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Politica | 27 gennaio 2025, 16:48

Il Piemonte regione pilota per i parti in anonimato: "Molte ragazze non conoscono questa opportunità"

L'appello lanciato dai rappresentanti dell’Associazione nazionale delle famiglie adottive e affidatarie (Anfaa): "L'obiettivo è evitare la soppressione o l’abbandono dei neonati, fatti che purtroppo le cronache talvolta riportano"

Il Piemonte regione pilota per i parti in anonimato: "Molte ragazze non conoscono questa opportunità"

Informare quanto più possibile i cittadini sulla possibilità di ricorrere al parto in anonimato e sui servizi offerti dalla Regione alle gestanti in grave difficoltà, per evitare la soppressione o l’abbandono dei neonati, fatti che purtroppo le cronache talvolta riportano. È l’appello lanciato dai rappresentanti dell’Associazione nazionale delle famiglie adottive e affidatarie (Anfaa) e dei quattro soggetti gestori delle funzioni socioassistenziali competenti in materia di gestanti, auditi questa mattina – su richiesta del M5s – in Commissione Sanità, presieduta dal presidente Luigi Icardi e dal vicepresidente Daniele Valle.

“Solo in Italia e, con modalità diverse, in Francia è possibile ricorrere al parto in anonimato a tutela della partoriente e del neonato e il Piemonte è l’unica regione ad aver legiferato in materia”, ha ricordato Frida Tonizzo di Anfaa.

“Un’opportunità – ha aggiunto – che spesso è ignorata proprio dalle gestanti che si trovano in grave difficoltà, sovente giovani o giovanissime, non di rado straniere, che necessitano di interventi socioassistenziali prima, durante e dopo il parto per mancanza di lavoro, casa o sussidi”.

Claudia Roffino, sempre di Anfaa, ha invece evidenziato la necessità di “cercare le donne in difficoltà, accoglierle, assisterle e aiutarle a scegliere se riconoscere o no il proprio figlio senza pregiudizi perché una donna che partorisce in anonimato non è altro che una donna in difficoltà che sta dicendo: ‘non sono in grado di fare la mamma’”.

A questo proposito, hanno aggiunto, “abbiamo ottenuto che la possibilità di ricorrere al parto in anonimato sia inserita nella nuova edizione dell’Agenda di gravidanza realizzata dalla Regione”.

Citando un rapporto di Save the Children, entrambe hanno espresso riserve sull’efficacia delle “culle per la vita”, che “rischiano di incentivare parti senza l’adeguata assistenza sanitaria per la mamma e per il bambino, lasciando la partoriente completamente in balia di sé stessa” e chiesto che si valuti di ritirare l’ordine del giorno in materia, recentemente approvato dall’Assemblea.

Sono intervenuti, per richieste di chiarimenti, Silvio Magliano (Lista Cirio), Sarah Disabato (M5s), Monica Canalis e Laura Pompeo (Pd).

Per quanto riguarda i rappresentanti dei gestori delle funzioni socioassistenziali – Città di Torino, Consorzio socioassistenziale (Csac) del Cuneese, Cissaca di Alessandria e Comune di Novara – Sara Bergamo del Cissaca di Alessandria ha sottolineato “l’importanza, dal 2023, di collaborare insieme per realizzare volantini e opuscoli multilingue con i numeri dedicati e i servizi offerti, messi a disposizione dei servizi sociali territoriali, dei consultori, degli ospedali e dei punti nascita” e “per organizzare un convegno sul tema”. Ha anche dichiarato che, dal 2022, nel suo territorio di competenza i parti in anonimato sono stati 5.

Cristina Demaria del Csac del Cuneese ha dichiarato che “dal 2007 al 2024 sono stati seguiti 35 casi di donne che sono ricorse al parto in anonimato e rappresentano il 25% quelli che hanno interessato donne straniere”.

Sonia Badiello del Comune di Torino ha affermato che “nel 2023 i casi seguiti sono stati 4, di cui uno riguardante minori. Di essi, 2 hanno optato per il parto in anonimato” ed evidenziato la “necessità di promuovere iniziative per il parto in anonimato nelle scuole superiori e nelle facoltà universitarie”.

Gianluca Pinnisi del Comune di Novara ha spiegato che “su 6 casi seguiti nell’ultimo biennio, 2 hanno scelto il parto in anonimato e 4 hanno scelto di riconoscere i propri bambini” e sottolineato “l’importanza di uniformare il più possibile i servizi sul territorio per consentire alle donne di uscire da un contesto di solitudine ed entrare in un contesto di relazione”.

Sono intervenuti, per approfondimenti, Canalis (Pd), Silvia Raiteri (Fdi) e Disabato (M5s). La capogruppo pentastellata ha tuonato: "Fossi al posto dell’Assessore Marrone non mi vanterei affatto dei pochi fondi dati agli enti gestori delle funzioni socioassistenziali per sostenere il parto in anonimato. Ogni anno vengono destinati solo 60 mila euro a queste realtà, 15mila euro a consorzio, per sostenere i progetti per le donne che intendono accedere a questa possibilità. Si tratta di una miseria nei confronti dei milioni stanziati con lo stesso “Fondo Vita Nascente” nei confronti delle associazioni antiabortiste".

"Se l’Assessore avesse preso parte all’audizione di questa mattina, si sarebbe reso conto della difficoltà nel comunicare adeguatamente la misura a causa della carenza di risorse. Al posto di cimentarsi in ricostruzioni fantasiose sulle chiare posizioni del M5S sul tema, dedichi il suo tempo a rimodulare le risorse sul parto in anonimato, magari rinunciando alle elargizioni ai pro-vita", ha concluso Disabato.

“È apprezzabile che la consigliera Disabato sia d’accordo con noi rispetto all’importanza del sostegno al parto in anonimato, forse dovrebbe però ricordarsi che attualmente il finanziamento dei progetti di parto in anonimato in Piemonte è sostenuto proprio dal Fondo Vita Nascente contro cui spesso si scaglia": a dichiararlo è l’assessore regionale alle Politiche sociali Maurizio Marrone, che prosegue: “In Piemonte, sono quattro i progetti sostenuti con 60mila euro dal Fondo Vita Nascente, per garantire il “parto in anonimato”. Sul territorio torinese, in particolare, il progetto “Parto in anonimato, un diritto delle donne“, dei servizi sociali del Comune di Torino, garantisce grazie ai 15mila euro assegnati da Vita Nascente la presa in carico della gestante in difficoltà. Il budget è destinato a progetti individualizzati, per un minimo di 4 casi, per una durata di sei mesi".

"In caso di non riconoscimento del nascituro da parte della donna, la Città di Torino si curerà poi del neonato fino ad adozione definitiva. Infine, il progetto comunale prevede anche una campagna di “sensibilizzazione e informazione sul diritto di ogni donna ad essere inserita nei percorsi di tutela durante la gravidanza fino al parto”, ha concluso Marrone.

comunicato stampa

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