E poe...sia! - 19 aprile 2025, 08:42

Vegetariano sì, vegano no

Alimentazione plant-based: sfide, ragioni, pregiudizi

"Life-Sentence-The-invisibles" - acrylic paint on canvas by Philip McCulloch-Downs

Buongiorno #poetrylovers, buongiorno #amici!

Eccomi tornata, pronta ad allietare/irritare/stimolare/coccolare la vostra domenica, sia essa solitaria oppure in famiglia.

Incredibile: il calendario conferma che aprile è già arrivato; sono l’unica a pensare che il 2025 stia praticamente volando? Forse, una parte di responsabilità è da imputare proprio agli ultimi mesi, ricchi di sconvolgimenti politico-sociali senza precedenti. Questa escalation simil frullatore ha concorso a velocizzare le nostre vite, trasmettendo ulteriore frenesia. Ulteriore angoscia.

Distaccandoci per un attimo dal disastroso panorama mondiale (ne parleremo più avanti), non esattamente d’aiuto nel processo di riposo domenicale, vorrei offrirvi quest’oggi un interessante spunto di riflessione, derivante dalla mia esperienza personale. Come saprete, questa rubrica è al 100% autobiografica: mi racconta, mi contiene. Ed è un vero piacere condividere con i suoi affezionati lettori ciò che amo e mi nutre. In questo caso, letteralmente!

Infatti, l’argomento odierno è proprio l’alimentazione. O meglio, un tipo di alimentazione, fortemente in crescita a livello mondiale (con oltre 4.000.000 di seguaci soltanto in Italia): quella vegetale, altrimenti detta vegana.

Vegetariano ancora ancora, ma vegano proprio no”! Avete idea di quante volte questa esclamazione venga rivolta a chi sceglie di non consumare più prodotti animali, in tono sia canzonatorio sia giudicante? Ve lo dico io: troppe.

Ecco perché, tramite questo articolo, desidero sfatarne i falsi miti e -spero- attenuarne i pregiudizi. Provenienti nella quasi totalità da amici e parenti in buona fede, desiderosi del nostro bene ma convinti erroneamente di possedere la verità assoluta, di conoscere il modo migliore per “fare le cose” (tra cui mangiare) basandosi sul dato oggettivo del “si è sempre fatto così”. Già, come negarlo: si è sempre fatto così.

Oppure no?

Prima di diventare vegana, circa due anni fa, da bravo topo di biblioteca quale sono ho deciso di indagare a fondo. Informarmi, confrontare, ascoltare, guardare con i miei occhi ciò che la maggioranza decide di ignorare ed evitare come la peste. Perché fa male, amici miei, fa dannatamente male ritrovarsi faccia a faccia con la realtà. In questo caso, la realtà dell’industria zootecnica. Tuttavia, prima di concentrarmi sul suo lato operativo, ho indagato le abitudini alimentari dei nostri nonni e bisnonni, delle generazioni che hanno affrontato il post-guerra e ricostruito l’Italia, in pieno boom economico: a quanto pare, il consumo di carne era esiguo, spesso su scala mensile, limitato ai momenti di festa o di maggiore disponibilità monetaria. Cosa mangiavano, in sostituzione? Quintalate di legumi, meravigliosamente nutrienti ed economici, tuberi, pane, granturco, ortaggi, frutta e -per i più fortunati- latticini e uova; quest’ultimi, com’è ovvio, provenienti dai pochi animali allevati in famiglia. Mucche, capre, galline, conigli che potevano condurre una vita dignitosa, all’aria aperta.

Pesce? Più raro dell’oro. Almeno da queste parti.

Con l’avanzare della modernizzazione e l’aumento della ricchezza, la domanda di prodotti animali è cresciuta, ancora e ancora, al punto da rendersi insostenibile, al punto da trasformare gli animali in macchine. Una richiesta continua e irrispettosa della vita stessa, che ci ha portati a consumarne i derivati quotidianamente, più volte al giorno: non ci si fa neppure caso, mentre si versa del latte nella tazza della colazione, quando si rompe un uovo in padella o si aggiunge l’immancabile prosciutto cotto alla torta salata della domenica. Un simile consumo pro-capite non poteva che trasformarsi nello sterminio annuale di MILIARDI di esseri viventi; ciò che conta è che siano sempre a nostra disposizione – freschi e in abbondanza – tra gli scaffali e le celle frigorifere dei supermercati.

