L'onda cinese sta arrivando. Gli osservatori più acuti già l'avevano individuata, all'orizzonte, ma adesso l'ingresso delle automobili prodotte nel Paese della Grande Muraglia è diventato una realtà. Lo dice la ricerca condotta nell’ambito dell’Osservatorio Auto e Mobilità della Luiss Business School, in collaborazione con CARe – Center for Automotive Research and Evolution dell’Università degli Studi Guglielmo Marconi. Un documento presentato in vista del Salone Auto Torino 2024.
Una chiave di lettura interessante, soprattutto in un momento in cui lo stesso Piemonte (e Torino) si candidano a ospitare almeno un nuovo gruppo produttore. Come confermato anche ieri sera dal governatore Alberto Cirio alla festa della Fiom di Torino.
Arrivano i cinesi
Nel 2022 le vetture realizzate in Cina e immatricolate in Europa sono state 455.400, salite addirittura a quota 462.600 nei primi tre trimestri del 2023, per una fetta di mercato complessiva del 4% (4,8% nel 2023). In Italia le immatricolazioni di vetture realizzate in Cina sono state 39.000 nel 2022 (pari a uno share del 3%), mentre nei primi tre trimestri del 2023 sono salite a 59.400, per uno share del 5%.
Senza precedenti (per l'elettrico)
Non è una novità, a ben vedere: in passato, in Europa, erano già arrivate auto giapponese o sucoreane. Ma esistono elementi che rendono la concorrenza cinese senza precedenti. Soprattutto perchè avviene in corrispondenza di un periodo
di transizione per l’Europa, impegnata nel passaggio alle zero emissioni del 2035. Un settore dove la cina è leader nella produzione di batterie e dunque (grazie agli investimenti fatti con anni di vantaggio) in una condizione di vantaggio strategico.
Inoltre, a livello dimensionale, la Cina rappresenta il primo mercato e il maggiore produttore al mondo di veicoli.
Tre fasi dell'auto della Grande Muraglia
Tre le fasi che hanno scandito il percorso: prima le joint venture (dalla seconda metà degli anni Ottanta) con produttori stranieri, quindi - una volta apprese le basi di una produzione "di massa" e non più solo tecnico agricola - l'avvio della campagna elettrica. La data è circa quella del 2009, con l’Auto Industry Adjustment and Revitalization Plan. Ora, costruite le filiere e consolidate la capacità produttive, è il momento dell'internazionalizzazione: dal 2017 si punta ai mercati esteri.
Oggi la Cina è prossima a diventare il principale esportatore al mondo di autovetture (nei primi 8 mesi del 2023 ha strappato il secondo posto alla Germania grazie a 2,45 milioni di unità esportate, posizionandosi di poco al di sotto dei 2,48 milioni di unità del Giappone). Dal 2020 l’export cinese è più che triplicato, con una crescita del 233%, permettendo alla Cina di colmare il gap con le principali industrie automobilistiche.
Circa il 20% delle esportazioni cinesi di auto (e il 58% dell’export cinese di vetture elettriche) viene assorbito dal Vecchio Continente. Nel 2022 Pechino è diventato il primo esportatore di vetture nell’Ue, superando Giappone, Corea del Sud, Gran Bretagna e Stati Uniti. Per l’Italia i tassi di incremento delle importazioni dalla Cina
sono persino superiori: dal 2020 al 2022 l’import è aumentato di oltre 7 volte (+640%), raggiungendo lo scorso anno i 368,6 milioni di euro. Si stima che che al termine del 2023 il valore dell’import di auto dalla Cina possa superare per la prima volta il miliardo di euro.
Ma dal 2020 al 2022 anche il valore dell’import di auto cinesi nell’Unione
Europea è aumentato di oltre 5 volte (+432%), raggiungendo i 9,37 miliardi di euro.
