Sanità | 19 gennaio 2025, 11:43

Che scoperta alle Molinette: trovato un nuovo gene che provoca l'Alzheimer

Si tratta di un importante passo avanti nella comprensione di questa patologia neurodegenerativa. Riboldi: "Dimostrata ancora una volta la capacità della Sanità piemontese di eccellere sia nell’assistenza sia nella ricerca"

Che scoperta alle Molinette: trovato un nuovo gene che provoca l'Alzheimer

E' stata appena pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Alzheimer’s Research & Therapy, la scoperta di un nuovo gene, GRIN2C, legato alla malattia di Alzheimer. Questo passaggio segna un importante passo avanti nella comprensione di questa patologia neurodegenerativa.

A guidare lo studio, una collaborazione tutta italiana coordinata dall’Ospedale Molinette della Città della Salute di Torino, con il contributo di diversi gruppi di ricerca impegnati da anni nello studio delle cause genetiche della malattia.

Una malattia complessa

L’Alzheimer rappresenta la principale causa di gravi deficit cognitivi e uno dei maggiori problemi sanitari a livello globale. La ricerca scientifica ha dimostrato che la malattia è il risultato di una complessa interazione tra fattori genetici e ambientali, tra cui ipertensione, obesità, diabete, depressione e isolamento sociale. Questi elementi favoriscono la deposizione nel cervello di due proteine tossiche, la beta amiloide e la tau, responsabili della neurodegenerazione.

Il gene GRIN2C

Il coordinamento dello studio è stato affidato alla dottoressa Elisa Rubino, ricercatrice presso il Centro per la Malattia di Alzheimer e le demenze correlate dell’Ospedale Molinette e dell’Università di Torino, diretto dal professor Innocenzo Rainero. Analizzando una famiglia italiana con Alzheimer ad esordio senile, i ricercatori hanno identificato mutazioni nel gene GRIN2C, che codifica per una subunità del recettore NMDA del glutammato. Questa scoperta, resa possibile grazie a sofisticate tecniche di genetica molecolare, ha visto la collaborazione con il Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Pavia e il Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Torino.

Grazie al contributo del professor Fabrizio Gardoni dell’Università di Milano, è stato possibile dimostrare che queste mutazioni aumentano l’eccitabilità neuronale e alterano il legame con altre proteine, evidenziando il ruolo dell’eccitotossicità da glutammato nello sviluppo della malattia.

Un passo avanti

Fino ad oggi erano note mutazioni rare nei geni PSEN1, PSEN2 e APP, principalmente legate a casi di Alzheimer in età presenile,” spiega il professor Rainero. “Questa scoperta sottolinea l’importanza di considerare anche mutazioni genetiche rare come causa della malattia in età senile”.

La dottoressa Rubino aggiunge: “Anche se GRIN2C rappresenta una causa rara di Alzheimer, la ricerca conferma il ruolo cruciale dell’eccitotossicità da glutammato. Quando il glutammato interagisce con il recettore NMDA, si apre un canale che promuove l’ingresso di ioni calcio. Un’eccessiva stimolazione di questo meccanismo porta alla morte cellulare”. Interessante, dal punto di vista clinico, è il fatto che i pazienti portatori della mutazione abbiano manifestato per anni disturbi dell’umore di tipo depressivo prima dell’insorgenza del deficit cognitivo.

Nuove terapie

La gestione dell’Alzheimer richiede un approccio multidisciplinare, basato sulla prevenzione, sulla diagnosi precoce e su trattamenti mirati. La scoperta del ruolo del gene GRIN2C apre la strada allo sviluppo di nuovi farmaci capaci di ridurre l’eccitotossicità cerebrale, con l’obiettivo di rallentare la progressione della malattia.

L'assessore: "Eccellenza piemontese"

Federico Riboldi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte, ha sottolineato l’importanza di questa scoperta: “Dimostra ancora una volta la capacità della Sanità piemontese di eccellere sia nell’assistenza sia nella ricerca”. Anche la Direzione della Città della Salute di Torino ha espresso soddisfazione: “Questa scoperta potrebbe rappresentare una svolta nelle terapie per l’Alzheimer, grazie al lavoro straordinario dei nostri ricercatori”.

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Federica Monello

Giornalista pubblicista, ascoltatrice vorace di musica, amante di tutto ciò che è cultura. Nasco e cresco in Sicilia dove da studentessa di Lettere Moderne muovo i primi passi nel giornalismo, dopo poco unisco la scrittura alla passione per la musica. Giungo ai piedi delle Alpi per diventare dottoressa in Comunicazione e Culture dei media e raccontare di storie di musica, versi, suoni e passioni.

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