“Ci vuole un sacco d’immaginazione per essere un buon fotografo. Ci vuole meno immaginazione ad essere un pittore, perché le cose le puoi inventare; invece, con la fotografia è tutto molto ordinario e devi osservare tanto prima di imparare a vedere lo straordinario”.
Nelle vie della capitale britannica, alla fine degli anni ’60, musica, moda, cinema e fotografia subirono una vera e propria rivoluzione: Swinging London è il termine che viene dato alle tendenze che si svilupparono in questo periodo, in particolare a Londra. Protagonisti di questo scenario erano i Beatles, Mary Quant, sfoggiando la sua minigonna, modelle come Jean Shrimpton, ma non solo…
L’unicità dello stile britannico catturò presto l’attenzione di un giovane fotografo che ad oggi è considerato uno degli artisti inglesi più influenti, David Bailey.
Bailey nacque il 2 gennaio 1938, a Leystone, un quartiere a nord di Londra, e crebbe con i suoi genitori all’interno del contesto della classe operaia dell’epoca. La sua infanzia fu particolarmente dura e il contesto sociale del dopoguerra rendeva difficile guadagnarsi da vivere, tanto che, all’età di soli 15 anni, Bailey decise di lasciare la scuola per iniziare a lavorare.
Nel 1956, tuttavia venne arruolato nell’aereonautica britannica e mandato di stanza a Singapore, l’anno successivo. Fu durante questo periodo che comperò la sua prima Rolleiflex biottica, appassionandosi sempre di più alla fotografia, prendendo ispirazione da Henri Cartier-Bresson e dalla rivista Life.
Una volta terminato il servizio militare decise di dedicarsi interamente alla fotografia. Inizialmente provò ad entrare al London College of Printing di Elephant & Castle ma venne scartato per mancanza di requisiti.
Iniziò allora a cercare lavoro come assistente e nel 1959 divenne collaboratore fotografo nello studio di John French.
Nel 1960 fu assunto come fotografo nello studio Five di John Cole e poco dopo ricevette il suo primo contratto presso British Vogue. Collaborando insieme a Terence Donovan e Brian Duffy, Bailey si lanciò alla realizzazione di un progetto per rappresentare alla miglior maniera lo spirito della Swinging London e della rivoluzione culturale degli anni Sessanta. La loro carriera ed amicizia crebbe parecchio, tanto che Bailey, Donovan e Duffy furono chiamati da Norman Parkinson "the Black Trinity", i fotografi che catturarono su pellicola gli anni 60.
Moda, reportage, ritrattistica, copertine per dischi, pubblicità televisive, documentari – indimenticabili quelli dedicati a Luchino Visconti, Andy Warhol e Cecil Beaton – furono gli ambiti nei quali si mosse la creatività instancabile di Bailey, cui obiettivo catturò proprio alcune delle icone britanniche dell’epoca citate inizialmente.
Nonostante con il passare del tempo e il decadimento di quell’epoca così innovativa, Bailey continuò a pulsare sulle onde della libertà. Non smise di fotografare, sperimentando sempre nuove tecniche, tuttavia, prese le distanze dal modo della moda, allontanandosi sempre di più da esso.
David Bailey continua a perseguire il suo percorso artistico, interpretando il sentimento di un’epoca in continua evoluzione.
Uno degli scatti più celebri è sicuramente il ritratto realizzato nel 2014 per Elisabetta II, in onore dei suoi ottantotto anni, ovvero uno scatto in bianco e nero dove la sovrana, solitamente un po’ arcigna, appare allegra e sorridente.
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