Analizziamo questo spinoso argomento andando per punti, precisamente tre. Quelli che hanno spinto definitivamente l’ago della bilancia verso la scelta veg, almeno nel mio caso. Tralascerò volutamente il comparto ittico e la pollicoltura, per evitare un testo di 20 pagine; potrete trovare infinite informazioni online. Personalmente vi consiglio alcune letture e la visione di film a dir poco iconici: l’elenco è facilmente consultabile tra le fonti, in fondo all’articolo.

IMPLICAZIONI ETICHE

Che piaccia o no, anche gli animali “da fattoria” sono esseri senzienti, con peculiarità e personalità soggettive. Esattamente come cani e gatti (considerati di serie A esclusivamente a causa del nostro retaggio culturale e del luogo di nascita) si distinguono l’uno dall’altro, amano apprendere, instaurare rapporti di amicizia con i propri simili e con l’uomo, giocare. Desiderano vivere! Non sono numeri, non sono cose di cui disporre a piacimento. Sapevate che il maiale è nettamente superiore per intelligenza al cane? E che le mucche sono tra i mammiferi più affettuosi? Adorano giocare a palla, sono madri premurose e possono raggiungere i 20 anni di età. Tutti loro provano dolore, paura, depressione, abbandono. Tutti loro piangono. Sentono, come ogni altra creatura sulla terra. La società odierna, schiava del principio commerciale di domanda-offerta citato poco prima, ha perpetrato e continua a sostenere veri e propri lager, luoghi di tortura legalizzati in cui gli animali sono privati di ogni dignità, in cui non possono neppure muoversi, figuriamoci assolvere ai normali comportamenti etologici della specie. Cuccioli e adulti sono trattati come merce, niente meno e niente più; un processo disumanizzante che causa indicibili sofferenze a creature che sono state messe al mondo solo per morire, decidendone arbitrariamente i destini. Tramite l’ingravidamento artificiale, infatti, si continua a perpetrare questa catena di montaggio e di morte. Prendiamo ad esempio l’industria casearia, rispondendo ad una delle domande più comuni: “Perché escludere anche i latticini”?

Partiamo dall’inizio, amici: le mucche, alimentate con prodotti ipercalorici affinché crescano in fretta, vengono ingravidate sino allo strenuo, fin tanto i loro poveri corpi consumati e malati non riescono più a “produrre” la quantità di latte richiesta dalla filiera, proficua per gli affari. Allora, costando più di quanto rendono, sono mandate senza pietà al macello. Ci arrivano talmente stremate da non riuscire neppure a camminare, dopo ore ed ore su camion in cui persino respirare risulta faticoso; video in cui gli operatori trascinano violentemente gli animali dai camion ai mattatoi abbondano. E i cuccioli? Se di sesso femminile, sostituiscono le madri nella catena, ennesime vittime di questo ciclo diabolico. I vitelli, invece, sono tenuti in vita in minuscoli box il tempo che basta a farli ingrassare e, poche settimane dopo, mandati anch’essi al macello. Piccolo immenso particolare: parlando di mammiferi, creature dal profondo istinto materno, cosa credete succeda quando mucca e vitello vengono separati, pochi secondi dopo la nascita? Le mucche piangono, si agitano, inseguono gli operatori e i loro furgoncini, colpevoli di aver crudelmente strappato alle loro cure i cuccioli; che non potranno mai bere quel latte che soltanto a loro spetterebbe, né ricevere l’affetto e gli insegnamenti della madre. Ecco cosa si nasconde dietro l’industria casearia: gravidanze estenuanti e vitellini appena nati isolati e uccisi affinché l’uomo possa bere ciò che doveva essere il loro nutrimento! Parliamo chiaramente di realtà intensive; sono certa esistano produzioni locali in cui gli animali siano trattati con tenerezza e rispetto; tuttavia, il principio non cambia: continuiamo a prendere, prendere, prendere. Qualcosa che non ci spetta PER NATURA, sentendoci giustificati dalla nostra superiorità intellettiva e sfruttando l’indole mansueta delle creature terrestri.

