Dalle origini della lingua italiana – con il "De vulgari eloquentia" dantesco – al mondo contemporaneo: si è mosso su questa linea temporale l’appuntamento che si è tenuto ieri, presso lo Spazio Incontri, nel corso della quarta giornata del Salone Internazionale del Libro, a proposito del rapporto che intercorre tra letteratura e musica.
Le due discipline sono, infatti, le protagoniste di due nuovi volumi della Treccani di recente pubblicazione, curati dal critico musicale Sandro Cappelletto e dal critico letterario Giulio Ferroni.
“È un momento molto particolare per la storia del Salone – ha affermato il primo –, perché, quando esso è nato, era denominato ‘Salone del Libro e della Musica’. Oggi, per la prima volta, letteratura e musica si ritrovano nuovamente insieme, ed è bellissimo perché è semplicemente impossibile pensare alla nostra identità senza queste arti”.
“Abbiamo, dunque, voluto cominciare dalle radici, greche e latine – ha continuato il critico musicale – per dare il segnale che, nel caso particolare della musica, l’arte non abbia confini; questi sono solo tre: il gusto, lo stile che cambia e la censura”.
Appare, inoltre, evidente lo stretto legame che caratterizza la cultura italiana e quella europea, mentale e fisico, “come emerge, per esempio, dal dialogo che la nostra letteratura medievale ha instaurato con la Provenza, per poi giungere, successivamente, a una narrazione della realtà contemporanea che ha posto in risalto il modello della varietà del mondo e una concezione morale della vita – propria, tra gli altri, dell’Orlando Furioso”, ha specificato Ferroni.
Ne deriva che letteratura e musica siano state vere e proprie antesignane della multimedialità, esperimenti d’avanguardia, che, oggi, tuttavia, “hanno perso il senso di ciò che è stato composto in precedenza – ha dichiarato il critico letterario –, anche a causa dell’assenza di un’educazione alla lettura e all’ascolto”.
Tuttavia, ha spiegato Cappelletto, emerge fortemente il “bisogno di fare musica, per imparare a stare insieme: fare musica aiuta la percezione e il controllo del gesto. Nel mondo contemporaneo, inoltre, vige una grande libertà di linguaggi, i quali, però, sono immersi in uno stato di confusione, che rende difficoltoso, a un compositore dotato di forte personalità, emergere in una condizione di mercato che, ormai, penalizza sempre di più la ricerca e la sperimentazione”. Ancora, “sebbene le orchestre siano soggette a una drastica riduzione, il nostro paese continua a mantenere il primato in ambiti specifici, quali la costruzione degli strumenti e le maestranze”.
In che modo, però, oggi, letteratura e musica dialogano? “Dialogano concretamente – ha continuato il critico musicale –, come si evince dal fatto che un compositore, ora, nel momento in cui si appresta a scrivere un’opera, spesso chieda: dove lo trovo il testo? Si fa, dunque, sempre riferimento a repertori, tradizioni, scrittori contemporanei, perché non esiste musica senza la parola, la quale sarà serva della prima, che la farà esplodere di senso e di significato. Quello che sussiste tra le due arti, allora, è un rapporto molto intenso, e i compositori sono ghiotti di riferimenti letterari da introdurre nelle proprie produzioni artistiche”.
Anche nel caso della letteratura, ha aggiunto Ferroni, “vi è una percezione della musica molto forte: non vi è opera narrativa, per esempio, in cui non vi sia almeno un rimando a qualche canzone del nostro tempo, di alto o medio livello. È un effetto del realismo sul contemporaneo”.
Un’assenza di confini, pertanto, che è anche geografica: delineare un’identità prettamente italiana, attualmente, è, infatti, sempre più complicato. “Forse, l’unica caratteristica propria della nostra cultura consiste in un persistente bisogno di teatralità, di inscenare una storia, pensandola per un palcoscenico, eredità della nostra invenzione dell’opera musicale”, ha commentato Cappelletto.
Analogamente lo scrittore, “che tende a essere globalizzato, vittima di un linguaggio standard, meccanico, di ‘plastica’, dove la specificità italiana va perdendosi e si staglia in un orizzonte di consumo. La particolarità italiana è, probabilmente, l’insistenza sui modelli cinematografico e televisivo: una confezione quasi automatica del romanzo che guarda costantemente a questi ultimi”, ha chiosato il critico letterario.