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Attualità | 21 marzo 2025, 14:07

Una scuola online per donne afghane, la Costituzione come esempio per la Siria: Sigillo Civico per Mina Sharifi e Hassan Khorzom

La studentessa hazara ha ricevuto la nomina per il suo impegno a sostegno del diritto allo studio, mentre l'uomo siriano si occupa di inclusione sociale per i profughi come dipendente del Museo Egizio

Sigillo Civico per Mina Sharifi e Hassan Khorzom

Sigillo Civico per Mina Sharifi e Hassan Khorzom

Sono simbolo di ditti umani e civili, in fuga da un regime e da una guerra. Sono i cittadini torinesi che questa mattina hanno ricevuto il 'Sigillo civico'. Sono Hassan Khorzom e Mina Sharifi, nati in Siria e in Afghanistan.

La storia di Khorzom e Sharifi

Khorzom è cresciuto in Italia e dopo è tornato nella sua Siria, per poi vivere a Torino dal 2011, anno di scoppio della cruentissima guerra civile. Qui si occupa di progetti di inclusione sociale e della cura dell’archivio digitale del Museo Egizio e da pochi mesi ha ricevuto la cittadinanza italiana, che gli permetterà di tornare ad abbracciare i suoi genitori, rimasti in Siria, mentre i suoi figli sono riusciti a raggiungerlo a Torino.

Sharifi, invece, è una giovane afghana di etnia hazara, che nel 2021 è scappata da Herat dopo la presa del potere da parte dei taliban. Ha vissuto con le tre sorelle e un fratello prima a Genova e ora a Torino, dove frequenta il corso di laurea in Informatica all'Università di Torino e dove, con alcuni compagni di corso, ha fondato l'Associazione degli studenti Afgani per diffondere la consapevolezza sulle opportunità educative.

Ha lanciato una raccolta firme su Change, con sua sorella Marofa e tramite la Fondazione Emmanuel, dove chiede il diritto all'istruzione per le donne afghane e che ha raccolto 25 mila firme. Mina è stata a presentare la petizione anche al Consiglio d'Europa a Strasburgo, proponendo una scuola online in lingua Pashto e Dari - le due lingue più parlate in Afghanistan - accessibile in tutto il paese tramite internet.

Una grande emozione

"Per me - ha dichiarato Mina durante la cerimonia - questo momento ha un significato speciale: un ponte tra il mio passato e il futuro, tra la mia terra e questa città che mi ha accolto. Torino è diventata casa per molti afghani in diaspora, ma per molti di noi il pensiero va a chi è rimasto a casa. Essere una donna afghana oggi significa lavorare contro il silenzio, resistere col pensiero e con il cuore. Questo riconoscimento non è solo mio ma di ogni donna che sogna un libro tra le mani. Finché ci saranno voci pronte a parlare, la nostra battaglia continuerà".

"Mina ha 7 sorelle e 2 fratelli - ha raccontato Stefania Gualtieri, vicepresidente della Fondazione Emmanuel - Ad agosto 2021 riesce a uscire dal paese insieme a 5000 afghani, con 3 sorelle e un fratello, ma gli altri rimangono lì. Mina avrebbe potuto concentrarsi su sé stessa e sul benessere ritrovato ma decide di non fare silenzio sulla condizione di sofferenza delle donne in Afghanistan. Nel 2023 lancia una petizione sul diritto dello studio delle donne afghane, attraverso lo studio di informatica immagina una scuola online, inclusiva, che arrivi in ogni angolo del suo paese. La petizione ha bisogno anche del suo coraggio: la sua famiglia è ancora in Afghanistan".

"Ho vissuto la guerra in Siria - ha invece raccontato Hassan - sono stato nelle prigioni del regime dittatoriale e per miracolo sono riuscito a uscire da quell'inferno, non per salvare la mia vita ma la vita e il futuro dei miei figli. Qui non ho trovato un'associazione ma una famiglia, e ho cominciato il mio percorso. Oggi riesco a fare conoscere la mia storia per essere un esempio nel futuro di lotta. Sono riuscito ad ottenere la cittadinanza italiana, ho fatto giuramento sulla Costituzione che ho tradotto in arabo e distribuito. Mi sento un vero partigiano: in questa città continuo la mia resistenza e come l'Italia ha avuto la sua Costituzione dopo anni di lotta, la Siria dopo 50 anni ha avuto la fine del suo regime e sta provando a scrivere la sua. Vorrei portare in Siria la Costituzione italiana come esempio".

Simboli della lotta per i diritti umani

La cerimonia si è tenuta proprio nella Giornata contro il Razzismo. "Assan e Nina - ha dichiarato la vicepresidente del Consiglio Comunale Ludovica Cioria - sono due potentissime testimonianze di resistenza, lotta, difesa dei diritti umani e promozione del dialogo interculturale. Viviamo in tempi in cui le guerre si moltiplicano in tutto il mondo, in cui anche nei territori in pace si parla di riarmo. Non dobbiamo fare l'errore di pensarci altri e altro rispetto alle storie di Hassan e Nina, di riservare a noi occidentali il ruolo di salvatori e assolti". 

L'iniziativa serve anche a tenere i riflettori accesi su due paesi di cui si parla troppo poco. In Afghanistan, dopo la presa del potere nel 2021 e i proclami di apertura all'occidente, i talebani sono rapidamente tornati ad applicare i principi del fondamentalismo islamico, con stringenti limitazioni ai diritti civili soprattutto delle donne, come nel periodo tra il 1992 e il 2001. In Siria, invece, la storia è ancora in corso.

Tra Afghanistan e Siria

Il presidente ad interim Ahmed al Sharaa, capo di Hayat Tahrir al Shamche, la principale milizia che ha liberato il paese dal regime sanguinario di Bashar al Assad, ha dichiarato che il paese sarà aperto a tutti e provato a mostrare un volto moderato e riformatore. Ha garantito che la nuova Costituzione provvisoria, approvata nelle scorse settimane, darà garanzie a donne e minoranze, ma è da vedere quanto questo sarà rispettato.

Proprio a inizio marzo, infatti, il nuovo esercito siriano formato dagli ex ribelli ha ucciso numerosi civili di etnia alawita nell'ovest del paese, durante degli scontri con gruppi militari fedeli all'ex dittatore Assad.

Francesco Capuano

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