Mi è capitato fin troppo spesso e ancora succede di essere tacciata di estremismo. Le scelte radicali spaventano, me ne rendo conto. E sono la prima a non amare gli antipodi, convinta che i punti di incontro si trovino sempre (o quasi) a metà strada. Tuttavia, sono altrettanto convinta che tra noi e le ingiustizie dovremmo desiderare e mettere la massima distanza. Ora, siamo certi che scegliere di minimizzare la sofferenza di MILIARDI di individui senzienti preparandoci del tofu, dei legumi o della soia anziché carne, pesce e derivati possa essere definito “estremo”? Non è forse più estremo, in un’epoca in cui sappiamo per certo di avere così tante alternative e che un’alimentazione vegetale sia assolutamente compatibile con un’ottima salute, continuare a far nascere animali destinati a provare dolore, recluderli, privarli della luce del sole, farli riprodurre artificialmente contro la loro volontà, sottrarne i cuccioli e terminare le loro vite quando hanno appena pochi mesi? Il tutto per una mozzarella, una bistecca… un pasto di dieci minuti.

Fa male, lo so. Ma resistete: lo dobbiamo alla nostra umanità.

La motivazione etica rappresenta senz’altro il punto più spinoso dei tre. Proseguiamo con il secondo.

SALUTE FISICA

Per quanto si possa sensibilizzare sull’argomento, non va dimenticato un fatto: ognuno ha la propria coscienza. Non è mai corretto imporre opinioni e scelte personali – benché amorevoli – agli altri. Tuttavia, neppure i meno empatici verso il regno animale possono ignorare i dati oggettivi che legano alimentazione e salute. Del nostro benessere, almeno di quello, dovrebbe interessarci. No?

Da oltre dieci anni, l’O.M.S. conferma i benefici dell’alimentazione a prevalenza vegetale sulla salute, includendo carne rossa e prodotti processati (insaccati fra tutti) come cancerogeni di classe 1. Conservanti, eccesso di sale, coloranti, aromi chimici, spillover (il Covid-19 ci dice nulla?) e, piaga mondiale, l’uso spropositato di antibiotici. È ormai solo questione di tempo: gli specialisti paventano una più che probabile antibiotico-resistenza, che potrebbe causare gravissime conseguenze, rendendoci indifesi di fronte ai patogeni del futuro. Infine, la qualità stessa della carne che i colossi del commercio alimentare portano sulle nostre tavole: il docufilm “Food for Profit” (https://www.raiplay.it/video/2024/05/Food-for-Profit---Report-05052024-a1ac3844-2d74-4938-a480-50df67555010.html) di Giulia Innocenzi, giornalista d’inchiesta della trasmissione REPORT (Rai Tre), ha dimostrato durante le numerose indagini che non vi è alcuna cernita. Animali malati, sofferenti o già morti caricati ugualmente sui camion, stipati e schiacciati in modo osceno, pronti a trasformarsi in “deliziose” pietanze. Ecco cosa mangiamo. Non lo dico io, non lo dice Giulia: lo dicono ore ed ore di appostamenti, foto, video, faticosamente raccolti all’interno della filiera italiana ed estera. Lo dice un film inchiesta che sta girando le sale cinematografiche di tutta Europa. Insomma, non fidatevi delle etichette in cui mucche e pecorelle sorridenti pascolano serenamente sui prati!

PROBLEMA AMBIENTALE

Va da sé che, se ci preoccupiamo ed occupiamo della nostra salute, dovremmo interessarci di pari passo anche della Terra, del pianeta che ha la sfortuna di ospitarci e sul quale vorremmo veder vivere in pace e prosperità i nostri figli, nipoti e pronipoti.

Vi siete mai chiesti se l’industria zootecnica possa essere parte del problema? Se sia tra i responsabili dei devastanti disastri ambientali che restano (mediaticamente) sommersi?

Qualche dato.

La produzione di carne industriale è la principale causa della deforestazione a livello globale. In Brasile, le aziende appiccano deliberatamente incendi per liberare spazio da destinare all’allevamento dei bovini e alla coltivazione dei mangimi, come la soia. La foresta pluviale amazzonica è perciò tra le vittime “preferite”. Sarebbe utile ricordare a questi colossi economici e a noi consumatori -che li finanziamo- quanto le foreste siano potenziali bombe a orologeria, poiché serbatoi di anidride carbonica: se distrutte, miliardi di tonnellate di CO2 si liberano nell’atmosfera, accelerando il riscaldamento globale. Alberi che sono alleati essenziali per assorbire il carbonio da quella stessa atmosfera: continuando ad abbatterli a questi ritmi (nonostante l’informazione), stiamo rinunciando a sopravvivere. Letteralmente!

