"Noi vogliamo ancora giustizia, non ci siamo addormentati. Siamo stufi di andare a chiedere aiuto per mandare questi maledetti bastardi, assassini, in galera”. È l’urlo disperato delle madri allo Stato che oggi portano il ricordo delle sette vittime della Thyssenkrup. Antonio Schiavone, Giuseppe Demasi, Angelo Laurino, Roberto Scola, Rosario Rodinò, Rocco Marzo e Bruno Santino.
In attesa che venga fatta giustizia
Diciassette anni da quella tragedia che, nonostante gli anni che passano, continua a pretendere giustizia.
A ricordarli davanti al Memoriale dedicato alle vittime della Thyssen i familiari delle vittime, il mondo della politica e della Giustizia, oltre all’Associazione vittime della strage di Viareggio, in cui, il 29 giugno 2009, morirono 32 persone e un centinaio rimasero ferite. Un treno fuoriuscito dai binari causò l’esplosione con il versamento di GPL da una cisterna da cui si propagò l’incendio che fu fatale. Anche qui un processo che si trascina nel tempo che ancora non ha trovato colpevoli.
Le autorità presenti al Monumentale
Al cimitero Monumentale c'era l'assessora Chiara Foglietta, il consigliere Simone Tosto della Città di Torino, le consigliere regionali Gianna Pentenero e Nadia Conticelli, la sottosegretaria del presidente della Regione Claudia Porchietto, la parlamentare ed ex sindaca di Torino Chiara Appendino.
Così come era presente il procuratore di Torino insediata da tre mesi Lucia Musti. “Sono qui per condividere il dolore - ha detto il Procuratore Musti - dove la mafia non spara più le prime cause di morte restano all’interno dei reati di genere, delle carceri e sul lavoro. Una terribile gara di morte.”
"C’è stato un ricorso alla corte costituzione tedesca che ha ritenuto non sufficientemente circostanziate le argomentazioni dei ricorrenti - ha aggiunto Musti come aggiornamento alle famiglie sull’iter giudiziario - So che sapere questo non vi restituisce nulla, ma mi restituisce la dignità di fare il magistrato. Sono con voi”.
Rabbia per gli "assassini ancora fuori"
"Ci fa rabbia perché i maledetti assassini sono ancora fuori - ha detto nel suo discorso Laura Rodinò, sorella di Rosario - Loro sono morti perché facevano non il loro lavoro, ma quello dei vigili del fuoco, non preparati per farlo. Non è giusto che una multinazionale protegga in questo modo chi ha responsabilità. Per chi toglie la vita a una persona ci sono pene forti, questi si son fatti pochissima galera e alcuni nemmeno quella.”
C’è poi il ricordo di Rosina Platì, madre di Giuseppe Demasi. Quella sera era ritornato a casa per restituirle dieci euro che le aveva prestato. Poi un bacio sfuggente e via verso il lavoro alla Thyssen. Dove non è più tornato.
"In 17 anni è cambiato poco - dice sconsolata Rosina Platì - I morti sul lavoro sono sempre uguali se non di più. Non è cambiato niente perché il nostro dolore è sempre uguale. Non riusciamo a rassegnarci per noi giustizia non è stata fatta. Dicono che la legge. uguale per tutti, ma non è vero. La gente continua a morire per questo. Nessuna paga, nessuno fa un giorno di galera. Una vergogna intollerabile. Oggi vengo da mia figlio e mi sento fallita, perché non sono riuscita a far pagare la giusta pena a questi assassini".
Il ricordo di chi si è salvato
"Siamo ancora qui - è il commento sconsolato di Antonio Boccuzzi, superstite di quella tragica notte alla Thyssen - Siamo in difficoltà a tornare qui ogni anno. Sembra che ci ripetiamo sempre le stesse cose, iniziamo a perdere le speranze rispetto a una giustizia che probabilmente non ci sarà. Chi ha causato la morte di sette persone è ormai fuori dal carcere. Un processo ha sancito le loro responsabilità, le ha ratificate ormai 8 anni fa. Poco è accaduto da allora. In Italia si muore ancora di lavoro e questa è una grave piaga a cui non si riesce mettere fine".