Cultura e spettacoli - 16 dicembre 2024, 19:35

Poesie di Natale con Catalano e Bukowski all'Hiroshima: "A Torino ci vivo bene, ma non è fonte di ispirazione" [INTERVISTA]

Giovedì 19 dicembre il varietà insieme a Matteo Castellan. Ospiti Luca Bottura, Anna Castiglia, Vito Miccolis, Willie Peyote e Federico Sirianni

Guido Catalano e Matteo Castellan

Guido Catalano e Matteo Castellan

Come sarà stato il Natale in casa Bukowski? Guido Catalano insieme a Matteo Castellan prova a raccontarlo nella serata di giovedì 19 dicembre all’Hiroshima Mon Amour. Ai versi del poeta americano, come sempre si uniranno quelli di Catalano che in questo speciale varietà natalizio propone uno spettacolo diverso dal solito, accompagnato da amici artisti come Willie Peyote e Luca Bottura. 

In vista della serata di giovedì, abbiamo fatto quattro parole con Guido Catalano, spaziando dal suo amore per Bukowski fino a quello per Torino.

Bukowski come l’ha conosciuto? In che modo si sente legato a questo poeta?

“Erano gli anni Novanta quando ho iniziato a scrivere poesie. Ha avuto un ruolo fondamentale per quello che ho fatto. Era una poesia diversa rispetto a quella che avevo conosciuto fino ad allora, una poesia dura, cosa che contraddistingue anche la mia poesia. Bukowski la chiamava narrativa. Poesie semplici, dirette, libere, anche se ovviamente non è mai semplice essere semplici. Per fare uno spettacolo in cui non leggo solo le mie poesie, mi sono riletto tutto Bukowski. È stato interessante leggerlo a 50 anni, ho percepito in maniera diversa la sua autoironia e l’umorismo. È poi stato naturale per me realizzare uno spettacolo con le sue poesie che si fondono con le mie cercando di trovare dei tratti comuni”. 

Il titolo della serata è in vista delle festività. A lei piace il Natale? 

“Ho attraversato varie fasi. Bukowski non lo amava, non ne era un grande amante. Forse lo ha accettato nel momento in cui si è accasato. Rispetto a lui sono stato un bambino fortunato, ho un buon ricordo del Natale legato all’infanzia, in seguito per lungo periodo non ho avuto un bel rapporto. Mi infastidivano le feste comandate e la pazzia della gente che si scatena con esse. Poi la maturità me lo ha fatto vivere con più tranquillità”.  

Come si svolgerà la serata all’Hiroshima insieme agli altri ospiti? 

“Questa puntata con Matteo Castellan, che come sempre si occupa della parte musicale, si avvale di amici artisti. Si parlerà di Natale, una festa per chi lo soffre e chi lo ama con punti di vista diversi, tra sarcasmo e ironia. Una piccolo varietà spero molto ricco”.

Tornando al suo stile, ci sono poeti italiani che lo hanno ispirato? 

“Tra i contemporanei, c’è una poetessa che mi piace molto, Vivian Lamarque. Pur non avendola mai incontrata mi sento molto legato a questo suo stile un po’ surreale e un po’ infantile. Tra i poeti più classici non ho grandi riferimenti, traggo più ispirazione dai cantautori come De Gregori, De André, Guccini, Battisti. Certo, bisogna tenere conto che il testo della canzone ha bisogno della musica, mentre una poesia che funziona no”. 

La poesia è un genere popolare o di nicchia?
“Molti poeti o critici continuano a considerare la poesia di nicchia. Lo è in parte, non è il genere che vende di più o che attira di più pubblico. Negli anni da quando mi occupo di più di poesia le cose sono cambiate, le case editrici si sono messe a pubblicare giovani poeti e le poetry slam attirano molto pubblico così come i reading hanno un discreto successo. Diciamo che sì, rispetto al romanzo è sicuramente più di nicchia, ma oggi anche grazie a internet lo è di meno”.

I social hanno aiutato la poesia ad avvicinarsi ai giovani? 

“I social hanno reso la poesia più fruibile. Hanno avuto un ruolo fondamentale perché la poesia si presta a essere condivisa. È stato addirittura coniato un termine, instapoet, poi certo nella quantità di poesie che si trovano su internet bisogna trovare la qualità”.

Quando una poesia è buona per lei? 

“Una poesia buona ha un buon ritmo, è una sorta di canzone con un ritmo interno. Per me poi deve raccontare qualcosa, devo vederci un film. Certo, ci sono poesie più difficili, ma a me piace una poesia diretta, che non affatica”. 

Parlando della sua città natale e in cui tuttora vive, Torino, la ispira quando scrive? 

“Ho scritto poco di Torino. Pur vivendoci da 50 anni e vivendoci bene, ho scritto di più su Milano. È una città che non mi ispira, ma lo fa forse in maniera inconscia perché ci vivo da tutta la vita. Non mi sento particolarmente torinese, forse anche per le mie origini mantovane e siciliane” .

Sogno del cassetto? 

“Mi piacerebbe saper scrivere canzoni. Ho iniziato così in realtà, scrivevo testi cantandoli molto male, non mi dispiacerebbe scrivere testi che poi possano essere messi in musica. So che è difficile, ma vorrei trovare il mio Battisti”. 

Chiara Gallo

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