“Migliaia di giovani sono spariti dalla movida e non si capisce dove sono finiti”.
Lo rilevano gli esercenti di bar e locali torinesi osservando il trend degli ultimissimi anni che mostrano un calo verticale degli afflussi nelle zone tradizionalmente dedicate alle uscite serali di giovani e giovanissimi.
“C’è un silenzio assordante - riflette Fulvio Griffa, presidente di Fiepet, Federazione esercenti pubblici e turistici aderente a Confesercenti commentando lo spegnersi di un fenomeno che ha visto Torino distinguersi negli scorsi decenni a livello nazionale - Storicamente c’erano 25/30mila giovani che, soprattutto il sabato sera, si riversavano nelle aree centrali. Dai Murazzi, a San Salvario, passando poi per Santa Giulia. Non sono nate altre zone di intrattenimento.”
Per Griffa c’entra il post-Covid che, dopo una iniziale euforia, ha portato in tanti a cambiare il modo di vivere gli spazi di socializzazione. C’è poi un tema di mancanza di denaro dettata da una congiuntura economica non favorevole che porta sempre più giovani a rinunciare a frequentare bar, locali e ristoranti preferendo l’”auto-movida”.
“Il danno non è solo economico - spiega Griffa - Porto l’esempio di San Salvario dove i residenti hanno vinto anche cause contro il rumore portato dalla frequentazione dei luoghi dai più giovani. Oggi i locali resistono, con pochi clienti, ma nel quartiere è rimasta una situazione di degrado e spaccio. E ora i colleghi dei locali sono disperati.”
Così come i Murazzi: “Qualcuno ha avuto la buona idea di fare un’inchiesta per far chiudere i Murazzi. Inchiesta che si è risolta con un nonnulla e non ha portato un euro ai locali che ha fatto chiudere. Da allora sono il nulla, quando sono un patrimonio della Città. Non saranno mai più i luoghi del sabato sera che abbiamo vissuto negli anni scorsi”.
Ai microfoni di DixTV Fulvio Griffa ha poi tracciato una mappa di quella che è la situazione dei locali in altre zone della città. Da via Matteo Pescatore al Quadrilatero.
Ma ciò che accomuna tutti i luoghi della Città è la mancanza di under 35.
C’è un problema di offerta. Di disponibilità economica dei giovani che entrano nel mondo del lavoro, ma che faticano a fare carriera in poco tempo. E infine, forse, anche un cambio di paradigma sul come si vivono, in quest’epoca, gli spazi di aggregazione.
Segui l’intervista: