Sabato 29 marzo al Teatro Concordia di Venaria Reale Agostino Marangolo, Gigi De Rienzo ed Ernesto Vitolo rievocheranno la musica di Pino Daniele con la Nero a metà Experience.
Partendo dallo storico disco, i musicisti che lo hanno accompagnato nel suo percorso artistico e sono stati parte integrante del suono unico che ha caratterizzato la sua carriera, suoneranno i pezzi più iconici e non solo.
Agostino Marangolo, autore anche di colonne sonore come Suspiria e Profondo rosso, ci ha raccontato come si svolgerà questa esperienza. Perché non è solo un concerto?
“L’aver fatto quel disco in particolare e aver vissuto quel periodo è stato un privilegio. È stato un periodo intenso, incredibile averlo fatto a 25 anni. Ora c’è la voglia di riportarlo sul palco e di fare bella musica, è un’opportunità inoltre per raccontare quello che abbiamo vissuto con Pino. Il concerto è strutturato con molti racconti ed episodi, il sentire raccontare i musicisti è un fatto inusuale. Alla persone interessa quasi più che la musica. È una formula che funziona, unire a questi pezzi, il racconto, senza l’imitazione di Pino”.
Il 19 marzo Pino Daniele avrebbe compiuto 70 anni. Cosa ne penserebbe dell’evoluzione della musica e di quello che stanno proponendo oggi i giovani, per i quali spesso è un esempio?
“Ogni momento ha il suo frutto culturale, i suoi movimenti. È chiaro che gli anni ’60, ’70 e ’80 forse sono stati tra i migliori trentenni che il mondo abbia vissuto. Perché è stato fatto tutto da tutti i punti di vista. È normale che noi non fossimo stressati, facevamo le cose per il piacere di farle. Oggi il problema del denaro esiste e tutta la musica è votata su quanto mi porta e quanto guadagno. Se fossimo nati oggi, faremo le stesse cose dei giovani. Qualche giorno fa sono stato in un liceo di Bari. Nei questionari che riempivano specificando chi fosse il cantante o la cantante preferita, spesso compariva il nome di Pino Daniele, ma anche di Lucio Battisti, di Mina. I giovani non sono tutti votati al moderno, certo, molto dipende dai genitori, ma è spesso il figlio va verso quello che preferisce”.
Qual è il ricordo di Pino cui sei più legato?
“Eravamo molto amici, non solo musicalmente. Andavamo anche in vacanza insieme. Ho tanti ricordi molto belli. Il più interessante e divertente è il viaggio da Roma fino a Milano per fare proprio Nero a metà. Siamo partiti con una macchina scassata, dovevano passare da Siena per fare la foto della copertina. Doveva essere alle 17 per esaltare al meglio quel colore tipico della terra di Siena. Peccato che avesse piovuto, quindi era tutto infangata. Pino ha cominciato ovviamente a dare di matto, ma decidemmo comunque di scattare la foto che doveva essere con la chitarra a tracolla. Apre la custodia e si accorge di non avere la tracolla. All’epoca io indossavo una sciarpetta, la leghiamo alla chitarra per fare da tracolla ed è proprio quella che si vede nella copertina dell’album. Arriviamo nell’albergo in cui alloggiavamo a Milano, a un certo punto, appena prima di spegnere la luce per andare a dormire, Pino si ricorda che doveva scrivere un pezzo per Loredana Berté. Si rialza e in dieci minuti aveva tirato giù, Buongiorno anche a te. Era impressionante la facilità con cui lui scriveva. Poi Pino spesso si confidava con me. Poche volte è stato contento di sé, era sempre alla ricerca di qualcosa”.
A Torino siete stati diversi volte, come è ritornare?
“Siamo stati spesso. Io sono stato varie volte al Colosseo e per Profondo Rosso. È un città cui sono molto legato. Mi piace, mi sento più torinese che milanese".
Qual è l’eredità che lasciate alle nuove generazioni?
“Ho avuto la fortuna di fare capolavori senza sapere di averli fatti. Sono sicuro che il mio contributo con Pino, ha lasciato già qualcosa. Non cambierei niente dai miei 16 anni a oggi”.