E poe...sia! - 15 settembre 2024, 09:09

Oggi parliamo di... Tina Anselmi

Ogni tre mesi e tre articoli, scoveremo e racconteremo le storie di figure femminili purtroppo poco conosciute eppure fondamentali. Oggi tocca alla prima donna ministra in Italia

Valeria Cipolli, I colori parlano tutte le lingue - tecnica mista e acrilico su foglio telato (2023)

Valeria Cipolli, I colori parlano tutte le lingue - tecnica mista e acrilico su foglio telato (2023)

Ben ritrovati, miei adorati #poetrylovers!

September is back, c'è poco da fare. E non ditelo a me, che ho da pochi giorni compiuto gli anni. Insomma, non c'è mese più “loquace”: settembre alza la voce, rimescola e rimette in moto ogni progetto e obiettivo momentaneamente in pausa, donando luce alla lunga estate color seppia. La lentezza lascia il posto alla routine che, a patto di essere sana, ci trascina con sé in un vortice di energia. E chissà come, alla fine, riusciamo sempre a tirarne fuori abbastanza.

Poiché credo fermamente non ci sia miglior carburante del miglioramento (una delle poche cose a non avere controindicazioni!), ho deciso di integrare alla rubrica un nuovo format che mi auguro ne arricchisca la qualità: “Oggi parliamo di...”.

Ogni tre mesi e tre articoli, scoveremo e racconteremo le storie di figure femminili purtroppo poco conosciute eppure fondamentali. Per il progresso della nostra società, della scienza e, persino, della politica. Restituiremo così voce alle loro coraggiose lotte, decisamente visionarie rispetto al contesto vigente.

Partendo proprio dalla politica, è giunto il momento di introdurre l'ospite odierna. Siete pronti? Non ci resta che prendere posto nella macchina del tempo, allacciare le cinture e liberare la mente; si parte alla scoperta di un'incredibile donna di Stato: Tina Anselmi.

Nasce nel 1927 a Castelfranco Veneto, città in cui il padre socialista si trasferisce a causa delle persecuzioni subite durante il ventennio fascista. La vita della giovane Tina, all'epoca diciassettenne, viene sconvolta il 26 settembre 1944 quando i nazifascisti costringono gli abitanti e gli studenti di Bassano del Grappa, tra cui lei, ad assistere all'impiccagione di 31 prigionieri catturati durante un rastrellamento. In quell'esatto momento, Tina decide di prendere attivamente parte alla Resistenza assumendo il nome di battaglia “Gabriella”.

Inizia come staffetta partigiana, per poi passare al comando regionale del Corpo Volontari della Libertà. Da qui in avanti, senza sosta, prende slancio la sua lunga e audace ascesa politica, che culmina nel 1976 quando diventa la prima donna ministra in Italia. Già durante i giorni della liberazione del 1945, Anselmi dimostra di possedere il carisma e la forza morale necessari a una vera leader, non risparmiandosi. In prima linea nelle trattative con i tedeschi, si assicura che non ci siano ulteriori vittime o ritorsioni.

Diplomazia e tenacia caratterizzano il suo intero percorso – privato e pubblico - nel corso del quale si scontra costantemente con un sistema politico che non è pronto ad accogliere e ascoltare la voce di una donna. Eppure Tina non molla, non si arrende mai, consapevole e testimone oculare della collaborazione che poco tempo prima – durante la Resistenza - si era creata tra uomini e donne; possibile che il ritorno alla “normalità” abbia già cancellato dalla memoria quei lunghi quanto proficui mesi di fratellanza? Partigiani e partigiane uniti e uguali, determinati a vincere la guerra.

Nel 1978. un altro importantissimo passo: in qualità di ministra della Salute, Tina firma la legge 194 sull'interruzione volontaria di gravidanza, nonostante la accompagni un profondo sentimento cristiano.

Ennesimo suo grande pregio: l'etica, che la motiva nell'84 a denunciare i tentativi di corruzione a lei rivolti, suscitando le critiche di molti colleghi e politici. Tuttavia, proprio per queste inestimabili qualità Anselmi viene presa in considerazione più volte per la carica di Presidente della Repubblica. Traguardo che, purtroppo, non taglierà: Tina si spegne nel 2016 all'età di 89 anni, tracciando un solco profondissimo nella storia italiana; non solo per la serietà con cui ha sempre difeso la libertà, ma per aver contribuito al progresso culturale del Paese in un momento delicato e fragile come il post-fascismo.

Cosa vogliamo “portare a casa” da questa carrellata di vittorie e sconfitte che è stata la sua vita? Primo: partendo dal presupposto che prima o dopo delusioni e contraddizioni (per non dire tradimenti) ci feriranno, non dovremmo mai rinunciare ai nostri principi e valori, nonostante vogliano farci credere che abbassarli sia la scelta migliore per sopravvivere in questo “mare di squali”. Tutto cambia ed evolve, tranne ciò che è giusto. Non facciamoci derubare di quei pochi assiomi morali che ancora (e chissà per quanto) tengono in piedi la nostra società. Secondo, manteniamo vivo il coraggio di dire cosa pensiamo, invece di scivolare nell'accettazione di una narrazione tossica quanto erosiva che – pian piano, quasi impercettibilmente – mastica e sputa gli insegnamenti impartiti dalla storia, flirtando con un male sconfitto solo in apparenza. L'estremismo. Tina Anselmi si definiva orgogliosamente antifascista e non ebbe mai esitazioni nel confermare la sua posizione in pubblico. Perché? Perché non aveva dimenticato cosa succede quando la barbarie prende il posto della ragione.

Oggi più che mai, parlare di lei e del suo impegno assume connotati profondi: molte personalità nel corso del tempo hanno lottato affinché le nostre generazioni godessero di un futuro migliore, ricco di diritti e doveri e libertà. E allora riconosciamoli quei pericoli in agguato, difendiamo le conquiste che Tina e tanti altri hanno ottenuto con sacrificio e a costo dell'impopolarità. In qualità di cittadini che no, non hanno assistito ai drammi del passato ma che sì, ne vivono uno proprio adesso: non facciamo l'errore di credere sia diverso, che il peggio sia passato. Il presente e la storia, ancora una volta, ci stanno dimostrando quanto abbassare la guardia non sia un'opzione: soprusi, dittatori e violenza dilagano indisturbati laddove non trovano avversari altrettanto forti.

Riconosciamo questa verità, prima che il silenzio diventi troppo assordante e l'umanità imploda su se stessa.


La poesia di oggi è affidata alla penna di Cristina Codazza: autrice di poesie, haiku e narrativa breve, ideatrice e curatrice di rassegne letterarie, attrice di teatro e giurata.


L'APPARTENENZA

In direzione del mio sguardo
le onde non cessano
il loro processo d'appartenenza
d'annullamento e di rinascita

Pure s'appartengono,
coronano l'istinto
(e il desiderio di chi le osserva).

Non c'è ricerca in quell'incontro
ma un progetto solo intuito,
perfetto perché non ponderato.

Così è adagiarsi
allo sciabordio,
vivendo l'alternanza dell'onda,
non certi, non riconosciuti
legati solo
al suo nuovo innalzamento.

Questo verso in particolare:

Le onde non cessano

Se è pur vero che esse si appartengono nell'annullarsi e nel rinascere, non dovremmo quantomeno preoccuparci di sapervi nuotare dentro? E, magari, scegliere quali cavalcare, come ha fatto Tina? In mare aperto - quel famoso mare pieno di squali - limitarsi ad “adagiarsi allo sciabordio” potrebbe non essere la scelta migliore.


Pensateci su.

Alla prossima

Johanna Poetessa

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