Il Comitato Acqua Pubblica ha incontrato i vertici Smat (Società Metropolitane Acque Torino) in seguito alla deliberazione di iniziativa popolare presentata in Comune. Il Comitato, insieme ad altre realtà ambientaliste come ACMOS, No Tav, Fridays for Future Torino, Comitato Difesa della Pellerina ed Extinction Rebellion, lo scorso dicembre aveva depositato oltre duemila firme di cittadini a sostegno di una proposta di deliberazione popolare. Questo tipo di iniziativa viene ricevuto dal Consiglio Comunale che la deve votare e, in caso di approvazione, diventa un atto che obbliga il Sindaco a prendere certe decisioni.
In questo caso, la deliberazione chiede, tra le altre cose, di rafforzare la natura pubblica dell’azienda, destinare la totalità degli utili alla sostituzione delle tubature degli acquedotti, visto l'alto livello di rotture e conseguenti sprechi e favorire il ripristino degli ecosistemi naturali favorendo la rimozione di ostacoli come dighe e barriere di vario tipo.
Membri del Comitato hanno incontrato questo pomeriggio i vertici Smat durante la seduta congiunta delle commissioni bilancio, ambiente e servizi pubblici locali del Consiglio Comunale. "Il referendum del 2011 non è stato applicato, diceva che non si fanno utili sull'acqua - hanno spiegato - l'acqua deve essere erogata a tutti indistintamente. Smat ha tra i suoi soci degli organismi e degli enti che non dovrebbero farne parte: il Cidiu possiede il 10,2% del capitale di Smat e ha il potere di veto su alcune decisioni. Lo spreco idrico è del 34%, con una rete estesissima e una manutenzione non all'altezza delle necessità: sarebbe ora di sostituirla".
"Ho trovato in queste accuse troppa genericità - ha risposto il presidente di Smat Paolo Romano - il Cidiu col 10% non può bloccare un'assemblea, serve il 70% per approvare e solo la città di Torino col 60% ha il diritto di veto. Riguardo gli utili, avere una capacità di fare utile quando il sistema è regolamentato significa che abbiamo una certa efficienza e un effetto scala. È l'assemblea che decide come si distribuisce l'utile: non meno dell'80% deve essere vincolato agli investimenti e non più del 20% distribuito ai comuni. Siamo riusciti negli ultimi 20 anni ad effettuare investimenti per oltre 1 miliardo e mezzo".
"Sostituire tutte le condotte - ha proseguito Armando Quazzo, amministratore delegato Smat - vorrebbe dire fare 1600 km all'anno e rivolgere il sedime stradale di 290 comuni che magari hanno tubi sani, e non parliamo di un impatto tariffario che sarebbe elevatissimo".