Dopo 13 anni i falegnami del Pinerolese e delle Valli Chisone e Germanasca si ritrovano per festeggiare il loro patrono.
Le loro storie rappresentano tradizioni di famiglia dentro a un mondo che sta cambiando. L’appuntamento è per domenica 19 marzo, festa di San Giuseppe, alle 12,30 al ristorante ‘Chiabriera’ nell’omonima borgata di Pomaretto (prenotazioni al numero Whatsapp di Alberto Tron: 366 5373951).
Una tradizione lanciata da ‘Cesarino’
“La tradizione era cominciata con ‘Cesarino’, Cesare Reymondo di Villar Perosa, una sorta di istituzione per tutto noi falegnami della zona – ricorda Gino Tron della falegnameria ‘Tron Gino &C.’ di Pinasca –. Cesarino era un grande lavoratore, che aveva anche tanta voglia di fare festa in compagnia, ed era lui a darci l’input di organizzare. È scomparso il 2 febbraio 2011, e da allora non avevamo più organizzato nulla”.
“Io però avevo dei bellissimi ricordi di quando ero piccolo, di queste occasioni – interviene Alberto, figlio di Gino, oggi anche lui falegname –, così quest’anno, parlando con un collega dell’Alta Val Chisone, Sergio Brunet, coetaneo di mio padre, ho spronato tutti a riorganizzare, dopo tredici anni”.
Falegnameria ed ecosostenibilità
Oggi non sono molti i giovani ad intraprendere il lavoro di falegname, e fra i pochi giovani quasi tutti portano avanti la tradizione di famiglia. Eppure sembra essere un mestiere proiettato verso il futuro: “Il legno è il materiale ecosostenibile per eccellenza, nonché molto duraturo, ci sono mobili che si tramandano per svariate generazioni, ed è sempre possibile, attraverso il lavoro di un artigiano falegname, andarli a modificare all’occorrenza” si fanno eco padre e figlio Tron.
Gino, 59 anni, ha cominciato a lavorare nel 1987: “Negli anni purtroppo è diminuito il potere d’acquisto delle persone, e sono cambiati anche un po’ i gusti e le priorità: ora nella grande distribuzione si trovano mobili che certamente poco hanno a che vedere con un mobile di legno che un falegname può costruire su misura, ma indubbiamente costano molto meno – spiega –. Almeno considerando il momento dell’acquisto, perché se poi si pensa alla durata di una vita intera, ed ancora volendo per figli e nipoti, e l’opportunità di apportare modifiche... Ma in tal senso è cambiato proprio un po’ il modo di pensare. Comunque anche il nostro lavoro si è evoluto con la tecnologia, ed oggi il nostro fiore all’occhiello sono gli infissi, con eccellenti prestazioni in termini di isolamento termico: un altro punto in favore di un mondo più ecosostenibile”.
Alberto, 27 anni il prossimo 18 agosto, racconta così il suo ingresso ‘attivo’ nel mondo della falegnameria: “Ero un ragazzino, i miei mi avevano regalato il ‘cinquantino’, ma se volevo metterci la miscela dovevo guadagnarmela, lavorando in laboratorio – sorride a quel ricordo –. Come tutti i mestieri per continuare a vivere deve evolversi, ma un buon falegname non può prescindere dalla conoscenza delle tecniche di una volta, e, prima di tutto, è importante conoscere il legno”.
Il futuro del mestiere
Alberto è un po’ preoccupato vedendo i pochi coetanei che portano avanti il mestiere, e concorda col papà il rischio che una massiccia industrializzazione possa far perdere l’artigianato: “L’artigianato e l’unicità che ne consegue: la mano di ogni singolo artigiano è diversa, ogni creazione può essere unica”. Ed in questa unicità, anche i canali di vendita tendono ad essere quelli tradizionali: “Abbiamo anche un profilo social, ma principalmente i nostri clienti arrivano tramite il passaparola, e poi la clientela tende a fidelizzarsi”.
Unicità e tradizione sono ciò che sta continuando a salvare il mestiere, come conferma Brunet della falegnameria Brunet di Pragelato “Noi siamo piccoli artigiani di montagna, già mio papà svolgeva questo mestiere. Qua è una zona di seconde case, fra l’Alta Val Chisone e l’Alta Val Susa, e noi che sappiamo ‘curare’ queste case con realizzazioni su misura, siamo preziosi; in montagna forse anche di più. Il nostro mestiere non morirà mai”. Ma anche lui si unisce ad una preoccupazione: “L’unico problema, è trovare manodopera. Mio figlio sta frequentando una scuola di falegnameria a Châtillon, in Valle d’Aosta, e mi auguro che dal prossimo anno possa lavorare con me”.
Il legno, prima di entrare nelle case sotto forma di mobili, infissi, o altro genere di creazioni artigianali artistiche, passa dalle mani dei falegnami, ma prima ancora c’è chi taglia gli alberi, i tronchi, e c’è il passaggio della segheria: “Una passione di famiglia che mi è stata tramandata, benché con un salto generazionale: mio nonno ce l’aveva, mio papà, invece, ha fatto l’elettricista, ma la passione ce l’aveva anche lui – spiega Mattia Breuza, 32 anni –. Io ho aperto la mia piccola segheria artigianale a conduzione familiare, con sede a Salza di Pinerolo”.