Tra le tante posizioni scomode di leader politici nel mondo, sicuramente si può inserire quella del Presidente di Panama, José Raúl Mulino il quale, dopo le rinnovate attenzioni del neo eletto Donald Trump verso il Canale, sicuramente non gode più di sonni tanto tranquilli perché, in pratica, si trova tra un'incudine costruita nel tempo, che presuppone accordi commerciali con la Cina ed un martello americano che sta prendendo la mira sulla sua testa.
Che il Canale di Panama sia uno dei principali e fondamentali passaggi delle rotte marittime del mondo è chiaramente intuitivo, visto che bastano i suoi 82 km. e 12 ore di navigazione, per collegare gli Oceani Atlantico e Pacifico, evitando la circumnavigazione del problematico Capo Horn. Tuttavia, qualche cenno della sua storia è indispensabile per comprendere meglio quanto sta avvenendo e, soprattutto, potrebbe avvenire.
L'idea di un tale passaggio risale addirittura al Re di Spagna Carlo I (1534), che però fu limitato nei suoi intenti dalle potenzialità tecniche del tempo, per cui si dovette attendere il XIX secolo per l'avvio, nel 1879, del primo concreto tentativo di scavo, da parte di una compagnia francese, guidata da chi era già riuscito nell'impresa del Canale di Suez, ma che fu fermato dalle difficoltà di questa impresa. Il successo non sfuggì invece, agli Americani che, ricorrendo ad un sistema di chiuse riuscì nell'intento, con l'inaugurazione del canale nel 1914. Fu un progetto gigantesco che comportò sforzi immani, comprese vaste operazioni di bonifica dalla malaria, per evitare i 22.000 morti che avevano fermato i Francesi.
Ma fu anche una delle prime operazioni di ingerenza politico-militare degli Stati Uniti, che cominciavano così con le prime prove di dominio sul mondo, partendo dal Continente americano. Nel 1901 ottennero dai Francesi i diritti sul progetto e dal Governo colombiano l'autorizzazione alla costruzione del canale e alla sua gestione, ma alla decisione di Bogotà di due anni dopo di non ratificare il trattato, non si fecero tanti problemi a inviare un corpo di spedizione militare, sostenere una rivolta e favorire la proclamazione della Repubblica indipendente di Panama che, manco a dirlo, concesse subito a Washington autorizzazione ai lavori e gestione del Canale,
Tuttavia, questa forzosa autorità USA innescò un contenzioso internazionale che si è trascinato per circa 70 anni, concludendosi con l'avvento del Presidente americano Jimmy Carter, che nel 1978 firmò l'accordo per la progressiva restituzione a Panama dell'autorità sul Canale, che divenne definitiva nel 1999, anche se, particolare non da poco, gli Stati Uniti hanno mantenuto il diritto permanente di garantire la sicurezza del Canale.
Nel 2016 la struttura è stata ulteriormente ampliata per consentire il passaggio delle grandi navi porta-container, ma anche delle maggiori unità navali militari consentendo, in questo modo, di travasare velocemente le forze dal Teatro del Nord-Atlantico a quello dell'Indo-Pacifico e viceversa.
Per avere un'idea degli aspetti economici relativi al canale, si consideri che il pedaggio per il passaggio può arrivare sino a 500.000 dollari per le navi più grandi e nel 2023 i transiti sono stati più di 14.000, per un introito complessivo di circa 3 miliardi di dollari.
In questo turbinio di denaro, la parola chiave è Hutchison Holding, una delle maggiori società quotate alla Borsa di Hong Kong che, sin dal 1997, detiene la concessione per la gestione dei porti più importanti del Canale. Vista la dimensione della Società (in Italia ha il controllo di Wind 3) e la sua dichiarata indipendenza da qualsiasi controllo politico, inizialmente non ci furono particolari problemi, ma nel 1999 Hong Kong è passata dall'autorità di Londra a quella cinese, per cui le cose non sono più le stesse, perlomeno agli occhi degli Americani e non del tutto a torto. In effetti, per quanto grande, la Hutchison Holdings trova i suoi maggiori profitti dalla sua sussidiaria Hutchison Ports, che gestisce proprio le due infrastrutture portuali agli sbocchi del canale e per quanto voglia apparire indipendente, la leadership di Pechino su Hong Kong non è quella inglese dei tempi liberali.