Disboscando le foreste, distruggendo gli habitat naturali e utilizzando pesticidi tossici per coltivare i mangimi, l’industria della carne sta contribuendo all’estinzione di migliaia di specie. La rapida perdita di biodiversità, in gran parte causata dall’agricoltura industriale, potrebbe essere una minaccia per la nostra esistenza tanto quanto il cambiamento climatico. Ricordiamolo: ogni essere vivente è interconnesso; l’equilibrio della vita e del pianeta coincidono.

La distruzione delle foreste allo scopo di riconvertirle in terreni agricoli e pascoli è anche una delle principali cause di nuove malattie infettive. Il rischio è particolarmente elevato negli allevamenti intensivi, dove migliaia di animali geneticamente simili e confinati in spazi ristretti favoriscono la rapida diffusione e mutazione dei patogeni. Questo aumenta la probabilità che malattie si adattino all’uomo e si diffondano, com’è successo con il Covid-19.

Oltre un quarto dell’intera superficie terrestre mondiale è utilizzata per far pascolare animali o coltivare mangimi, sottraendo spazio che potrebbe essere usato per colture destinate alle persone. Se tutti noi adottassimo una dieta a base vegetale, avremmo bisogno del 75% in meno di terreni agricoli rispetto a quelli usati oggi. Si tratta di un’area equivalente a quella di Cina, Europa, Australia e Stati Uniti messi insieme!

Un piccolo spazio vorrei dedicarlo alle obiezioni più comuni; credo sia fondamentale aver risposta ai propri dubbi, per superarli.

Esistono i formaggi vegetali”? Sì e sono buonissimi! Semplicemente, al posto della base vaccina, si utilizzano latte di anacardi, di mandorla e di cocco. E sì, filano! Provare per credere. Si trovano facilmente sia nei punti vendita specializzati sia nei supermercati.

Dove prendete le proteine”? Vi stupirà scoprire che i cibi vegetali sono ricchissimi in proteine. Qualche esempio? Soia (in ogni sua variante): 36,9 g ogni 100 g (manzo: 26 g) – Fave: 27 g ogni 100 g (come il pollo) – Tofu: 13 g ogni 100 g (come le uova), bevanda di soia: 3,3 g per 100 ml (come il latte vaccino), lievito alimentare: 50 g ogni 100 g (grana: 38 g).

Non si rischiano carenze”? Assolutamente NO, soprattutto se ci si affida a un nutrizionista (almeno agli inizi) e si approfondisce il valore nutrizionale del cibo. Ho imparato moltissimo in questi ultimi due anni; quanti alimenti sottovalutavo! Un altro esempio? Tra le migliori fonti di ferro si annoverano: erbe aromatiche (già!), semi di sesamo (la famosa salsa tahin), semi di chia, fiocchi di avena, radicchio verde, soia, fagioli borlotti e albicocche disidratate. Insomma, come avrete notato, non è necessario alcun derivato animale per procurarselo. Unica e sola eccezione la vitamina B12, non presente nei vegetali, che può essere comodamente integrata.

L’agricoltura intensiva è sostenibile”. Anche stavolta, lasciamo siano i dati a parlare; abbiamo già citato gli immensi spazi agricoli destinati alla produzione dei mangimi, a scapito delle coltivazioni per gli esseri umani. Oltre a ciò, sapreste quantificare quanti litri d’acqua servono per produrre un solo Kg di carne? 730. A un Kg di piselli ne servono 20. E quanta CO2 libera un Kg di carne? 126. Un Kg di piselli, soltanto 3.

Potremmo andare avanti per ore…

Le ricette vegane sono difficili”. Falso, falso e ancora falso. In realtà, con ingredienti economici e nutrienti si possono creare piatti deliziosi e veloci. L’unico limite è la nostra fantasia. Basterebbe rivoluzionare un po’ la lista della spesa, includendo alimenti meno noti o che forse non abbiamo mai sperimentato, basandoci sulla tradizione culinaria trasmessa dalla famiglia (cosa normalissima). Ecco quattro profili da cui prendo regolarmente spunto su Instagram. Vi incoraggio a curiosare tra le ricette!

