“Stasera ce la godremo”: è una promessa a tutto il suo pubblico, quella fatta da Bianco. Il cantautore torinese, infatti, si esibirà all'Hiroshima Mon Amour di via Carlo Bossoli 83 per la prima data del tour di “Certo che sto bene”, il nuovo album uscito lo scorso 10 novembre per Virgin e Universal.
Per Bianco si tratta di un vero e proprio “ritorno a casa”, visto che il disco è stato registrato in quel di Formentera in presa diretta, con la partecipazione di molti amici come Margherita Vicario e Federico Dragogna dei Ministri; a poche ore dall'inizio del concerto, lo abbiamo intervistato facendoci rivelare qualche retroscena sia sul nuovo lavoro che sul live di stasera.
Come arrivate a questo tour?
Siamo molto eccitati e non vediamo l'ora di suonare le nuove canzoni davanti al nostro pubblico: avendo registrato il disco suonando tutti insieme in presa diretta, infatti, abbiamo sentito fin da subito il desiderio di dargli una connotazione live. Rispetto ad altre volte, inoltre, è stato molto più semplice trovare gli arrangiamenti, che praticamente erano già scritti; tutto questo ha semplificato notevolmente il lavoro e renderà molto più piacevole l'esecuzione dal vivo.
Quindi si può dire che in versione live suonerà come su disco?
Questa definizione non mi ha mai fatto impazzire, soprattutto perché ultimamente i live sono conditi da sequenze preregistrate in cui non sono i musicisti a suonare: in questo caso non sarà così, perché sia le cose belle che gli errori saranno interamente prodotti da noi.
Più in generale, che concerto sarà?
Racconteremo il nuovo viaggio intrapreso con “Certo che sto bene”, senza rinunciare a pescare anche tra le canzoni vecchie. A proposito, abbiamo cercato di costruire una scaletta che ci rendesse tranquilli e sereni dal punto di vista dell'esecuzione, con l'obiettivo di non complicarci la vita ma di goderci fino in fondo una dimensione di band, palco e grandi club che ci manca da troppi anni, almeno dai tempi del covid e dal mio tour in solo. Per questo, suoneremo sicuramente i pezzi più conosciuti per dare la possibilità alla gente di godersi la serata e fare un po' di festa.
Parliamo in modo più approfondito di “Certo che sto bene”: perché proprio a Formentera?
L'idea iniziale è stata quella di prenderci un po' di tempo per produrre il disco, in un posto lontano dalle nostre case che potesse garantirci il giusto livello di concentrazione e affiatamento. La possibilità di registrare a Formentera, invece, è capitata un po' per caso, ma ci ha permesso di affrontare il lavoro in una settimana con ancor più entusiasmo, leggerezza e serenità; vi assicuro che non esiste posto migliore al mondo per fare questo genere di cose.
Citi spesso il mare, come ti influenza nel tuo lavoro?
Per noi di montagna, collina o pianura, quella del mare è sempre un'immagine abbastanza magica e mistica. Fin da bambino, quando lo vedevo spuntare dalla Torino-Savona, mi è sempre successo di sentirmi proiettato verso un orizzonte più lontano rispetto alla monotonia dei nostri paesaggi, che sono sempre lì a darci sicurezza e serenità. Il mare, invece, ci dà la possibilità di perderci e allontanarci dall'orizzonte dei nostri pensieri e delle nostre ambizioni in modo molto benefico.
Nonostante sia un album profondamente positivo, un tema ricorrente è quello della paura: perché?
La paura è un tema che accompagna spesso tutte le persone sensibili e, soprattutto, quelle che hanno deciso di dedicare la propria vita alla creatività. Chi cerca continuamente nuove idee assorbendo il più possibile dall'esterno ha paura di sbagliare, di ammalarsi o di non fare mai abbastanza perché si rende conto che la vita è preziosa; per fortuna, nel disco credo di aver bilanciato questa predisposizione cercando di condividere la chiave e i mezzi che utilizzo per reagire a quelle paure.
Una farse che mi è piaciuta molto è “Io quando mi emoziono allungo le parole”, contenuta in “Rido seriamente”: ce la puoi spiegare?
Questa canzone è nata dopo aver assistito a uno spettacolo di un attore molto bravo che “gioca” sul fatto di essere balbuziente, parlandone con grande autoironia. Visto che capita spesso anche a me di balbettare o di far durare di più le parole quando mi emoziono, come se stessi cercando di fotografare e rendere eterno il loro inizio, ho cercato di dare una mia interpretazione e una mia visione.
La nascita di tuo figlio Ettore come ha cambiato il tuo approccio al mondo della musica?
Quando diventi padre devi essere necessariamente più smart, veloce ed efficace sia a livello emotivo che pratico: per trasmettere le emozioni a tuo figlio è opportuno trovare la giusta chiave di comunicazione utilizzando un linguaggio semplice e meno aperto a voli pindarici. Tutto questo ha influenzato molto anche il mio modo di scrivere perché vado subito al succo del discorso ed è una cosa che mi piace molto. Posso dire che la sua presenza mi ha portato verso un minimalismo artistico e di vita che voglio approfondire ulteriormente; gli autori che preferisco, d'altronde, sono quelli che con tre semplici parole riescono ad aprirti un mondo.
Stasera ripartirai dalla tua città: com'è cambiato il tuo rapporto con Torino negli anni?
La vedo sempre molto bene: Torino, infatti, ha tantissimi musicisti di alto livello e ultimamente sta anche colmando un vuoto rispetto a profili di tipo manageriale, divulgativo e di produzione. Posso dire senza remore di essere molto felice di far parte della sua scena musicale perché i suoi progetti non si assomigliano mai e perché è sempre una città alla ricerca di una propria autenticità e di una propria unicità senza badare al successo e ai numeri; insomma, siamo degli ottimi eredi del grande fermento di qualche anno fa.