Visitare il Salone del vino nella nuova location delle Ogr, specie quando qui un mese fa trovavano posto i banchetti di Grandi Langhe, fa una certa impressione. Le differenze sono evidenti: il numero di produttori, per tipologia dei visitatori, la dimensione delle aziende presenti.
Nonostante questo, la terza edizione del Salone, aperto nei giorni di sabato e domenica al grande pubblico laddove invece Grandi Langhe era esclusivamente riservata agli operatori, ha saputo offrire a chi lo ha visitato l’opportunità di scoprire aziende che, dietro le loro dimensioni generalmente più piccole, hanno mostrato di saper creare produzioni non solo di qualità, ma anche in grado di stupire. Ed è forse questa la ragione di una crescita considerevole del numero dei visitatori che, solo nei primi due giorni, ha superato le 9.000 unità, mentre è stata di circa 4.000 persone l’entità del pubblico dei professionisti legati al mondo del vino, cui è stata riservata la giornata di lunedì.
Piccolo è bello… e buono
Il mio giro tra i banchetti del Salone del Vino non è stato per nulla infruttuoso. Ovviamente scegliere tra 500 cantine non era facile. Già di prima mattina però il mio WhatsApp ha cominciato a riempirsi di indicazioni di amici e colleghi che mi inviavano i loro suggerimenti. In qualche caso li ho seguiti, in altri disattesi del tutto lasciandomi invece guidare dalle sensazioni del momento. E le scoperte non sono mancate. Intanto da due piccoli produttori “vicini di casa” che, mi hanno fatto assaggiare due vini notevoli, entrambi provenienti da un’areale poco sopra Caluso: l’Erbaluce di Caluso DOCG Lusenta di Marcorossa, davvero capace di stupire al palato per le sue note ad un tempo agrumate e minerali; e il Laurus, vino rosato ottenuto da un blend di uve a bacca rossa di Matteo Condio, la cui bevuta immediatamente delicata lascia però un retrogusto potentemente persistente. E, per restare ancora nel torinese, ho apprezzato la piacevole nota di tannino morbido della Bonarda DOC Bric, prodotta dall’omonima cascina a Moncucco Torinese.
I nebbioli del nord
La zona vitivinicola prossima ai laghi Maggiore e d’Orta da qualche d’anno mi incuriosisce sempre più, forse perché i nebbioli di quell’area assumono tonalità meno rotonde, e ultimamente anche meno “piacione” di alcuni loro cugini langaroli. Per questo, aggirandomi tra i banchetti, ho deciso di assaggiare due vini della Cascina Torraccia del Piantavigna di Ghemme: un Gattinara DOCG dal sapore asciutto ed armonico, seppur destinato a lasciare in bocca un piacevole retrogusto amarognolo, e un Ghemme DOCG capace di mantenere anche al palato le promesse fatte al naso. Divertente invece, ma al contempo ricca di contenuti, la presentazione dei vini dell’azienda Le Piane di Boca: di facile e “allegra” beva il Mimmo, pensato da bere a tutto pasto. Potente ed elegante invece il Boca DOC, capace di intrecciare nel palato sapori piacevolmente contrastanti, destinati a dissolversi in una persistenza amarognola, tipica del dolcetto di queste zone.
Interessanti declinazioni del vino… in rosa
Alcuni anni fa mi sono ritrovato a una degustazione di Dolcetto di Ovada DOC e il ricordo che mi portavo in mente era quello di un vino non senza potenzialità, ma tuttavia ancora inespresse, forse anche a causa di un tessuto vitivinicolo incapace di credere davvero in sé stesso. Vincendo così una certa diffidenza, restatami attaccata alla pelle a seguito di quell’assaggio di etichette di diversi produttori di Nebbiolo di quella zona, mi avvicino al banchetto di Cascina Canva, incuriosito dal fatto che a gestire l’azienda fosse una donna: Silvia Rizzo. Chissà che l’imprinting dato a questo dolcetto del Sud Piemonte da una donna non risulti in grado di farmi cambiare idea su questo vino. L’assaggio del Dolcetto di questa azienda al femminile mi stupisce piacevolmente: la vinosità tipica del Dolcetto lascia finalmente emergere profumi di fiori rossi capaci di trasformarsi al palato in una morbidezza sapida la cui persistenza sfuma nel mandorlato. La conferma che anche questo dolcetto, in questa declinazione femminile, sta camminando a passo veloce.
Se ad affiorare nei giudizi è il chiaroscuro
Nel girare tra una sala e l’altra delle OGR, assaggiando i vini che vi ho raccontato e dimenticandomi di segnarmi le annate (sic!), ho anche avuto modo di raccogliere qualche giudizio di aziende e di visitatori che hanno partecipato alla manifestazione. Così se Antonella di Bergamo – aspirante sommelier con la quale abbiamo commentato l’interessante Passito di Caluso di Marcorossa – mi faceva notare la difficoltà a trovare i diversi banchetti non identificati da un numero specifico ma solo da un foglio di carta sul quale era stampato il nome dell’azienda, qualche produttore rimarcava la problematicità della data scelta per la manifestazione: la coincidenza di due eventi, Salone del Vino e Cioccolatò, dislocati a una distanza non indifferente, non avrebbe favorito una partecipazione del pubblico; al pari della scelta di un weekend lungo che, complici anche le vacanze scolastiche di Carnevale, avrebbe ulteriormente peggiorato la situazione. Quasi tutti però hanno sottolineato come l’evento, da considerarsi complessivamente positivo, sia da ripetersi. Magari con qualche aggiustamento e qualche scelta più oculata.