Attualità | 05 gennaio 2025, 12:39

Piero Ballesio, quasi 100 anni e un desiderio: rivedere le case popolari di via Montevideo 21 in cui è cresciuto

Oggi vive nel Canavese con la figlia: “Vorrei vedere quanto sono cambiate, una volta erano come un piccolo paese. C’era tutto”

Piero Ballesio, quasi 100 anni e un desiderio: rivedere le case popolari di via Montevideo

Piero Ballesio, quasi 100 anni e un desiderio: rivedere le case popolari di via Montevideo

Via Montevideo 21, anni trenta, all’epoca estrema periferia della città di Torino. Piero Ballesio è tra i bambini che vivono nelle case popolari volute da Mussolini, gioca tra le macerie del cantiere appena concluso, va a scuola a piedi alla MazziniSu di lui veglia l’anima del fratellino Cesarino, morto a 5 anni per una meningite fulminante.

Negli anni vedrà l’inizio e la fine del secondo conflitto mondiale, si sposerà, avrà due figlie, cambierà diversi lavori, fino a quello di prestigio alla Danone. Oggi, alla soglia dei 100 anni, vive nel Canavese dove ha le radici la sua famiglia, ma non ha mai dimenticato il luogo da cui proviene, su cui ha scritto anche un libro, L’angelo Cesarino. Memoria di un centenario (Editrice Tipografia Baima - Ronchetti & Co). Quell’ambiente quasi paesano che si creava nelle case popolari di un tempo, molto diverso da quello attuale.

“Era la vita migliore che ci si può augurare di vivere. Eravamo sicuri, tranquilli, andavamo d’accordo".

Un ambiente molto diverso da quello metropolitano odierno. “Credo che oggi tutto ciò non avvenga più. Non c’è più chi ha saputo creare nei giovani questo concetto di solidarietà ed empatia, i giovani non sono solidali tra di loro, tendono ad associarsi in cose di poco conto”.

A dispetto di tutto però, Piero vorrebbe tornare a vedere quei luoghi.

Vorrei passarci in macchina per vedere come sono cambiati, purtroppo ho solo notizie di case occupate, di degrado, non sono più le case popolari che ricordo – racconta Piero -. Ricordo il cortile centrale, al centro dei quattro stabili, con ancora i rimasugli del cantiere, ma già territorio delle avventure in bicicletta dei bambini.

Gli alloggi erano disposti in quattro case di colore diverso, più di 400 alloggi per famiglie molto numerose e circa un migliaio di abitanti.

“Ci vivevano persone che lavoravano negli enti statali, nelle ferrovie, come mio padre, alla fabbrica del chinino, alle dogane. Era un paese autosufficiente con un alimentari, un portiere, con un cancello che impediva agli estranei di entrare. Tutto intorno c’erano tanti negozi, era una zona ben servita".

A segnare l’infanzia e l’adolescenza all’interno delle case popolari, i legami con le persone. Uno in particolare, con il suo amico del cuore, Giovanni, la cui famiglia si era occupata negli anni della guerra anche del loro sfollamento a Rivarone. “Ci sono tornato qualche anno fa, lì avevo rischiato di finire in campo di concentramento, mi ha salvato il prete del paese”.

Erano anni duri quelli del dopoguerra, della ricostruzione, ma dal sacrificio si godeva poi delle piccole cose. “Dagli anni ’70 in poi, quando cominciava a esserci un progresso in famiglia, forse ci si è allontanati di più. Prima si vivevano le piccole cose, un pezzettino alla volta. Il progresso è arrivato molto lentamente, a piccoli passi, e poi improvvisamente è andato tutto in fretta”.

Piero dopo gli studi da chimico, ha lavorato in una nota conceria, a Torino.

Dopo un decennio fu costretto a cambiare lavoro, a causa di gravi problemi si salute, intraprendendo una carriera come venditore per una fabbrica di dolciumi, poi fu responsabile di un deposito farmaceutico, fino alla Danone come responsabile della logistica.

“Per me andare in aereo a Parigi era normale. La mia è stata una vita piena, scandita dallo spirito di sacrificio e dal senso del dovere”.

In mezzo a tutto ciò, l’amore. “Mia moglie Angela era una sartina torinese, l’ho conosciuta a una festa, dovevo accompagnare un amico. Siamo andati subito d’accordo per circa 3 anni siamo stati fidanzati, poi siamo stati sposati per 73 anni. È mancata a ottobre, ma è sempre presente”.

Il 20 ottobre Piero compirà 100 anni, ma continua a vivere la sua vita appieno. “Papà è affascinato dal computer - ammette la figlia Laura -. È più bravo di me! Adesso vorrebbe concludere un secondo libro”.

Mi piacerebbe fosse di ispirazione ai giovani - conferma Piero -. Di come un uomo trascorra cento anni con un’etica particolare, ma giusta, obiettiva e fatta di altruismo. Mio padre diceva sempre: fai sempre in maniera corretta, cerca di essere sempre autonomo senza l’aiuto degli altri, se adempirai ai tuoi doveri avrai poi il diritto di far valere i tuoi diritti. Ricordati che dagli altri non potrai pretendere più di quello che potrai dare. Non cercare di avere troppo soldi, ci saranno gli invidiosi e quelli che ti odieranno. Se la fortuna o la tua capacità operativa ti daranno la possibilità di averne in più, quel “di più” donalo ai bisognosi".

Chiara Gallo

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Federica Monello

Giornalista pubblicista, ascoltatrice vorace di musica, amante di tutto ciò che è cultura. Nasco e cresco in Sicilia dove da studentessa di Lettere Moderne muovo i primi passi nel giornalismo, dopo poco unisco la scrittura alla passione per la musica. Giungo ai piedi delle Alpi per diventare dottoressa in Comunicazione e Culture dei media e raccontare di storie di musica, versi, suoni e passioni.

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