Un Occhio sul Mondo - 08 marzo 2025, 09:00

'Con l'articolo 5 non si scherza'

Il punto di vista di Marcello Bellacicco

Penso che sicuramente sarebbe molto più efficace. È una cosa diversa dall’ingresso nella Nato, però” significa estendere la stessa copertura che hanno i Paesi NATO anche all’Ucraina. Credo che quella sarebbe una garanzia di sicurezza stabile, duratura, effettiva, più di alcune delle proposte che sto vedendo, per cui è sicuramente una delle proposte che mettiamo sul tavolo”. Queste sono le esatte parole pronunciate, con piglio sicuro e convinto, dalla Premier Giorgia Meloni pochi giorni fa, a margine del Consiglio Straordinario dell'Unione Europea, per l'approvazione del Piano “Rearm Europe”, presentato dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Il primo immediato commento potrebbe essere che c'é da augurarsi che la Presidente del Consiglio sia perfettamente consapevole di quanto ha affermato, perché le sue frasi contengono un concetto dal peso specifico immenso, che presuppone delle potenziali conseguenze assolutamente estreme. Un augurio che potrebbe sembrare offensivo ma che, con i tempi che corrono, sorge spontaneo, visto che la caratura della leadership politica europea non sembra essere all'altezza della complessità dell'attuale situazione internazionale.

Ma oltre a questo, ancor di più deve essere considerato ciò che la Meloni vorrebbe estendere anche all'Ucraina, niente meno che la validità del famosissimo Articolo 5 del Trattato della NATO, che praticamente costituisce la stessa ragione d'essere dell'Alleanza Nord Atlantica.

Se si tiene conto che la NATO è un'organizzazione internazionale politico-militare con finalità esclusivamente difensive, per Kiev poter contare sulla copertura del suo “ombrello” sarebbe come vincere un terno al lotto senza manco giocare un numero. E infatti, poche ore dopo le dichiarazioni meloniane, al Ministero degli Esteri ucraino non é parso vero rilanciare una dichiarazione di assoluto gradimento “accogliamo con favore questa dichiarazione come parte della discussione sulla fornitura all'Ucraina di garanzie a lungo termine” confermando di essere “in contatto con i colleghi italiani per chiarirne i dettagli”.

E' bene quindi ricordare cosa sancisce l'art. 5 “Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'ari. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente, individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale”. In pratica, é l'articolo che, senza se e senza ma, vincola i Paesi membri dell'Alleanza ad intervenire in caso uno o più di essi sia attaccato.

Pertanto, è opportuno e giusto che gli Italiani siano consapevoli che la via che intenderebbe intraprendere la loro Premier li porterebbe a legarsi indissolubilmente ai destini dell'Ucraina che, è necessario sottolinearlo, è ben lungi da essere una democrazia di stampo occidentale, visto che non ha ancora raggiunto quegli standard previsti per l'ammissione nella NATO che, a questo punto, potrebbe anche essere procrastinata a tempo indeterminato, perché Kiev godrebbe già del massimo beneficio che l'Alleanza atlantica prevede.

Indubbiamente, con questa posizione, che definire forte è un eufemismo, l'Italia non solo si mette al passo delle Nazioni europee più determinate verso l'Ucraina (soprattutto UK e Francia), ma addirittura rilancia, perché la “copertura” dell'Articolo 5, anche senza l'appartenenza alla NATO, costituirebbe per l'Ucraina la soluzione più conveniente in tutti i sensi, anche quello finanziario.

Per correttezza di analisi, bisogna evidenziare che questo articolo non presuppone automaticamente il ricorso alla forza, perché lascia libero ogni Paese membro di intraprendere "le azioni che ritiene necessarie", per cui una guerra dell'Ucraina non significherebbe una guerra per l'Italia, ma sicuramente il suo coinvolgimento quanto meno in termini diplomatici, finanziari e logistici.

