, oltre che benefici non calcolabili a livello di immagine”.

Con i consumatori il caso si è chiuso a fine dicembre con un accordo tra l’imprenditrice, il Codacons e l’Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Risarciti i consumatori che avevano acquistato il pandoro ‘Pink Christmas’ e rimborsate le spese legali sostenute da Codacons e Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi. Inoltre, 200mila euro verranno donati da Ferragni alle donne vittima di violenza.

L’impatto sulla società

Una delle problematiche emerse dal pandoro-gate è stata l’assenza di una regolamentazione chiara che disciplinasse le donazioni di beneficenza. La vicenda ha così portato all’adozione da parte del governo di quello che è stato chiamato ‘decreto-Ferragni’, che impone a influencer e micro-influencer regole più definite per le operazioni di questo tipo, ad esempio l’obbligo di comunicarle prima all’Antitrust.

Quanto alle donazioni, lo scandalo non sembra aver avuto grosse ripercussioni: secondo il rapporto ‘Noi doniamo 2024’ dell’Istituto Italiano della donazione, su 347 organizzazioni non profit solo il 5% ritiene che abbia influito negativamente sulla propria raccolta fondi.

Ma più in generale la storia ha aperto un vaso… di ‘Pandoro’ riguardo all’etica nella pubblicità e ai rischi del personal branding sia per le aziende sia per gli influencer: un tema sensibile e fondamentale nell’epoca dei social media, in cui i consumatori sono sempre più esposti a testimonial che sul web ‘spingono’ prodotti e servizi.

Gli influencer, per i quali la fiducia di cui godono da parte del pubblico è fondamentale, rappresentano oggi uno dei canali più potenti per fare pubblicità. Trasparenza e onestà dovrebbero essere la norma, ma non sempre è così e questo va a danno dei consumatori. Inoltre, quando la fiducia viene tradita, come nel caso del pandoro-gate, i danni reputazionali possono essere devastanti sia per i testimonial che per le aziende coinvolte. A proposito dello scandalo Ferragni, ad esempio, si è anche parlato di social-washing, ovvero del tentativo di migliorare la propria reputazione attraverso iniziative di responsabilità sociale non davvero efficaci o addirittura di facciata, il cui obiettivo è piuttosto un guadagno economico.

L’impatto su Ferragni

Il fattaccio ha avuto grosse ripercussioni sull’immagine dell’imprenditrice. A un anno dallo scoppio dello scandalo e dalla sanzione inflitta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, uno studio di Arcadia – società di comunicazione specializzata in un monitoraggio delle dinamiche online – racconta il crollo dei profili social dell’imprenditrice e di quello che all’epoca era suo marito, Fedez: un’emorragia di follower, calo delle interazioni e un engagement in forte diminuzione. Non solo un problema di ‘vanità’ per i due: numerosi brand e sponsor di lusso nel 2023 e 2024 hanno interrotto le collaborazioni con lei.

Nel dettaglio, Ferragni ha perso 1 milione di follower su Instagram e 100 mila su TikTok; Fedez: 850 mila su Instagram e zero nuove acquisizioni su TikTok. L’engagement, indicatore chiave per la credibilità degli influencer, ha subito una vera e propria disfatta: Ferragni è passata dal 3,2% all’1% su Instagram (-69%) e dal 2,7% allo 0,73% su TikTok (-73%). Fedez ha visto il suo tasso di engagement scendere allo 0,79% su Instagram e allo 0,47% su TikTok.

Il dibattito pubblico è ruotato intorno a parole chiave che indicano cosa abbia ‘bruciato’ di più gli italiani: truffa aggravata e pratica commerciale hanno dominato il discorso online. La narrativa che si è sviluppata nei mesi è stata negativa, spinta anche dall’autogol comunicativo della Ferragni che in un video si è presentata a scusarsi spettinata, vestita modestamente e struccata. Un’operazione che è stata giudicata come ipocrita e come un tentativo di voler ripulire fintamente la propria immagine: l’imprenditrice infatti annunciava anche la devoluzione di 1 milione di euro all’Ospedale Regina Margherita (‘charity-washing’).

Trasparenza ed etica della comunicazione

Come hanno affermato Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi e Adusbef in occasione dell’accordo con l’imprenditrice, “questa vicenda rappresenta una lezione amara: quando il marketing supera i limiti della trasparenza, le conseguenze possono essere devastanti, non solo per le aziende come Balocco, ma anche per le celebrità che prestano il proprio volto e la propria immagine”.

In sostanza, la morale del pandoro-gate è che il ruolo degli influencer e delle aziende dovrebbe evolvere verso una comunicazione più responsabile. La trasparenza, l’onestà e l’impegno concreto sono diventati elementi imprescindibili: senza un adeguato equilibrio tra marketing e autenticità, il rischio di perdere credibilità è elevato, dimostrando quanto fragile possa essere una reputazione costruita sui social media. E quanto i consumatori debbano stare attenti a quello che si dice sul web.

redazione

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