29 dicembre 2018: Paolo Furia viene eletto Segretario Regionale del Pd. A distanza di poco più di quattro anni il ricercatore biellese, che nelle scorse settimane ha annunciato di non volersi ricandidare per l’incarico, traccia un bilancio di fine mandato. Alla vigilia della fase congressuale nazionale, dove i dem saranno chiamati a scegliere tra Stefano Bonaccini, Elly Schlein, Paola De Micheli e Gianni Cuperlo la nuova guida – così come di quella del Piemonte.
Quale è il suo bilancio di questi anni?
Mi ero dato due obiettivi: il primo era di avere una dirigenza regionale più a misura della base, in cui ci fosse un rapporto costante con i segretari provinciali. Direi che il risultato è stato ottenuto: i miei alleati migliori sono stati loro, insieme ai segretari dei circoli. Penso abbia aiutato il fatto che non fossi nelle istituzioni: mi sono dedicato totalmente alla comunità democratica. L’altro obiettivo era recuperare consensi, dove ne abbiamo meno, cioè nel Piemonte 2. Questo risultato è stato ottenuto solo a metà: abbiamo riconquistato Alessandria e Omegna, ma resta molto lavoro da fare. E’ una questione che verrà ereditata in parte da chi verrà dopo.
Il 26 febbraio ci saranno le Primarie del Pd a livello nazionale per il nuovo segretario. Nella stessa data si potrebbe votare anche in Piemonte per individuare il suo successore, qualora non si trovasse prima l’accordo su un unico nome. Al momento si è fatto avanti ufficialmente solo il consigliere regionale Domenico Rossi di Novara, ma aspirano all’incarico anche Chiara Gribaudo di Cuneo e Rita Rossa di Alessandria. Tutti politici provenienti, come lei, dalla “provincia” e non da Torino?
La segreteria non deve perdere l’attenzione per il Piemonte 2: non sempre il Pd ha dimostrato di saper valorizzare le proprie esperienze che vengono dai territori più periferici. Al di là della differenza territoriale tra nord e sud, esiste anche quella tra il “centro” e le province. Ad esempio queste ultime sono state le più colpite dai tagli alle linee dei treni fatta ancora dal governo Cota. Sono passati quasi 10 anni e su, 12 linee tagliate, ne sono state riaperte appena due o tre. Io vengo da Biella, dove per anni è mancato l’adeguamento della linea ferroviaria: adesso è stata elettrificata in direzione Torino, ma non Milano. Questo per la distrazione delle classe dirigente, che ha tenuto fuori l’elettrificazione della Biella- Novara dal Pnrr. Ecco un esempio di trascuratezza verso le province.
Il rinnovo della segreteria nazionale non rischia di generare l’ennesima lacerazione nel Pd?
Dopo la sconfitta alle Politiche, non potevamo non aprire una discussione interna. Poi tutto dipende dalla qualità dei candidati, così come dalla capacità di mettersi d’accordo per il dopo: bisogna uscire dalla logica dei guelfi e ghibellini. Si tratta di costruire gruppi dirigenti inclusivi. Penso che al nostro partito faccia più male l’ambiguità, cioè che dicano che siamo poco chiari nell’identità.
Quale deve essere l’identità del Partito Democratico per riconquistare voti?
Essere sempre disponibili per comporre governi è giusto perché lo chiede il Presidente della Repubblica, ma rischia di dare l’idea di un partito che senza esecutivo non riesce a governare. C’è bisogna di un partito che sappia stare all’opposizione e battersi, anche da quello spazio, per i suoi valori. Non possiamo tornare ad essere il partito degli operai e basta, soprattutto perché oggi i soggetti deboli sono tanti. Penso ad esempio ai lavoratori dipendenti, che hanno tra i salari più bassi del mondo europeo, così come agli autonomi e ai parasindacalizzati. Il Pd deve aggiornare la sua lettura della realtà, tornare a rappresentare il bisogno, non solo il buon governo.
La prossima data importante per voi sono le elezioni regionali del 2024. Quali sono gli step concreti che metterete in atto per riconquistare la Regione?
Occorre metterci a disposizione per raccogliere, attraverso la campagna di ascolto, le lamentele dei cittadini. Con riferimento soprattutto alla sanità, al trasporto pubblico locale e alle esigenze territoriali, come ad esempio il riutilizzo delle aree dismesse. Su questi tre temi si gioca il futuro del Piemonte. Intorno a questi assi bisognerà definire le proposte del Pd, aggregando tutte le forze che non si riconoscono in Cirio e nel centrodestra.
Al Congresso nazionale lei appoggerà Elly Schlein. La contestazione che viene fatta da più parti a quest'ultima è che non rappresenti la storia del partito, avendolo abbandonato per sette anni?
Io ho dato il mio appoggio alla Schlein dopo aver detto non mi ricandidavo. Il Pd è come un grande albero, che affonda le sue radici nella cultura del ‘900. Anche la piante più robuste rischiano però di appassire, quindi servono persone che le scuotano un po’ e le rinnovino. I partiti sono spazi dinamici: la solidità di Bonaccini non si mette in discussione, ma penso serva più una scossa che una rassicurazione. Da Renzi in poi il nostro partito ha subito scissioni: penso che la novità rappresentata dalla Schlein stia nel fatto che una sia dirigente fatta e finita, che ha deciso di reinvestire nel nostro progetto con la sua leadership. In tempo normale sarebbe strano, ma questo non lo è: è un momento in cui confini si ridefiniscono.