La stanza dell’ascolto al Sant’Anna che tanto ha fatto discutere? C’è da 10 anni a Torino ed è stata voluta anche dal centrosinistra. Decide di rispondere così alle recenti polemiche Alberto Cirio, presidente della Regione Piemonte. La sua Giunta è finita nel mirino delle opposizioni e delle associazioni femministe per aver dato il via libera alla creazione della stanza d’ascolto all’ospedale Sant’Anna. Un luogo ribattezzato dai detrattori come “stanza anti aborto”.
“Si tratta di un argomento delicato: abbiamo una legge in Italia che è ben fatta. Difende l’autodeterminazione della donna, che deve essere libera di scegliere della propria vita e del proprio corpo, ma prevede anche misure di ascolto e accompagnamento per prendere per mano chi lo richiede. Applichiamo solo la legge” ha affermato il presidente della Regione.
Cirio ha però rispedito le critiche al mittente, bollandole come strumentali. “La stanza dell’ascolto? C ‘era già in Piemonte: al Mauriziano, dal 2013, c’è una convenzione triennale rinnovata anche da Chiamparino e dal centrosinistra, che prevede la stanza dell’ascolto”.
“Ecco perché le critiche sono strumentali: quando l’hanno fatto altri andava bene e quando lo facciamo noi è un attacco ai diritti? Non deve essere cosi, noi prendiamo ciò che c’era al Mauriziano e lo portiamo in un’altra struttura (il Sant’Anna ndr). Applichiamo la legge e stiamo lontani dalle strumentazioni, il tema è delicato. Le persone vanno lasciate libere di pensare e riflettere” ha concluso il presidente Cirio.
"Le norme italiane basano le politiche di sostegno alla famiglia innanzitutto sui consultori, sugli altri servizi alla famiglia e sull’assegno unico per i figli, dal settimo mese di gravidanza. Eppure in Piemonte non solo manca ancora un piano socio sanitario per definire la programmazione di questi servizi, ma si riducono anche i già pochi consultori", la risposta della consigliera regionale del PD Monica Canalis. "Il sostegno per superare le eventuali cause economiche dell’interruzione di gravidanza c’è già, si chiama assegno unico ed è stato introdotto dal PD. Quello che manca sono dei presidi territoriali sufficientemente capillari e con un’adeguata dotazione di personale. La legge 405/1975 prevede 1 consultorio ogni 20.000 abitanti. In Piemonte nel 2019 secondo l’ISS ce n’erano 1 ogni 36.247 abitanti. Troppo pochi. Forse anche per questo nell’ultima classifica ministeriale sui LEA, il Piemonte, che nel 2017 era primo in Italia, era solo settimo. Il nostro maggior punto debole è la medicina territoriale, in cui i consultori familiari sono ricompresi. Chiediamo quindi alla Giunta regionale meno atti dimostrativi e più fondi per insediare i consultori dove sono scomparsi".
"Io sono un tecnico e non entro nell'ambito del dibattito politico", ha invece dichiarato Umberto Fiandra, direttore sanitario del presidio ospedaliero Sant'Anna, "che naturalmente rispetto, per il semplice fatto che non mi compete". "Quello che deve emergere chiaramente - ha poi aggiunto - è che non c'è alcuna forzatura nei confronti della scelta della donna. Non c'è alcun obbligo, proprio nessuno, anche perché non potrebbe esserci. Semplicemente viene offerta l'opportunità, se la donna lo desidera, su appuntamento, di poter accedere a un eventuale servizio offerto dai volontari. Un supporto rispetto a difficoltà sociali".