E' vero che, oltre ai porti della Hutchison, ci sono altri approdi disponibili, che sono di proprietà di una società di Taiwan, una di Singapore e una americo-panamense, ma il fatto è che, lo scorso anno, la prima ha assistito da sola il 40% del traffico container del canale.
Se a tutto questo si aggiunge l'effetto Donald Trump, per il quale le cosiddette “mezze misure” non rientrano nel vocabolario, ecco che si arriva ai giorni nostri e all'attuale situazione, che vede in gioco la Cina che, tramite i porti, è in grado di esercitare un certo controllo su entrambi gli accessi al Canale e gli USA che rivendicano la paternità morale e sostanziale sul passaggio.
A parte gli strali del neo Presidente USA di ricorrere all'occupazione “manu militari” dell'area del Canale, per il momento, l'azione di Washington si è concretizzata con la visita a Panama del Vice Segretario di Stato Marco Rubio il quale, pur non eccedendo nei toni delle sue dichiarazioni, perlomeno ufficialmente, ha già ottenuto un risultato di notevole rilevanza. Infatti, solo 4 giorni dopo la visita, il Presidente José Raúl Mulino ha annunciato la rinuncia di Panama all'accordo con la Cina per la cosiddetta “Via della seta” (BRI-Belt and Road Initiative), siglato nel 2017. L'intesa con Pechino prevedeva il rinnovo automatico ogni tre anni (prossima scadenza nel 2026), però con una clausola di rescissione previo avviso di 3 mesi. Mulino si è precipitosamente avvalso di questa facoltà, addirittura dichiarando “non so cosa abbia spinto chi ha firmato l'accordo con la Cina all'epoca”, come se lui non fosse mai stato in incarichi di governo negli anni precedenti.
Ma il rinnegamento di quanto fatto con la Cina in questi anni, ha portato il governo panamense anche ad avviare un'azione di audit verso la Hutchison, messa sotto la lente di ingrandimento per i suoi utili e contributi allo stato, mentre due studi legali hanno avviato una causa contro la società di Hong Kong, per verificare la costituzionalità del suo contratto con lo Stato di Panama. Potenza dei Marines, che Trump potrebbe arrivare ad impiegare nell'ambito del “Trattato sulla permanente neutralità e operabilità del Canale di Panama”, firmato tra Panama e USA all'atto del passaggio di consegne per l'autorità sulla struttura. In tale accordo si prevede, infatti, che Washington abbia il diritto di poter intervenire militarmente per garantire la sicurezza e la neutralità del canale.
Nell'ambito di questo trattato, già nel 1989, con l'operazione “Just Cause”, gli USA intervennero a Panama con un corpo di spedizione per deporre il leader Manuel Noriega, che non forniva le necessarie garanzie alle attese americane.
Indubbiamente, Trump considera la presenza cinese nell'area come un pericolo per gli interessi americani, ma al momento è difficile capire sin dove vorrà spingersi per contrastarla.
Dall'altra parte si prende atto che Pechino ha sinora soltanto abbozzato, dichiarando di augurarsi un trattamento equo per tutte le Società da parte di Panama, ma è certo che non accetterà passivamente questa situazione. La sua presenza non si limita solo a Panama, perchè sono molte le Nazioni che negli anni hanno aderito al BRI e gli investimenti cinesi sinora ammontano a più di 150 miliardi di dollari, ponendosi immediatamente dietro agli Stati Uniti come partner commerciale in America latina. E la reazione della Cina potrebbe essere proprio quella di consolidare la sua influenza economica nella Regione, incrementando i suoi rapporti commerciali con i Paesi “fedeli”.
Tra questi c'è anche il Nicaragua il quale, una decina di anni fa, affrontò il progetto molto ambizioso di costruire un canale alternativo a quello di Panama, proprio in collaborazione con il grande imprenditore cinese Wang Jing del gruppo Hknd, Un'impresa da 50 miliardi di dollari, per un passaggio tra i due oceani di circa 270 km.e con circa 50.000 posti di lavoro, che però si arenò pressoché sul nascere. Ma chissà come mai, il Presidente Daniel Ortega, proprio in questi giorni, ha rilanciato la proposta, prospettando al Governo cinese un nuovo percorso, attraverso il Lago Xolotlan, che ridurrebbe sensibilmente quell'impatto ambientale che aveva bloccato il progetto precedente.
E con questo, si può dire che la sfida sino-americana nella Regione è appena cominciata.