Visitando le numerose sale del museo Egizio di Torino, secondo solo a quello di Alessandria d'Egitto, siamo abituati ad osservare sarcofagi, suppellettili, mobilio e papiri.
Ma tra questi ultimi ve n'è uno che, in un certo senso, potrebbe essere oggetto di censura per i contenuti che espone. Si tratta, infatti, del cosiddetto papiro satirico-erotico. Risalente alla X dinastia, ossia al periodo che intercorre tra il 1190 e il 1077 a.C., esso fu rinvenuto presso Deir-el-Medina nei primi anni del 1800. Facente parte della collezione di reperti egizi di Bernardino Drovetti, esso giunse a Torino nel 1824. Acquistato dai Savoia per 400 mila lire piemontesi, divenne parte integrante del primo nucleo del museo Egizio.
Il papiro satirico-erotico, come dice il nome, può essere suddiviso in due parti. La prima è appartenente, appunto, al genere satirico, nella quale sono rappresentati animali umanizzati, come un topo condottiero, un gatto che porta a passeggio delle oche, animali che suonano o un corvo che usa una scala per salire su un albero dove un ippopotamo è appollaiato su un ramo. La seconda, invece, raffigura tutti gli aspetti erotici di una donna egizia, da scene palesi a tutti gli aspetti che fanno da cornice all'interno di un processo di seduzione.
Le fattezze dei protagonisti, ossia donne belle e nubili ed uomini trasandati e più maturi, fanno pensare che questo papiro sia stato creato per intrattenere gli aristocratici facendo loro vedere cosa facevano le classi sociali inferiori nei loro momenti intimi. Le scene, inoltre, sono accompagnate da una didascalia in ieratico (ossia una sorta di corsivo del geroglifico).
Lungo 261 cm e alto 22, il papiro satirico-erotico va letto da sinistra verso destra. Le sue immagini sono di buonissima fattura, ed è riccamente decorato. Di conseguenza, il prezzo di commissione era molto alto, segno che esso sia stato richiesto da un membro della corte di Ramesse II.
Seppur abituati a considerare l'Egitto con la medesima visione della storiografia ufficiale, ossia come un popolo compito, morigerato e senza eccessi, l'osservazione di questo papiro ce ne restituisce un'immagine più "spinta", ma più intima e, quindi, più vera.