Torino e il Piemonte non possono fare a meno del Parco della Salute. Messaggio chiaro e lineare, quello che mandano al mondo là fuori non solo le imprese cittadine, ma anche gli Atenei del capoluogo e il Polo del 900.
Dall'altra parte del filo, le istituzioni locali (Regione e Comune), ma anche quelle nazionali. Un modo per non fare abbassare l'attenzione su uno dei progetti più influenti per il futuro di Torino e non solo. Ma soprattutto per sollecitare un rapido avvio del cantiere a Torino sud.
Da diritto a costo sociale
"La salute è un diritto, ma non dimentichiamo che la mancanza di salute collettiva è un costo sociale enorme - sottolinea Giorgio Marsiaj, Presidente Unione Industriali Torino -. In tempi di pandemia l'abbiamo capito bene e la nostra attenzione l'abbiamo dimostrata mettendo a disposizione un centro vaccinazione. Il Pnrr stanzia risorse importanti ler la missione Salute e garantire la cura non può essere solo un costo per lo Stato, eppure l'età media delle strutture è ormai elevata".
Decalogo e ciclo di incontri
E insieme a un ciclo di incontri per rilanciare il tema, a cominciare da quello di domani al Castello del Valentino, è stato realizzato anche un decalogo che mette i punti sulle I di "un progetto che dopo 20 anni di discussione sembra finalmente aver preso la strada giusta", dice Marsiaj. "Torino è cambiata, in questi anni. Siamo capaci di fare cose che anche un territorio come Milano non sa fare. Dobbiamo puntare a iniziative che abbiano ricadute positive per tutta l'aria vasta di Milano e Genova".
"Il ciclo di incontri che comincia domani è il frutto di un lavoro di un anno - dice Giovanni Durbiano, Architetto e docente Politecnico di Torino - e ci siamo convinti che bisogna rendere percepibile al grande pubblico la necessità di questo provvedimento, nato addirittura ai tempi di Dpnat Cattin e che non ha padri o colori politici. Ma è anche un tema che si deve porre chi si candida a governare il Piemonte nei prossimi 5 anni. Si tratta di un obiettivo civico".
Storie del secolo scorso
"L'ospedale dove ho lavorato per decenni è stato realizzato nel 1936 e non si può continuare - spiega Antonio Amoroso, già direttore Dipartimento trapianti della Città della salute e della scienza di Torino -. Bisogna evolvere, nelle competenze e negli spazi. E non si capisce perché siano serviti così tanti anni per mettere mano alla rete sanitaria del nostro territorio. Nessuno salirebbe su un aereo degli anni 30, anche se pilotato da il miglior pilota del mondo".
Piramidi ed errori da non rifare
"Negli anni ci sono stati accelerazioni e rallentamenti - aggiunge - e momenti buoni ci sono stati anche in passato. Ma a volte non sono stati colti. Bisogna far sentire la necessità del progetto alle istituzioni. In 20 anni è stata fatta la piramide di Cheope".
"Se le nostre aziende fossero ferme agli anni 30, non andremmo da nessuna parte - sottolinea ancora Marsiaj -. Non si può più avere lo stesso approccio. Anche Mirafiori risale a quegli anni e infatti è mezza vuota, per come è concepita. Bisogna guardare avanti e lo dimostreremo a tutta la comunità. Non possiamo più fare errori, non ce lo possiamo permettere".