Coldiretti Torino apprende con stupore la notizia del bando di gara lanciato dalla Città Metropolitana per la progettazione definitiva della Variante alla statale 460 tratto Front-Salassa.
«Esattamente due anni fa – ricorda il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici – Abbiamo inviato alla Città Metropolitana un documento puntuale con 26 osservazioni specifiche per cercare almeno di mitigare l’impatto sulle attività agricole. Non abbiamo mai avuto risposte. Un anno fa, proprio nel mese di marzo, avevamo chiesto a Città Metropolitana se le nostre osservazioni fossero state recepite nelle indicazioni per il bando di gara per la progettazione. Anche allora nessuna risposta. E oggi ci troviamo di fronte a questo bando per la progettazione».
Nel febbraio 2022 Coldiretti Torino aveva organizzato un corteo con 50 trattori e 200 agricoltori per dire “basta al consumo di suolo agricolo in Canavese” e chiedere una modifica del tracciato ipotizzato dai tecnici della Provincia di Torino 30 anni fa e che ancora oggi rimane l’unica ipotesi progettuale su cui si basa il bando lanciato da Città Metropolitana.
«Continuiamo ad essere contrari a questo tracciato che copre di cemento e asfalto campi fertili impattando in modo gravissimo sull’economia agricola dell’Ovest Canavese. Siamo pronti a una nuova mobilitazione per la salvaguardia della nostra agricoltura. Vogliamo anche garanzie sulle opere di mitigazione ambientale ed economica. Stiamo parlando di opere idrauliche per evitare allagamenti dei campi dalle piene del Malone che si troverà con l’alveo modificato dalla nuova arteria; di adeguamento della viabilità rurale sconvolta dal progetto; di ridisegno delle opere di scolo e di adduzione delle acque; garanzie che non verranno sottratti altri terreni all’agricoltura con opere di naturalizzazione improduttiva».
Rimangono da discutere anche gli indennizzi. «Abbiamo chiesto di inaugurare un nuovo metodo per gli indennizzi da esproprio. Vogliamo che sia riconosciuto il valore della produzione di cibo persa con la cementificazione e non solo il valore catastale dei terreni. Vogliamo questo cambio di rotta da intendere come un segnale forte che aiuti a prendere coscienza di casa va perduto per sempre quando si decide di consumare suolo agricolo».
Mecca Cici conclude. «Rimane il rammarico di non vedere quel sostegno che l’agricoltura merita per ragioni economiche, sociali e ambientali. Ricordiamo che le famiglie degli agricoltori rappresentano la base sociale delle comunità locali. Gli agricoltori abitano da sempre i territori, appunto “rurali”, e le aree interne, e vogliono continuare a viverci. Le attività agricole sono storiche e hanno radici profonde. Altri settori economici vanno e vengono. L’agricoltore resta sempre. Continuare a calpestare l’agricoltura significa minare le basi sociali delle nostre comunità. Dobbiamo difendere in tutte le sedi “l’eccezionalismo agricolo”. Produrre cibo non è un’attività come le altre, è un servizio, un servizio verso tutti».