Attualità | 20 gennaio 2025, 18:44

Nuovo inceneritore o ampliamento del Gerbido? Legambiente: "Al Piemonte non serve"

I dati contenuti nel Prubai "dimostrano che un nuovo inceneritore a servizio della Regione non è necessario"

Nuovo inceneritore o ampliamento del Gerbido? Legambiente: "Al Piemonte non serve"

Sulla scorta di quanto previsto nel PRUBAI, hanno preso quota le discussioni sul territorio piemontese relative ad un eventuale nuovo impianto di incenerimento rifiuti regionale. All’interno del Piano Regionale si ipotizza (in due dei 4 scenari previsti) la costruzione di un nuovo impianto.


Dopo le autocandidature di Torino, Asti e Ghemme per ospitare l’impianto (nel caso di Torino si tratterebbe della costruzione di una nuova linea dell’inceneritore del Gerbido; negli altri due di un impianto completamente nuovo), la palla è all’Autorità Rifiuti Piemonte che dovrà individuare la sede più idonea.

Parlare nel 2025 di nuovi inceneritori in una Regione che solo nel 2021 ha centrato gli obiettivi fissati per il 2012 ci sembra paradossale – dichiara Alice De Marco, Presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – In una Regione che, come dimostrato dai dati, non ha mai voluto investire sulla riduzione, sul riuso, sulla raccolta differenziata e sul riciclo, fare investimenti sullo smaltimento è il segnale chiaro del fatto che si stia ancora ragionando esclusivamente in ottica lineare, più che abbracciare la filosofia dell’Economia Circolare richiesta dalla UE. Un eventuale nuovo impianto sarà una zavorra pesantissima allo sviluppo di una gestione dei rifiuti sostenibile realmente circolare, basata su modalità di raccolta efficaci ed efficienti, su una tassazione equa (tariffazione puntuale) e sulla massimizzazione del riciclo. Inoltre il fatto che i giornali (evidentemente imbeccati in tal senso) diano già per deciso l’ampliamento dell’inceneritore del Gerbido mentre è in corso la valutazione da parte dell’Autorità Rifiuti Piemonte ci sembra una grave mancanza di rispetto per i processi democratici e tecnici e, in ultimo, per l’Autorità stessa. Infine un dato economico: quanto peserà sulle spalle dei cittadini questo impianto? Si prospetta un’assenza di Fondi Europei (il principio del “Do No Significant Harm” (DNSH), prevede che gli investimenti finanziati non arrechino danni significativi all’ambiente, escludendo dai finanziamenti discariche e inceneritori); un’assenza di quei certificati verdi che rappresentano una sostanziosa quota degli utili prodotti dall’impianto torinese; l’applicazione anche dal 2026 del Emission Trading Scheme agli inceneritori, che potrebbe portare un aggravio a partire da 80€ per tonnellata di CO2 prodotta. Chi garantisce la sostenibilità economica, chi pagherà l’eventuale salatissimo conto?”.

I dati del Prubai presentano dati chiari: un nuovo inceneritore in Piemonte non serve.

Il Prubai, che abbiamo fortemente criticato per la sua timidezza in fatto di riduzione e riuso, fissa al 2035 obiettivi molto chiari: 2.000.000 di tonnellate di RSU prodotte all’anno, 82% di raccolta differenziata a livello regionale con un 18,5% di scarti  – dichiara Sergio Capelli, Direttore di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta – Solo 2 dei 4 scenari ipotizzati dal Piano (Scenari A e B) prevedono un impianto di incenerimento. Nel primo caso, che punta ad una massimizzazione dell’incenerimento, risulta un deficit di potenzialità di smaltimento pari a poco più di 50.000 tonnellate all’anno. Nel secondo scenario, nel quale la Provincia di Cuneo continua a conferire presso gli impianti di TMB (Trattamento Meccanico Biologico) presenti sul territorio con produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario), siamo di fronte ad un sovradimensionamento della capacità di smaltimento regionale già oggi presente sul territorio. E’ evidente che un nuovo impianto (a maggior ragione se la capacità di 250.000 tonn/anno fosse confermata) creerebbe un ostacolo pressoché insormontabile allo sviluppo dell’economia circolare in Piemonte e al raggiungimento degli obiettivi fissati dal PRUBAI stesso. Non solo: un inceneritore emette quantità di CO2 enormi, prudenzialmente un rapporto 1:1, a fronte di un’efficienza nella produzione di energia molto bassa (un inceneritore emette 6/700 grammi di CO2 ogni kWh prodotta quando con l’attuale mix energetico siamo a circa 300, in diminuzione grazie al progressivo ricorso alle rinnovabili). Per ogni tonnellata di rifiuti inceneriti, si emette dunque almeno una tonnellata di CO2 equivalente. Ci chiediamo come si possa adottare tale soluzione in un’epoca in cui la decarbonizzazione è l’obiettivo principale a livello internazionale. Ci chiediamo anche, qualora la soluzione di dell’ampliamento del Gerbido fosse quella prescelta, come si concilierebbe con il tanto sbandierato “Climate City Contract” sottoscritto dal Comune di Torino con l’UE e come l’Amministrazione possa giustificare tale scelta. Usciamo dall’anno più caldo di sempre durante il quale sono stati stimati 320 miliardi di dollari a livello globale per danni da eventi naturali, il 93% dei quali dovuti a eventi meteorologici estremi. In Italia gli eventi estremi sono stati 351 nel 2024”.

comunicato stampa

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Federica Monello

Giornalista pubblicista, ascoltatrice vorace di musica, amante di tutto ciò che è cultura. Nasco e cresco in Sicilia dove da studentessa di Lettere Moderne muovo i primi passi nel giornalismo, dopo poco unisco la scrittura alla passione per la musica. Giungo ai piedi delle Alpi per diventare dottoressa in Comunicazione e Culture dei media e raccontare di storie di musica, versi, suoni e passioni.

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