A preoccupare Kiev oggi non è soltanto il problema demografico, che si vedrà in tutta la sua drammaticità solo fra qualche anno, ma soprattutto quello della mancanza di uomini da mandare al fronte. Come riferisce il sito Strumenti Politici, di tutti coloro che hanno la chance di recarsi all’estero, molti non tornano indietro. Rimangono invece in Paesi nei quali potranno evitare la mobilitazione e la chiamata alle armi. Lo scorso anno almeno in cinquecento hanno approfittato di un viaggio di lavoro accordato dal Ministero della Cultura e sono dunque rimasti fuori dall’Ucraina. Il governo ha così provveduto a sospendere tutti i permessi in via di attuazione e a far ripetere la procedura a chi era in attesa della partenza. La necessità di una licenza ministeriale deriva dalla legge marziale, che impone ai maschi dai 18 ai 60 anni di rimanere in patria a disposizione delle Forze armate. L’età minima per andare al fronte oggi è 25 anni, ma alcuni partner occidentali di Kiev spingono per farla abbassare a 18.
La nuova misura è entrata in vigore proprio a inizio marzo e riguarda in particolare i giornalisti, gli operatori del mondo dello spettacolo o dello sport e in generale quelli che partecipano alle cosiddette missioni culturali. Adesso chi è rimasto all’estero potrebbe avere guai di natura penale. Rientreranno fra i sospettati anche i funzionari che hanno messo la firma sulle lettere di permesso. Il governo spiega che si tratta di una misura temporanea, ma la sensazione è che durerà fintanto che non sarà firmato il cessate-il-fuoco. Finché gli eserciti si daranno battaglia, gli ucraini saranno quindi soggetti all’eventuale chiamata alle armi.