Ariane Ascaride riceverà martedì 10 dicembre il Premio Maria Adriana Prolo. Giunto alla sua 23^ edizione, il riconoscimento gode del Amnesty International Italia. L’attivismo fa parte di Ariane Ascaride nel cinema e nella vita si è battuta soprattutto per i diritti delle donne e dei migranti.
Che cosa significa per lei riceve questo riconoscimento a Torino?
“Il premio è un onore, un riconoscimento importante. I premi non sono solo per il cinema, significano che le persone riconoscono il tuo rapporto nei confronti del mondo. Ne sono molto orgogliosa e sono felice di riceverlo a Torino, una città che amo molto, elegante, bellissima, dove si beve una cioccolata incredibile”.
La vie est tranquille di Robert Guédiguian sarà proiettata al Cinema Massimo alle ore 20.30. Sono passati 24 anni da quando con suo marito ha realizzato il film, quanto è ancora attuale?
“È una cosa che mi fa diventare pazza, quanto sia ancora attuale. Abbiamo fatto questo film nel 2000, eppure ci sono ancora madri che si portano sulle spalle il peso del mondo, lottano per i loro figli di fronte alla droga, alla disoccupazione. È orribile”.
Parlando di donne, quanto è cambiato il sistema del cinema nei confronti delle donne da quando lei ha iniziato?
“Comincia a cambiare adesso, ma dobbiamo ancora lottare molto. All’Assemblea Nazionale in Francia, adesso ci sono deputati che ascoltano le donne e delle loro esperienze terribili nel cinema, ma è giusto l’inizio. Il mondo è fatto dagli uomini, quando sei un regista tu sei Dio. Le donne hanno cominciato a parlare, devono avere coraggio di cominciare a parlare. Personalmente nel mondo del cinema non ho mai subito la pressione degli uomini registi, ma perché non ho mai avuto paura di dire cosa pensavo. Ma quando hai 20 anni e sei di fronte un uomo di 40 anni che si crede Dio, che ti farà avere una carriera meravigliosa, di fronte al quale nessuno della squadra dice niente, tu che fai? Che fai? Questo accade nel cinema, ma anche negli altri settori”.
Lavorando con suo marito, come siete riuscita a conciliare vita sul set e vita famigliare?
“La nostra è una vita tutta mescolata tra il cinema e la vita quotidiana. Quando vivi con un regista sai che penserà tutto il giorno a quello che fa e tu che sei attrice pensi tutto il giorno a quello che fai. Tra questi momenti ci sono i bambini. Abbiamo vissuto in un modo tranquillo, molto divertente, ma anche serio, i nostri figli hanno avuto educazione normale, in questo mondo dell’immaginazione”.
La questione dei migranti le sta molto a cuore, quanto l’arte, il cinema, la cultura può esser d’aiuto nel veicolare il giusto messaggio?
“La cultura e l’arte sono indispensabili per vivere. Se non c’è più musica, pittura, arte vivente, cinema, è la morte. Attraverso l’arte dobbiamo parlare della vita degli altri, di chi non ha la possibilità di farlo. Senza i migranti come funzionano gli alberghi, i ristoranti, persino gli ospedali, i piccoli mestieri, come facciamo senza di loro? Provengo da una famiglia di migranti, la sensazione di essere costantemente respinti perché stranieri mio padre l’ha vissuta, gli italiani sono tutti dei ladri gli dicevano. Mio padre lavorava e basta, ma era italiano”.
Prossimi progetti per Ariane Ascaride?
“Di recente ho fatto uno spettacolo sull’avvocatessa Gisèle Halim, che ha contribuito alla legge sull’aborto. Adesso sto facendo delle prove per un altro spettacolo dove parlo delle mie origini italiane e poi sarà al Festival d’Avignon. E poi… mi occupo del mio nipotino che è un impegno importantissimo!”