Economia e lavoro - 05 marzo 2019, 10:47

Torino al tempo dei NEET: tra giovani e lavoro, sotto la Mole un "silenzio assordante da rompere"

"Smarrita occupazione", nuovo libro di Mauro Zangola, fa luce sulla difficile condizione occupazionale delle ultime generazioni, tra invecchiamento e terziarizzazione "povera", fino all'istituzionalizzazione del lavoro gratuito

Torino al tempo dei NEET: tra giovani e lavoro, sotto la Mole un "silenzio assordante da rompere"

Quello tra i giovani e il lavoro è un dialogo che, anno dopo anno, si sta riducendo sempre di più al silenzio. Un silenzio assordante "da rompere", come dice Mauro Zangola, grande esperto dell'economia torinese avendo trascorso buona parte della sua carriera all'interno dell'Unione Industriale, ma anche alla guida del Mesap, come ad di TNE e altro ancora.

E per fare luce sulla condizione lavorativa di chi vive all'ombra della Mole e ha tra i 15 e i 34 anni, Zangola ha dato alle stampe "Smarrita Occupazione", il cui titolo dice già molto. Con la prefazione dell'arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, pagina dopo pagina il volume mostra una realtà davvero difficile. Innanzitutto un territorio con un indice di vecchiaia che si è impennato, rispetto alla metà del secolo scorso, epoca del boom. 

Ma molto è cambiato anche dal punto di vista dei settori di produzione del valore, rispetto agli anni Cinquanta. Sempre meno industria (dal 64,4% al 21,9) e sempre più terziario, con i servizi saliti dal 28,4 al 76,7% nel 2016. Una vera deindustrializzazione, che ha evidenziato la tendenza soprattutto a partire dagli anni Novanta, quando Torino ha visto chiudere Lingotto, Michelin, Paracchi, Teksid, Westinghouse e molti altri centri produttivi manifatturieri.

Parallelamente è sceso anche il contributo sabaudo al valore aggiunto nazionale (da oltre il doppio della media italiana, oggi la distanza è quasi azzerata) ed è cresciuta la disoccupazione, anche se il picco del 2014 vede ora una discesa verso livelli del 2010. Soprattutto tra i giovani e - osservando altre metropoli italiane - soprattutto a Torino.

Dunque sempre meno giovani occupati, con paghe sempre più basse e prospettive di futuro che si fanno via via più fosche. "I giovani fanno una tremenda fatica a costruire un progetto di vita come potevamo fare noi - dice Zangola - e noi dobbiamo essere solidali con chi deve affrontare moltissimi ostacoli prima di raggiungere un lavoro stabile e soddisfacente".

E il vero nocciolo, sta proprio nelle trasformazioni della società e del territorio: "In più di 50 la portata di questi cambiamenti è molto forte, a cominciare dall'invecchiamento della popolazione. E se dal 1981 c'era un giovane per ogni anziano, oggi ci sono due anziani per ogni giovane".

Si chiama invece terziarizzazione la tendenza che vede i servizi erodere spazi al manifatturiero. "Un fenomeno in continuo aumento - dice Zangola - che si accompagna alla perdita di occupazione nell'industria. La deindustrializzazione, termine che piace poco, ma molto reale. Un fenomeno comune a molte altre aree sviluppate e in seguito a esternalizzazione e automazione, ma Torino e la sua provincia hanno patito molto più di altre aree questo meccanismo, a tratti anche patologico. E spesso ci troviamo di fronte a un terziario per così dire povero, anche se esistono casi e casi".

Un passaggio di testimone che però ha tolto ossigeno al mondo del lavoro. E le ultime due crisi che si sono succedute dal 2008 in poi hanno fatto pagare un conto salato soprattutto ai giovani torinesi. "Pagando più dei loro coetanei che vivono in territori con un tessuto più vivace e attrattivo e dove le occasioni di lavoro sono maggiori", commenta Zangola.

Così, quelli che l'autore dello studio chiama "Giovani accomunati da difficoltà a realizzare un normale progetto di vita", sono saliti dal 2004 al 2017 da poco più di 55mila a 82milam "E la soglia di povertà assoluta è molto facile da varcare". Soglia che sta attorno ai 400 euro al mese, mentre oggi i giovani che guadagnano dai mille euro in su nel terziario sono circa uno su due, ma uno su cinque se si parla di alberghi e ristoranti.

Crescono i giovani che si mettono in proprio, anche con una certa resistenza dopo i primi anni (il 63% resta sul mercato). Ma non mancano coloro che si mettono in proprio per "tentare" una nuova via. Con tutte le fragilità che ne possono conseguire. "Ma ciò che davvero spaventa è la crescita di forme di lavoro precario se non addirittura gratuito, quasi istituzionalizzato nella speranza di un pagamento in futuro", conclude Zangola.

Massimiliano Sciullo

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