Il numero delle aziende agricole nel Torinese è stato in calo anche nel 2024. È il dato contenuto nel report annuale della Camera di Commercio di Torino che fotografa la situazione delle imprese del capoluogo e del territorio metropolitano.
L’agricoltura si conferma un settore importante per l’economia torinese rappresentando il 5,1% delle imprese ma è un settore in calo del -1,3% rispetto al 2023 e addirittura in calo del 10% negli ultimi 10 anni.
Arrivate ad essere appena 11.262 con un forte calo per gli allevamenti e le coltivazioni connesse all’allevamento.
«Continua l’emorragia di aziende agricole nel nostro territorio, un dato che segue quello nazionale dove in 10 anni si è perso il 30% delle imprese – sottolinea il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Da anni denunciamo questa tendenza. Un fenomeno che non deve preoccupare soltanto gli agricoltori ma tutta la società. Meno aziende che fanno agricoltura significa meno cibo prodotto nei nostri territori in un momento storico così incerto. Ma anche meno offerta di prodotti locali freschissimi per noi consumatori. Ma il calo delle imprese in agricoltura vuol anche dire rischio per quell’elemento primario del nostro turismo che è rappresentato dalla leva enogastronomica che coinvolge la ristorazione e che è spesso la prima motivazione della scelta di mete turistiche nelle nostre vallate e nelle nostre campagne».
Un calo delle aziende dovuto alle troppe difficoltà che gli agricoltori si trovano ad affrontare nel loro lavoro quotidiano. «Nei nostri 13 uffici sul territorio e nelle nostre 182 sezioni, nei nostri incontri territoriali, abbiamo perfettamente il polso di questa situazione preoccupante. Ma non dobbiamo essere solo noi del sindacato ad ascoltare gli agricoltori. Dovrebbero ascoltarli anche il mondo della politica e della burocrazia. Per questo abbiamo proclamato le nostre mobilitazioni pubbliche. Quasi ogni giorno ci vengono imposte nuove incombenze, nuovi ostacoli, nuovi interventi che non hanno nulla dell’investimento vero e proprio. Sono solo obblighi inutili che partono da un’idea per noi inaccettabile: non solo l’indifferenza verso l’agricoltura ma addirittura la sua criminalizzazione. Siamo additati come inquinatori, come assassini di persone che si ammalano per colpa dell’inquinamento nelle città, come nemici degli ecosistemi e degli animali, come accaparratori di fondi pubblici per difendere solo i nostri interessi egoisti, siamo accusati di opporci al progresso e alla scienza. Sono accuse che lasciano tutti i giorni esterrefatti i nostri giovani che vorrebbero rilevare l’allevamento di famiglia, che vorrebbero riprendere a coltivare cereali o frutta, che vorrebbero impiantare vigneti e orti o che vorrebbero aprire un agriturismo, una fattoria sociale, un agriasilo per offrire servizi alle comunità. Ragazzi che sono stupiti dello scollamento tra i loro sentimenti e le loro aspirazioni e le accuse che si sentono rivolgere e che troppo spesso sono interiorizzate da quella politica che ha perso il contatto con l’agricoltura».
«La chiusura delle stalle, la desertificazione delle campagne – aggiunge il direttore di Coldiretti Torino Carlo Loffreda - sarebbe una catastrofe per tutti. Dobbiamo ribadire l’eccezionalismo agricolo. Il nostro è un settore necessario e insostituibile. Per questo chiediamo che siano affrontati al più presto tutti i dossier su cui chiediamo un ascolto da tempo: dall’abolizione dell’obbligo milionario alle coperture delle platee, allo stop al consumo di suolo, alla valorizzazione dei nostri prodotti locali, alla corretta ricerca e informazione verso i cibi artificiali, agli incentivi per le produzioni energetiche, per l’agricoltura sociale e per l’insediamento dei giovani».