Eventi - 04 maggio 2019, 16:57

Salone del Libro "ambasciatore della Costituzione": no a editori condannati per apologia del fascismo

Si dimette il consulente Christian Raimo dopo post antifascista: "Rammarico per una presa di posizione individuale". Lagioia: "Chi guarda solo al proprio tornaconto vive solo e muore solo. Il Salone si basa invece sulla condivisione"

Salone del Libro "ambasciatore della Costituzione": no a editori condannati per apologia del fascismo

Il Comitato di Indirizzo della 32a edizione del Salone del Libro, chiamato a monitorare, nelle diverse fasi, la realizzazione delle attività culturali della fiera di maggio, sottolinea che il Salone ha scelto in piena consapevolezza di non diventare palcoscenico elettorale, al fine di non trasformarsi in una cassa di risonanza troppo facile da strumentalizzare; e ancora di essere plurale e aperto alla discussione, perché il dialogo è fondamento della democrazia. Il Salone è quindi ambasciatore della Costituzione. E la Costituzione, al suo articolo 21, afferma che «tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione».

La Legge Scelba del 1952, coordinata con la Legge Mancino del 1993, sanziona e condanna chiunque propagandi idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, rendendo reato in Italia l’apologia di fascismo. Materia della magistratura, quindi, è giudicare se un individuo o un’organizzazione persegua finalità antidemocratiche. È pertanto indiscutibile il diritto per chiunque non sia stato condannato per questi reati di acquistare uno spazio al Salone e di esporvi i propri libri.

Altrettanto indiscutibile è il diritto di chiunque di dissentire, in modo anche vibrante, dalla linea editoriale perseguita da un editore e dai contenuti dei libri da esso pubblicati. Quale migliore occasione del Salone stesso per affermare questa posizione promuovendo il dibattito sul tema.

Il Comitato di indirizzo del Salone del Libro ribadisce pertanto la propria assoluta indipendenza nella totale adesione ai principi di democrazia enunciati dalla Costituzione, auspicando la partecipazione di tutti al Salone che sempre più si vuole affermare come luogo istituzionalmente aperto al dibattito e al confronto.

Il consulente del direttore Nicola Lagioia, Christina Raimo, ha presentato le dimissioni dopo la pubblicazione su Facebook di un post dai toni fortemente antifascisti: "Ho deciso di presentare la mie dimissioni dal gruppo dei consulenti per proteggere il Salone del Libro di Torino dalle polemiche che hanno fatto seguito a un mio post, pubblicato a titolo strettamente personale. Il Salone del Libro di Torino è uno spazio di libertà, di dibattito e confronto di idee, di cultura e di apertura, di molteplicità e democrazia. È il risultato del lavoro appassionato e della dedizione di centinaia e centinaia di persone. È importante per il paese e appartiene a tutti. Con queste dimissioni testimonio il mio sincero e profondo rammarico per una presa di posizione individuale che, ben al di là delle mie intenzioni, potrebbe, ma a nessun costo deve, risultare fuorviante rispetto a ciò che il Salone del Libro è da oltre trent'anni, e vuole essere oggi e in futuro".

Così Lagioia ha commentato: "Le dimissioni di Christian Raimo mi addolorano. Il contributo che ha dato al Salone in questi anni è stato enorme, ed è comprovato da un successo riconosciuto da tutti. Mi dispiace per editori e autori che si sono sentiti offesi dalle sue dichiarazioni scritte a titolo personale in un post di Facebook. Mi dispiace per come uomini politici di partiti dove ci sono gli inquisiti per mafia abbiano cavalcato la vicenda. (Tanti servitori dello Stato si scambiano quotidianamente in televisione parole irriferibili e non mi pare che questo crei loro rispetto al bene del Paese un imbarazzo che ha toccato Christian Raimo a sola tutela del Salone). Mi dispiace per come tanti commentatori cerchino di strumentalizzare il Salone del Libro ai soli fini della campagna elettorale o per avere visibilità. Sacrificare una parte di sé per un bene comune è una cosa ormai da pochi. Raimo l'ha fatto senza che nessuno gliel'abbia imposto, e questo ai miei occhi lo nobilita. Gli altri si guardino allo specchio. Chi ha creduto di sfruttare i contenuti del post di Raimo – scritto solo a titolo personale – e le polemiche sui neofascismi per intimidirci, per scalfire l'indipendenza editoriale del Salone e quindi per danneggiare un progetto bellissimo e l'intero territorio, sbaglia di grosso. Chi guarda solo al proprio tornaconto vive solo e muore solo. Il Salone si basa invece sulla condivisione. È il motivo per il quale, ora, farei parlare il Salone e basta. Ed è il motivo per il quale, da ora in avanti, sarà il Salone a parlare per noi – i suoi incontri, i suoi dibattiti, le sue presentazioni, la sua comunità".

Comunicato stampa

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