@joysonfire
@giuliapisco
@nutrirsi_di_emozioni
@ladispensavegana

Concludo questo lungo e sentito articolo (grazie di aver letto fin qui!) includendo un po’ di sano gossip, per chiudere in bellezza l’argomento. Il tocco patinato che rende tutto più leggero! Di seguito, ecco a voi la lista dei vegani più famosi al mondo – alcuni, non li immaginereste mai: Joaquin Phoenix, Michelle Pfeiffer, Anne Hathaway, Jared Leto, Natalie Portman, Jessica Chastain, Pamela Anderson, Zac Efron, Tobey Maguire, James Cromwell, Alicia Silverstone (attori di Hollywood), Prince, Paul McCartney, Anna Oxa, Red Canzian, Moby (musicisti), Red Ronnie, Paola Maugeri (giornalisti), Carl Lewis, Mike Tyson, Lewis Hamilton, Davide Rebellin, Serena e Venus Williams, Novak Djokovic (sportivi), Julia Butterfly Hill (attivista: ve la ricordate? ne abbiamo parlato qualche articolo fa), Umberto Veronesi (medico), Margherita Hack (scienziata), Moni Ovadia (scrittore). E ancora: Pitagora, Leonardo da Vinci, Lev Tolstoi e Gandhi (per loro non credo servano presentazioni).

I dati oggettivi hanno una pessima abitudine: dimostrare. E oggi ne abbiamo riportati in abbondanza. Spero vivamente di aver accelerato, miei cari lettori, la spinta a porsi qualche domanda extra, a mettere in dubbio e apportare modifiche (piccole o grandi) al proprio modus vivendi.

Mahatma Gandhi una volta disse: "Grandezza e progresso morale di una nazione si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali". Ne siamo convinti? Soprattutto, data la mole di informazioni ormai disponibile, ne siamo coscienti? Debelliamolo insieme, questo male. Si chiama antropocentrismo: la malattia dell’uomo-re, convinto di essere circondato da sudditi, da “cose viventi” destinate a soddisfare ogni suo desiderio.

 

La poesia di oggi è affidata alla penna di Angela Donna: torinese, da più di trent’anni legge e scrive poesia, con attenzione particolare alla produzione femminile. Ha ottenuto riconoscimenti in concorsi letterari ed ha all’attivo pubblicazioni di poesia e narrativa. Ama tutti gli animali e fa parte del gruppo internazionale ARTISTS UNITED FOR ANIMALS.

CONTRO NATURA

Fuori dal mercato

è primavera

la vita esplode

nonostante noi


Dentro al mercato

giace arrotolata

su un piatto

una lingua di puledro


Questo verso, in particolare:

nonostante noi

E se - per una volta - sottraessimo invece che aggiungere? La nostra presenza, ad esempio. La nostra ingordigia.

Pensateci su.

Alla prossima

BIBLIOGRAFIA:
Capitalismo carnivoro – Grazioli Francesca
Se niente importa – Jonathan Safran Foer
La salute è servita – Goggi Silvia
La fabbrica della carne – Campanari Ilaria
Cose vive – Hachemi Munir
Liberazione animale – Singer Peter
Il maiale non fa la rivoluzione – Caffo Leonardo

FILMOGRAFIA:
Earthlings – Monson Shaun
The Cove – Psihoyos Louie
Cowspiracy – Andersen Kip

SITOGRAFIA:
https://ilpunto.it/scienza-e-politica/allevamenti-intensivi-impatto-negativo-sulla-salute/
https://civitas-schola.it/2023/08/18/allevamenti-intensivi-e-il-clima-del-pianeta/
https://www.greenpeace.org/italy/storia/25408/impatto-ambientale-carne/
https://animalequality.it/blog/come-inquinano-gli-allevamenti-intensivi/
https://www.wwf.it/pandanews/clima/allevamenti-nemici-del-clima/
https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/meno-rischi-di-tumore-per-chi-mangia-poca-o-zero-carne
https://www.who.int/news-room/questions-and-answers/item/cancer-carcinogenicity-of-the-consumption-of-red-meat-and-processed-meat
https://www.lav.it/news/aviaria-e-allevamenti-intensivi-cause-e-soluzioni

Johanna Poetessa