Pertanto, quello che vuole mettere in gioco la Meloni è un automatismo che attualmente non c'é, ma che non le ha impedito di impegnarsi con i circa tre miliardi di euro che, sinora, Roma ha dato a Kiev per il suo conflitto, in merito ai quali sarebbe interessante sapere cosa veramente ne pensano gli Italiani, che sono coloro che realmente stanno pagando per l'attuale situazione.

E questo automatismo dell'Italia con l'Ucraina, andrebbe a cortocircuitare le dichiarazioni del Ministro degli Esteri Tajani che, esattamente un anno fa, si affannava a bollare come “non giuridicamente vincolante” l'accordo decennale che lui e la Premier Meloni hanno fatto con l'Ucraina, impegnando seriamente la Nazione (vedasi Articolo “Cosa abbiamo promesso all'Ucraina”). Vale la pena ricordare che il Governo italiano, nel marzo scorso, ha sottoscritto che “L’Italia continuerà a sostenere l’Ucraina nei suoi sforzi per difendersi finché sarà necessario” e a “fornire assistenza all’Ucraina nel mantenere la sua difesa di elevato livello e la sua superiorità militare”. E ancora “Nel caso di un futuro attacco armato da parte della Russia all’Ucraina”,i due Governi “si consulteranno entro 24 ore per definire le misure necessarie per contrastare o contenere l’aggressione”.

Tutto questo, a nome del popolo italiano, tra l'altro, senza prevedere un necessario ed opportuno “passaggio parlamentare” che, a maggior ragione, sarebbe obbligatorio ora, che si intende addirittura proporre l'estensione dell'Articolo 5 della NATO.

Peraltro, al di là degli aspetti nazionali, questo intendimento della Meloni potrebbe rivelarsi una irrealizzabile velleità in quanto, in ambito Alleanza, una decisione del genere dovrebbe essere comunque assunta all'unanimità da tutti i Paesi membri, compresi gli USA del Presidente Trump che, al momento, non sembra proprio essere disponibile a sostenere un impegno del genere.

Una situazione che, probabilmente, la Premier italiana ed il suo entourage avevano messo in conto, visto che il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Giovanbattista Fazzolari, “pretoriano” della Meloni e, guarda caso, insignito nel 2023 dall'Ucraina dell'”Ordine di Jaroslav il Saggio” (un Ordine cavalleresco istituito nel 1995), solo un paio di settimane fa ha ammesso che l'estensione dell'Articolo 5 a Kiev necessiterebbe di un'improbabile modifica dello stesso Trattato della NATO. E per ovviare a tale inconveniente non da poco, Fazzolari ha prospettato l'ipotesi di ricorrere ad un'intesa tra l'Ucraina ed i singoli Paesi NATO, precisando che non dovrebbero essere necessariamente tutti.

Una precisazione praticamente obbligata, perchè é pressoché garantito che gli Stati Uniti non sarebbero tra i firmatari ed è tutto da verificare quali potrebbero essere i Membri dell'Alleanza disponibili a farlo. Probabilmente, potrebbero aderire gran parte degli Stati europei, tra cui Francia e UK, mentre la Turchia, che per entità delle Forze Armate è seconda solo agli USA (più di un milione di uomini), difficilmente si vincolerebbe all'Ucraina in questa maniera.

Pertanto, ammesso e non concesso che estendere a Kiev l'Articolo 5 sia una buona idea, le forze militari disponibili sarebbero sostanzialmente europee, con ampi gap di capacità strategiche dovuti all'assenza americana.

C'é da presumere che la Meloni sia consapevole di tutto questo, per cui appare strana la sua riluttanza ad accettare invece la prospettiva, tuttora all'esame della UE, di prevedere una Forza di pace dell'Unione Europea, da inviare in Ucraina in caso di un accordo per il cessate il fuoco.

In definitiva, il Governo italiano manderebbe in Ucraina i propri soldati “sotto Articolo 5”, mentre non li manderebbe con una Forza di Pace, magari sotto egida ONU. Una strana posizione, perché nel primo caso le probabilità di combattimento sarebbe elevate, mentre nel secondo no.

Marcello Bellacicco