Si è svolta nella mattina di oggi, giovedì 20 marzo, sulla passeggiata di Piazza Arbarello, di recente intitolata a Marco Pannella, la presentazione del Comitato per il NO ai 4 referendum della CGIL definiti "contro il lavoro", alla presenza di Marco Taradash; Igor Boni e Silvja Manzi di Europa Radicale; Davide Neku e Franco Rubiola di italia Viva.
La dichiarazione dei partecipanti: "Nessuno si vuole occupare di questi temi perché quasi tutti pensano che non si raggiunga il quorum. Noi invece non vogliamo far cadere la politica poiché questi temi hanno visto i Radicali per vent'anni all'avanguardia sulle riforme liberali di stampo europeo sul lavoro. La CGIL non ha saputo difendere i diritti dei lavoratori negli anni passati, essendo solo il sindacato delle grandi aziende metalmeccaniche, facendo della difesa dell'articolo 18 un feticcio. L'obiettivo della CGIL con questi referendum è se stessa, è la propria visibilità, non i lavoratori. Questi sono referendum che guardano indietro di decenni e se passassero sarebbe un danno ai lavoratori e al lavoro.
Oggi se l'Italia ha la produttività più bassa di tutti i Paesi europei è anche responsabilità del sindacato. Noi poniamo la questione politica di un sindacato che avrebbe un ruolo fondamentale ma occorre non avere gli occhi sulla nuca. Dopo 10 anni dalla riforma del Jobs act - che ha recepito alcune delle proposte Radicali dei decenni passati - si può a consuntivo osservare l'aumento netto del numero dei lavoratori assunti a tempo indeterminato, un numero di lavoratori a tempo determinato che è costante e che non vi è stato alcun aumento nei licenziamenti come paventavano gli stessi che oggi promuovono i referendum.
I 4 quesiti meritano 4 NO. Il primo quesito, è un paradosso, avrebbe come effetto una riduzione dei mesi di indennizzo per i lavoratori licenziati delle grandi aziende; il secondo togliendo il tetto di indennizzo per i lavoratori licenziati delle piccole aziende lascerebbe nelle mani del giudice una scelta che potenzialmente potrebbe vedere comminati indennizzi miliardari; il terzo punta a limitare il lavoro a tempo determinato e avrebbe il solo effetto di ridurre quei contratti aumentando quelli di lavoro parasubordinato o le finte partite iva; il quarto è pura ipocrisia perché si attribuirebbe rispetto agli infortuni una responsabilità all'appaltatore quando lo stesso non ha alcuna possibilità di controllo effettivo sui lavoratori dell'azienda che ha vinto l'appalto. Il risultato sarebbe nessun miglioramento nella gravissima situazione che vede l'Italia avere un numero inaccettabile di infortuni e morti con l'aggravante di dare responsabilità a chi non la può in alcun modo esercitare. La nostra risposta è NO, NO, NO, NO".