Lavorare in Comune non equivale ad avere il “posto fisso”. Lo sanno bene i 313 dipendenti in somministrazione, che dopo 36 mesi di mansioni svolte per la Città vengono lasciate a casa. La motivazione? La normativa attuale non consente il superamento dei tre anni complessivi a tempo determinato nella stessa mansione o presso il medesimo datore. O meglio, dopo tale periodo è obbligatorio il tempo indeterminato. E così 313 persone impiegate a Palazzo Civico, sui 7.392 totali, sono precari. Uomini e donne che sono impegnati in tutti i settori, dagli uffici del suolo pubblico, a quelli dell’ambiente, alla cultura e sport, all’anagrafe. Il punto più alto lo raggiungono i nidi e le materne, dove sono ben 37 i lavoratori in somministrazione, ma soprattutto i 143 inseriti nei servizi sociali. E i sindacati del Comune hanno deciso di dire basta.
Presidio alle 15
Le Segreterie Nidil–Cgil, Felsa–Cisl, Uiltemp–Uil hanno proclamato per lunedì uno sciopero, con presidio alle 15 davanti al Comune di Torino, “per chiedere continuità occupazionale per i lavoratori in somministrazione presso il Comune di Torino”. “Nonostante i contratti in scadenza, - continuano - garantiscono continuità nei servizi essenziali resi ai cittadini dell’area metropolitana torinese e il loro lavoro è stato, ed è tutt’oggi, indispensabile all’interno della cosiddetta macchina comunale”.
"Dopo 36 mesi a casa chi si occupa di disabili e bambini"
In molti casi parliamo di dipendenti che lavorano in settori “sensibili”, come spiega Danilo Bonucci della NIdiL-CGIL: “Molti si occupano di disabili e di bambini: stabiliscono un rapporto e dopo 36 mesi sono lasciati a casa”. “Noi – aggiunge – oltre alla continuità occupazionale, che è messa a rischio dall’atteggiamento dell’amministrazione comunale, chiediamo anche quella nei servizi”.
"Atteggiamento di chiusura"
Da qui la richiesta unitaria di Nidil–Cgil, Felsa–Cisl, Uiltemp–Uil di “un cambio di scelte nelle politiche sociali” della giunta Lo Russo. “Occorre trovare – continuano - soluzioni strutturali che tengano conto dell’esperienza maturata e della professionalità di queste lavoratrici e di questi lavoratori”. In questi mesi i sindacati hanno più volte incontrato la vicesindaca Michela Favaro e gli altri assessori, ma l’atteggiamento “è stato, incomprensibilmente, di chiusura”.