Ristoranti & C. Torino | 12 marzo 2025, 09:45

La Limonaia: quando la ricerca estrema dell’equilibrio rischia di penalizzare una cucina inappuntabile

Negli spazi rimodulati di una sala nella quale eleganza e originalità si intersecano piacevolmente, ad essere proposta è una cucina impeccabile, legata a materie prime indiscutibilmente eccellenti. Eppure la ricerca estrema di equilibrio sembra togliere ai piatti la loro essenzialità autentica

La Limonaia: quando la ricerca dell’equilibrio rischia di penalizzare la cucina

La Limonaia: quando la ricerca dell’equilibrio rischia di penalizzare la cucina

C’è chi ne parla, tra coloro che sono addentro alle segrete cose dell’enogastronomia torinese, come di un ristorante in odore di stella Michelin. E, per quanto la prospettiva della “Rossa” sul mondo della ristorazione sia molto lontana dalla mia, non ne sarei poi così stupito.

Quella che Cesare Grandi propone è infatti indubbiamente un’esperienza di fine dining in un contesto elegante e raffinato: materia prima di qualità, cucina eseguita in modo impeccabile, impiattamento accurato, ambiente raffinato. Tutte carte in regola, presumo, per poter giocare una buona partita nel magico mondo degli stellati. E tuttavia questa indubbia inappuntabilità sul piano della cucina un dubbio me l’ha lasciato… 

Se a nuocere i piatti è l’eccesso di equilibrio 

Avendo una certa familiarità coi libri, per passione e per mestiere, cenare mangiando su un tavolo sotto il cui piano di vetro a fare capolino erano proprio loro, ha dato alla mia cena un incipit decisamente positivo. Eppure, via via che i piatti arrivavano, a prender forma è stata una percezione strana, dapprima appena accennata, ma ben presto destinata a consolidarsi.

L’estrema ricerca di equilibrio tra i sapori cioè, pur perseguita dallo chef in modo inappuntabile, finisce a mio avviso col togliere forza ai piatti: indiscutibilmente buoni, ma ai quali a risultare in qualche modo sottratta sembra essere l’essenza stessa della materia prima che li costituisce. Così, dopo aver apprezzato l’intrigante essenzialità (questa si!) degli amuse-bouche, capaci di raggiungere una punta di esplosività nei singolari “frutti” di un olivo bonsai, passo alle portate vere e proprie: un corretto Topinambur ed una fresca Tiepida di mare; dei Tortelli di zucca in cui quest’ultima è un po’ oscurata dal mandarino; un troppo trattenuto, a mio avviso, l’Agnello di Sancto Lucio de Coumboscuro cucinato sui carboni e un Collare di pescato in cui il profumo del mare rimane troppo sullo sfondo. Poi, passando ai dessert, decisamente più scenico all’impiattamento che al palato L’uovo e forse da ripensare il Coumboscuro-Brest, nel quale ho sinceramente faticato a ritrovare il sentore della castagna.  

Un’ottima carta dei vini… e qualche attesa di troppo

Dell’ambiente raffinato e accogliente abbiamo già detto. Lo stesso vale per il servizio, ad un tempo professionale e sorridente. Un punto degno di nota è poi la carta dei vini: ampia, ben organizzata e con un ricarico più che onesto, tenuto conto di quanto spesso accade nel mondo dell’alta cucina. Anche sul piano dell’organizzazione complessiva c’è tuttavia un però: perché far trascorrere oltre venti minuti d’orologio tra i primi e i secondi?

Cosa che stupisce particolarmente in un ristorante dove invece il cambio dell’acqua e del pane, ad esempio, avviene in modo puntuale e tempestivo. Detto ciò, di martedì sera e nonostante i prezzi in linea con l’alta proposta di cucina, il locale era pieno. Probabilmente dunque, o sono io a sbagliarmi o forse il troppo equilibrio non è il mio forte. 

Tipologia locale: ristorante  

Indirizzo: Via Mario Ponzio, 10 – Torino 

Sito web: www.lalimonaia.org  

Prezzo: antipasti (26-27€), primi (24-30€), secondi (28-30€), dolci (16€), coperto (5€). Menu degustazione (95€). 

Ultima visita (cena): febbraio 2025 

Sensazioni al volo: Locale accogliente, servizio efficiente, alcune tempistiche da rivedere, cucina decisamente valida seppur caratterizzata da una ricerca di equilibrio che rischia di far perdere ai piatti quell’intensità di sapore che ci si aspetterebbe. In ogni caso, da provare.

Piergiuseppe Bernardi

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