Torino si tiene stretta i suoi negozi. Un po’ per contrastare il rischio desertificazione, un po’ perché conviene: lo dicono i numeri dell’indagine condotta da Fimaa Torino, la sigla che raccoglie gli agenti immobiliari.
Effetto crisi, ma non solo. Negli ultimi dieci anni sono scomparsi infatti 2269 esercizi commerciali in città, ma solo nell’ultimo anno sono stati acquistati 1286 negozi, per oltre 100mila metri quadri, con una crescita percentuale trimestre dopo trimestre. Non si tratta però di un dato automaticamente positivo. “Quasi il 50% di questi diventano appartamenti”, ammonisce Franco Dall’Aglio, presidente di Fimaa Torino.
Rendimenti alle stelle
Due facce della stessa medaglia, insomma. Che vede quella più lucente scandita dai dati più eclatanti che dimostrano come i rendimenti dei locali commerciali siano particolarmente alti, in città: nelle zone del centro si registra un 6%,mentre nelle zone non centrali si arriva addirittura un 9-10%. Addirittura il 30% in più rispetto alle rendite degli appartamenti. Molto di più di quanto accade a Milano e Roma (dove però i valori dei negozi sono più alti).
Si parla di canoni medi da 2000 euro in centro, con punte di 3000, mentre nelle aree più periferiche ci si aggira sui 180 euro.
“Gli investitori infatti cercano negozi già occupati e affittati - dice Dall’Aglio -, perché vogliono la garanzia di avere una rendita sicura, prima di spendere dei soldi. L’esatto contrario rispetto a quando si seguono le compravendite degli alloggi”.
Un beneficio per i quartieri
E, di riflesso, la presenza di negozi valorizza anche le zone della città in cui sono operativi. Ne è un esempio Vanchiglia, che grazie a un solido tessuto commerciale mantiene alti anche i valori delle case, mentre strade in difficoltà come via Sacchi e via Viotti stanno vedendo soffrire anche le quotazioni al metro quadro degli appartamenti.
Allarme commercio e ricette
“La situazione del commercio è preoccupante, come confermano i dati della nati mortalità delle aziende usciti di recente - dice Maria Luisa Coppa, presidente di Ascom Torino e provincia - e a questo si aggiunge il tema della desertificazione. Stiamo impegnandoci da anni per contrastare questo fenomeno, anche grazie ai progetti dei Distretti urbani del commercio. Senza negozi mancano luci, socialità e sicurezza, lasciando spazio al degrado. E anche il turismo non può essere sviluppato, senza negozi”. “Per questo ci preoccupa il cambiamento da esercizi commerciali a bed&breakfast: si tolgono spazi che non torneranno mai più al commercio”.
I dazi non preoccupano
Il settore del mattone, tuttavia, non teme gli effetti di questo caos economico globale. “Dal 2008 e la prima crisi subprime l’andamento del mercato immobiliare segue molto di più le crisi finanziarie. Mentre sul discorso dazi, che non è direttamente correlato, non credo ci saranno effetti almeno per il prossimo anno”, conclude Dall’Aglio.