Ad esclusione di Citta della Salute, incontro previsto per fine mese. è terminato il confronto con tutte le aziende sanitarie regionali sul piano di assunzioni straordinarie previste dall’osservatorio. “L’Osservatorio Regionale ha fatto il suo corso ed è strumento di monitoraggio importante ma ora sono necessarie azioni e strumenti nuovi, anche in considerazione dell’analisi dei risultati raggiunti e delle criticità evidenziate”, sottolinea il Nursind Piemonte.
Mancano 6000 infermieri in Piemonte per far fronte alle carenze negli ospedali pubblici e nelle rsa tenuto anche conto del fabbisogno necessario per aprire le case e gli ospedali di comunità che entro il 31.12.2026 dovrebbero entrare in funzione. Dai dati dell’osservatorio regionale si evince come non avere centrato l’obbiettivo sulle assunzioni previste da quelle che erano le sole risorse economiche messe a disposizione e non certo volto a soddisfare il reale fabbisogno, sia stato determinante il dato sugli infermieri. Delle 1500 unità che dovevano essere assunti extra turn over al 31.12.2024 e ancora oggi al 31.03.2025, nel comparto sanità ne sono stati assunti poco più di 1100, considerate anche l’assunzione di profili di tipo amministrativo che non erano previsti dagli accordi, no con queste risorse.
A mancare all’appello dall’obbiettivo dell’osservatorio sono i 400 infermieri. "Una goccia nel mare rispetto alle migliaia mancanti. Sono oltretutto diverse le aziende che non hanno neanche soddisfatto il turn over per questa figura. Un dato che non può che peggiorare se guardiamo alla curva pensionistica dei prossimi anni. La previsione infatti è di circa 1000 uscite all’anno nella nostra regione a fronte di poco più di 6/700 neo laureati che teoricamente potrebbero entrare. Il delta è preoccupante se si tiene conto che non è per nulla scontato che tutti decidano di restare in Piemonte. Inoltre, i soli concorsi se non governati da una attenta analisi della situazione e interventi mirati serviranno certamente ad immettere le risorse fresche a disposizione ma contestualmente genereranno un continuo cambio tra aziende di infermieri già dipendenti, spesso svuotando le zone più disagiate, con grandissimo dispendio di risorse che si traducono in risultati poco efficaci", sottolinea il sindacato degli infermieri.
"Abbiamo più volte proposto alla regione nel corso degli incontri con le aziende la necessità e l’urgenza di aprire una unità di crisi, un focus specifico e dedicato per affrontare la situazione sulla questione infermieristica a cui andremo incontro per la valutazione di possibili azioni, sotto ogni profilo economico, tecnico e anche organizzativo. L’osservatorio regionale in materia di assunzioni straordinarie con la sola proroga al 31.12.2025 per il raggiungimento dell’obbiettivo senza mettere in campo nuovi strumenti e nuove azioni la consideriamo una esperienza chiusa dichiara Coppolella Francesco, Segretario Regionale del NurSind, il Sindacato delle professioni infermieristiche. Auspichiamo che al termine degli incontri aziendali che ci hanno dato una panoramica evidente su quale sia il tema cruciale da affrontare, si vogliano mettere in campo azioni, interventi e soluzioni che riteniamo non rinviabili. Ad oggi, oltre ad evidenziare come ci siano realtà che non hanno soddisfatto neanche il turn over, ce ne sono molte altre che non hanno centrato l’obbiettivo e di quelle che lo hanno fatto permane una instabilità evidente a trattenerle. Di quelle che invece hanno assunto figure diverse dagli infermieri, non si capisce con quale piano organizzativo messo in campo.
E ancora non vi è strumento per la verifica dell’utilizzo appropriato delle risorse extra tetti di spesa per le assunzioni relative all’applicazione del DM 77, la riforma territoriale. Se è vero che mancano migliaia di infermieri, al di la dell’obbiettivo dell’osservatorio regionale che resta di per se comunque insufficiente anche in considerazione del fatto che per gli infermieri siamo sotto del 50% dell’obbiettivo, non ci è stato indicato dalle aziende quali azioni si intendono mettere in campo per fronteggiare questa carenze e tanto meno una analisi della situazione", conclude il Nursind.
L'OPI su infermieri e professioni sanitarie
C’è chi può esercitare senza iscrizione all’Ordine, senza assicurazione e senza nemmeno dimostrare di conoscere l’italiano. E poi ci sono gli infermieri italiani, costretti a muoversi tra vincoli, proroghe a tempo e autorizzazioni spesso negate. Succede in Italia, dove il Decreto Bollette (D.L. 30 marzo 2023, n. 34) ha prorogato fino al 31 dicembre 2025 la possibilità per infermieri e ostetriche dipendenti del Servizio Sanitario Nazionale di lavorare in libera professione in deroga al vincolo di esclusività, ma ha fermato lì il passo, lasciando fuori la proroga al 2027 attesa da molti.
«Sono scelte miopi, che danneggiano i cittadini e penalizzano i professionisti che rispettano le regole – commenta Ivan Bufalo, presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Torino – mentre si continua a tollerare il ricorso a personale sanitario non regolamentato, fuori da ogni controllo ordinistico. È un sistema che non premia la qualità, ma la scorciatoia».
Nel frattempo, lo stesso decreto consente fino al 2025, poi ulteriormente prorogato a tutto il 2027, l’esercizio temporaneo della professione sanitaria a chi ha ottenuto un titolo all’estero, anche senza riconoscimento ministeriale, senza iscrizione all’albo e senza obblighi formativi o assicurativi. Una disparità che, per l’Opi Torino, rischia di creare un doppio binario tra chi lavora nel rispetto delle regole e chi ne è esentato per legge.
Bufalo mette in guardia anche da un altro rischio, meno visibile ma altrettanto concreto: quello della paralisi burocratica. «Molti colleghi ci segnalano che, pur presentando regolare richiesta, si vedono negare o ignorare le autorizzazioni da parte delle aziende sanitarie. Di fatto, la possibilità di esercitare resta sulla carta. Senza una riforma strutturale, la libera professione continuerà a essere considerata un’eccezione, non un diritto».
Per l’Ordine torinese, è il momento di affrontare il tema con visione strategica e responsabilità istituzionale: «Non si può parlare di valorizzazione degli infermieri – conclude Bufalo – se poi si negano strumenti concreti di autonomia e sviluppo professionale. La libera professione regolata è una risorsa per il sistema sanitario, non un problema da rinviare».