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Attualità | 28 febbraio 2025, 13:07

Don Comba: il ‘vulcano buono’ tanto in chiesa quanto sul campo da calcio

Originario di Villar Perosa e parroco del paese dal 2012 al 2018. Tanti lo ricordano per le sue prodezze come giocatore e per la sua abilità di allenatore

Don Roberto Comba

Don Roberto Comba

Due vescovi, le associazioni del paese con i loro labari, generazioni di amanti il calcio e soprattutto tanti concittadini hanno riempito la chiesa di Sant’Aniceto a Villar Perosa per dare l’ultimo saluto a don Comba. Parroco del paese dal 2012 al 2018, nella vita che ha preceduto la decisione di prendere voti è stato però ‘Roby’ il calciatore e il giocatore che non amava farsi chiamare ‘Mister’. “Un vulcano buono” così appariva in parrocchia e sul campo, Roberto Comba è scomparso sabato 22 febbraio in casa di riposo dove risiedeva da un po’ di tempo. Aveva 82 anni e mercoledì 26 febbraio, al suo funerale, erano presenti il vescovo Derio Olivero e il vescovo emerito Pier Giorgio Debernardi.

“Un vulcano! Ma nel senso buono del termine” così lo ricorda Cristina Zanon di Cuore Aperto, associazione di cui è stato presidente come successore di don Franco Gallea. “Il suo era un carattere particolarissimo: molto generoso aveva però anche un piglio deciso. Con il suo atteggiamento ha spinto molti di noi a metterci in gioco e ha lavorato molto per l’oratorio” aggiunge.

Prima di prendere i voti Comba ebbe una biografia simile a molti dei sui concittadini: lavorò all’Skf, fu padre e marito. Proprio alla scomparsa della moglie si avvicinò al ministero del culto. “Io lo conobbi però prima: sul campo da calcio, ma concordo con la definizione di ‘vulcano buono’. Aveva molta energia e sono tanti gli aneddoti che lo dimostrano e che lui raccontava con il sorriso. Come quando durante una partita candendo a terra morse dalla frustrazione la scarpa dell’avversario: non voleva certo fargli del male, altrimenti avrebbe affondato i denti sulla caviglia, ma così si era manifestata la sua grinta” racconta Giorgio Perrone. Comba era stato giocatore del Pinerolo prima di diventare allenatore: “Allenò anche me e ammiravo come sapesse intuire nei ragazzi le potenzialità che altri non vedevano. E ti aiutava a prenderne consapevolezza”. Nel 1980 accompagnò i ragazzi della squadra che allora si chiamava come lo sponsor – Skf – a vincere il campionato: “Ci sapeva dare una carica incredibile ma diventava anche un ‘papà’ in caso di sconfitta: consolava e spronava a considerare la delusione non come ‘la fine’ ma come l’inizio di un nuovo ciclo”. In tanti nello spogliatoio, prima della partita, hanno atteso un suo ‘Tè, ciapa lì!’, frase con cui Comba accompagnava il lancio delle magliette ben piegate con il numero dall’1 all’11 in vista sul tavolo attorno a cui faceva radunare i giocatori. “Il lancio delle magliette era diventato ormai un rito per noi e per ‘Roby’ – ricorda Perrone -. Così infatti amava farsi chiamare anziché con il più formale ‘Mister’ e così tanti di noi l’anno salutato sui social quando abbiamo ricevuto la notizia della sua morte: ‘Ciao Roby!’”.

Una testimonianza commossa, dopo i funerali, arriva anche dalla Chiesa Valdese di Villar Perosa, che ricorda il percorso intrapreso per far fraternizzare le due comunità religiose e descrive don Comba come “come una persona buona, generosa, sempre pronta ad aiutare le persone in difficoltà o nel dolore”.

Elisa Rollino

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