Invasione europea, ma l'Italia snobba l'elettrico
Non tutto quel che è cinese va a elettrico, però. Per quanto riguarda le alimentazioni, a livello globale oltre il 70% delle esportazioni di auto cinesi è rappresentato da tradizionali vetture endotermiche. Elettriche e ibride plug-in sono solo il 28,6% dell’export cinese dall’inizio dell’anno in termini di volumi.
Ma verso l’Europa il 70,8% dell’export è elettrico (82,4% del valore economico). In Italia è diverso: le auto con motore puramente endotermico costituiscono il 77% delle immatricolazioni di vetture cinesi. Un dato che conferma la diffidenza degli italiani verso questo comparto, con un grado di penetrazione dell’elettrico inferiore alla media europea (come sanno bene anche le 500 Bev prodotte a Mirafiori). Ma in questo settore ancora così ridotto, le elettriche cinesi rappresentano il 20,4% di tutte le Bev immatricolate in Italia.
Tre modi di entrare in Europa
Tre i modi per entrare nel mercato europeo. Innanzitutto lo sviluppo e internazionalizzazione dei brand “autoctoni”. La Cina insomma porta in Europa marchi giovani, poco conosciuti e in genere specializzati nell’elettrico. Dal 2021 hanno debuttato in Europa 19 marchi cinesi, che diventeranno 23 nel 2024 (6 di questi anche in Italia, che l’anno prossimo arriverà a contare 11 brand del Paese asiatico).
Il secondo metodo è quello di mantenere elevata la competitività industriale del paese, al fine di rendere la Cina un export hub, in cui i costruttori stranieri possano realizzare vetture da esportare sui mercati sviluppati. Insomma, in Cina si fanno auto americane, giapponesi e anche europee che poi vengono vendute proprio in Europa. Diversamente da quanto si può pensare, quindi, la maggior parte delle auto made in China immatricolate in Europa ha sul cofano un marchio occidentale.
Infine, ecco le acquisizioni di costruttori e marchi occidentali.
Le tre strategie, peraltro, non sono isolate. Ma spesso vengono adottate contemporaneamente.
Incognita sicurezza
Quello attualmente in corso non è il primo tentativo di penetrazione in Europa da parte dei costruttori cinesi. Nei primi anni Duemila, infatti, alcuni marchi del paese asiatico tentarono la strada del Vecchio Continente senza riscuotere successo, soprattutto a causa delle controversie riguardanti la sicurezza delle vetture. Imparata la lezione, ora il Governo cinese ha "formato" i suoi produttori secondo i parametri di sicurezza europei. E i risultati iniziano a vedersi.
La lotta sui prezzi
In generale i costruttori del paese asiatico si rivolgono a un mercato di utilizzatori giovani. Propongono prodotti con maggiore attenzione a tecnologia e connettività, con un grado di innovazione competitivo rispetto ai concorrenti europei. Ma a parità di performance con gli occidentali, i modelli cinesi si caratterizzano in genere per
un prezzo inferiore. Spesso dimezzato.
I dubbi dell'Europa (e l'interesse dei Gruppi cinesi)
Anche per questo la presenza crescente dell’automotive cinese in Europa ha
iniziato a provocare preoccupazione, sia a livello industriale che politico. Non si esclude che la Ue possa pensare ad aumentare i dazi per le auto provenienti da Oriente. Ma per evitare che questo rallenti la corsa all'elettrico nei nostri Paesi, si pensa sia necessario accompagnare misure per attirare in Europa gli investimenti delle grandi Case, probabilmente comprese quelle cinesi. Proprio ciò che pare possa succedere in Piemonte, con le visite di questi giorni.
I vertici di importanti gruppi cinesi si sono dichiarati interessati a realizzare nuovi impianti di produzione per auto elettriche nel Vecchio Continente, affermando di aver avviato le valutazioni preliminari in merito alla scelta dell’eventuale sede. Ma il nostro territorio dovrà vedersela con quelle aree dell’Europa centro-orientale (Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria), dove i costi di produzione sono
inferiori.