Basta affacciarsi sul Po nei dintorni di Piazza Vittorio per vedere le grosse piante verdi che a volte coprono quasi l'intera superficie. Tra le specie autoctone se ne nasconde una esotica e invasiva, l'Elodea Nuttallii, che può provocare grandi danni all'ecosistema e alla biodiversità del fiume.
Aspettando l'estate
Per adesso la situazione è sotto controllo dal 2022, anno in cui una grande asportazione della pianta ha ridotto la sua presenza sotto il livello di rischio, e a decidere se l'elodea dovrà essere rimossa nuovamente la prossima estate sarà soltanto il clima.
La principale causa della sua presenza, infatti, è la siccità primaverile ed estiva, che porta ad alte temperature e una portata ridotta del fiume: l'elodea prospera col caldo, il sole e con l'acqua ristagnante. Le primavere del 2023 e del 2024 sono state abbastanza piovose da non creare un'altra crisi come quella del 2022, ma il Comune sta continuamente monitorando la situazione insieme ad enti come l'Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l'energia e lo sviluppo economico sostenibile "ENEA", Arpa Piemonte, l'Ente Parco del Fiume Po e l'Università di Torino.
Una borsa di studio apposita
Tra le altre iniziative per tenere sotto controllo la presenza di piante acquatiche invasive, l'assessore al verde Francesco Tresso ha spiegato questa mattina in commissione ambiente che è stata attivata una borsa di studio apposita dal Dipartimento di Scienze della Vita e Biologia dei Sistemi, ed è stato creato un laboratorio per studiare eventuali utilizzi alternative della pianta, in ottica di economia circolare.
Il progetto è iniziato lo scorso anno e terminerà alla fine del 2025. "Gli obiettivi - ha spiegato l'ecologa Francesca Bona, docente e ricercatrice dell'Università di Torino e coordinatrice del progetto - sono capire se è possibile riutilizzare queste piante, che per ora sono rifiuti trattati da Amiat, ad esempio come substrato per l'energia da idrogeno, fertilizzante o biocombustibile".
La Myriophyllum acquaticum
La professoressa Maria Rita Minciardi di ENEA ha inoltre fatto alcune puntualizzazioni sull'Elodea Nuttallii, come ad esempio il fatto che sia presente nel Po per lo svuotamento di un acquario a Torino. Le dimensioni dell'infestazione, che attraversa quasi tutto il Piemonte, da Casalgrasso a Casale Monferrato, fanno escludere che si sia trattato di qualche torinese che ha gettato la pianta nel Po, come invece era accaduto nel 2016 per un'altra infestazione esotica.
Quella volta si era trattato della specie Myriophyllum acquaticum, che era presente solamente nel tratto cittadino del fiume, ed è stata completamente eradicata grazie a due anni di interventi. Il modo corretto di gestire queste infestazioni, come spiegato da Minciardi, è lo sradicamento e non il taglio, che creerebbe problemi ulteriori. Successivamente è importante iniziare a gestire lo smaltimento di ogni pianta avendo cura delle sue caratteristiche, come il tempo di essiccamento e la modalità di riproduzione. La soluzione? Potrebbe aiutare favorire lo scorrimento del fiume e l'ombreggiatura.
I cambiamenti climatici
"I cambiamenti climatici favoriscono la proliferazione di specie esotiche invasive e infestanti - ha sottolineato ancora Minciardi - Quando si verificano bisogna agire puntualmente più sulla gestione dell'habitat che delle singole specie. Qualsiasi operazione di taglio è da sconsigliare, queste specie creano tante piccole talee che fanno proliferare la popolazione. Il rilascio genera biomassa e conseguente contributo organico. È opportuno operare per avere corsi d'acqua che corrono e il più possibile e siano puliti e ombreggiati. Serve una normativa del Ministero dell'Ambiente per la gestione del rifiuto, serve diversificare in base alle varie specie e gestire la rimozione. Il rischio della proliferazione varia a seconda di specie anche dopo lo sradicamento".