Il 2024 per il commercio piemontese è stato l’anno peggiore di sempre: fra gennaio e dicembre le nuove aperture nel settore sono state 1506 contro 3579 chiusure; in pratica, per ogni negozio che ha aperto ne hanno chiuso quasi 3 (2,4 per la precisione).
A tracciare l'andamento è Confesercenti Torino che evidenzia come soltanto dieci anni fa, il rapporto fra chiusure e aperture era di 1,5. Secondo l'associazione di categoria, questa tendenza proseguisse senza inversioni, già nel 2034 il numero di nuove aperture potrebbe arrivare vicino allo zero, segnando la fine del commercio come lo conosciamo Lo certifica uno studio di Confesercenti condotto su dati camerali.
“Il fenomeno – dice Giancarlo Banchieri, presidente di Confesercenti Piemonte – non è nuovo e noi lo abbiamo ripetutamente segnalato. Ciò che colpisce è la sua accelerazione: senza interventi decisi e immediati, la desertificazione commerciale – già accentuata nei piccoli centri – si consoliderà anche nelle città più grandi, con buona pace di chi, nella politica e nelle istituzioni, continua a sottolineare, purtroppo solo a parole, l’importanza del piccolo commercio, non solo dal punto di vista economico, ma anche da quello della socialità e della sicurezza di vie e quartieri. E non dimentichiamo che, quando le grandi strutture e le piattaforme web saranno le padrone del mercato, anche la liberta di scelta dei consumatori sarà una chimera. Il rapporto chiusure- aperure del Piemonte è leggermente meno negativo del dato nazionale: 2,4 contro 2,7. Ma il fatto che alcune regioni italiane stiano addirittura peggio di noi non deve sicuramente consolarci. Diciamo da tempo che il commercio di vicinato deve diventare diventare una priorità, con un fondo dedicato sul modello europeo per l’agricoltura: ciò non solo per salvaguardare imprese e occupazione, ma per sostenere un modello di città e di abitudini di vita e di consumo che altrimenti andrebbe inevitabilmente perso".
Secondo lo studio, le maggiori difficoltà dei negozi derivano dalla ripresa troppo lenta dei consumi delle famiglie e dall’aumento della concorrenza, in un mercato dominato dalle grandi catene e dai giganti dell’online. Senza dimenticare la difficoltà di accesso al credito per le piccole imprese del settore che, anche su questo fronte, scontano difficoltà sconosciute ai grandi gruppi,