In Italia ci sono 7.896 Comuni, il 70% con meno di 5mila abitanti: in questi 5.519 Municipi vivono complessivamente 9,7 milioni di abitanti, pari al 16,4% del totale nazionale. In Piemonte i Comuni sono 1.180 e la nostra è la regione con il maggior numero di piccoli comuni, con meno di mille abitanti: 1.045, cioè il 18,93% del totale nazionale.
Ebbene, provate ad andare in qualcuno di questi comuni a proporre una raccolta di firme per l’accorpamento di uno o più municipi: sarete cacciati a suon di randellate.
Negli ultimi anni nel nostro Paese si sono tenuti 274 referendum per la fusione tra Comuni, 150 sono stati approvati. Il numero maggiore di consultazioni si è tenuto in Lombardia (64), in Piemonte è stato approvato l’85% delle 27 consultazioni (l’ultima nel 2023 con la fusione tra Moransengo e Tonengo nell’Alessandrino e la nascita, di Moransengo-Tonengo, poco più di quattrocento abitanti).
E dire che le nozze tra Comuni sarebbero una bella occasione: il quadro legislativo statale è particolarmente favorevole ai Municipi che decidono di mettersi insieme, a cui spetta l’erogazione, per 15 anni, di un contributo pari al 60% dei trasferimenti statali, fino a un massimo di 2 milioni di euro. A queste risorse, si aggiungono ulteriori incentivi di livello regionale. Ovviamente, sono soprattutto i micro-municipi quelli che fanno più fatica a fornire i servizi necessari, molti sono in aree isolate o montane e spesso combattono con la desertificazione. Per questo era partito, una decina di anni fa, un percorso di aggregazione che consentisse loro di unire le forze.
La catena, però, si è interrotta o fermata.
Spesso non si trovano nemmeno i candidati sindaci o consiglieri comunali, ma di accorpamenti? Nemmeno a parlarne.
Il campanile è sempre un orgoglio da difendere, anche se poi non hannno nemmeno i preti per dire la Messa di Natale, come è successo a Levone e Barbania, nel Canavese.