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Cronaca | 02 gennaio 2025, 10:12

Una vita controcorrente (e contro la Juve): il Toro e il mondo del calcio piangono Aldo Agroppi

Malato da tempo, si è spento nella sua Piombino all'età di 80 anni. Calciatore, allenatore, opinionista: sempre anticonformista. Per lui il granata era davvero una seconda pelle

Il Toro e il mondo del calcio piangono la scomparsa di Aldo Agroppi

Il Toro e il mondo del calcio piangono la scomparsa di Aldo Agroppi

Ha smesso di battere a 80 anni, nella sua Piombino, uno dei cuori granata più amati dai tifosi del Toro (e non solo). Aldo Agroppi da calciatore è stato uno dei simboli del cosiddetto 'tremendismo granata', di quella squadra guidata da Gustavo Giagnoni che all'inizio degli anni Settanta sfiorò lo scudetto, riportando in alto il Toro per la prima volta dal dopo Superga.

Due Coppe Italia ma non lo scudetto

Debuttò in Serie A il 15 ottobre del 1967, nella gara contro la Sampdoria, che precedette di poche ore la tragica morte di Gigi Meroni, la farfalla Granata idolo dei tifosi. Agroppi ha vinto due Coppe Italia con il Toro ma non il tricolore, perché fu ceduto proprio nell'estate del 1975, dieci mesi prima del trionfo della squadra di Radice. Questa cosa lo ha fatto soffrire sempre, anche se Cotenna (come era stato soprannominato da compagni e amici) aveva raccontato di aver dato una carica speciale ai suoi nuovi compagni del Perugia che all'ultima giornata di quel campionato affrontarono la Juve, mentre il suo Toro giocava al Comunale contro il Cesena. Il gol di Pulici non fu sufficiente per vincere quella partita, ma il k.o. bianconero regalò comunque una festa scudetto indimenticabile, attesa 27 anni dal popolo granata.

La Juve (e Lippi) nel mirino

Se le lacrime che accompagnarono il suo passaggio alla Juve sono stato il momento più triste, per Agroppi il gol vincente nel derby del marzo 1972 ha rappresentato il momento più alto della sua avventura nel Toro. Il titolo non sarebbe poi arrivato, complice quel gol dato e poi tolto a Marassi dall'arbitro Barbaresco, nella gara contro la Sampdoria. A respingere il pallone calciato da Agroppi fu un certo Lippi, con cui ebbe rapporti burrascosi sempre, quando il Marcello bello divenne prima l'allenatore vincente della Juve e poi dell'Italia campione del mondo, mentre nel frattempo Agroppi era diventato opinionista tv, sempre polemico e controcorrente, con la Juve nel mirino.

Allenatore e poi opinionista tv

Se da giocatore era stato un mediano di buonissimo livello, da allenatore Agroppi sembra poter diventare un tecnico di assoluta eccellenza. La promozione in serie A con il Pisa, una bellissima stagione con il Perugia, una qualificazione Uefa con la Fiorentina (pur mettendo in dubbio il totem Antognoni). Il suo sogno mancato è stata la panchina del Toro, con Moggi che gli preferì Radice, per una seconda avventura in granata dopo quella dello scudetto, invece che puntare sul rampante Aldo, che aveva già l'accordo sulla parola col presidente Sergio Rossi. Poi, alla guida del Como, polemizzò a lungo con Berlusconi, perché non faceva giocare l'argentino Borghi, pupillo del Cavaliere che era stato prestato ai lariani.

In breve Agroppi si ritrovò senza squadra ma trovò nuova fortuna come opinionista e commentatore tv, prima alla Domenica Sportiva in Rai e poi sulle reti Mediaset. Schietto, pungente, ironico, controcorrente, sapeva 'bucare' il video come pochi. Un fiasco, invece, il ritorno in panchina con la Fiorentina nel 1993: dopo quella esperienza tornò a fare solo il commentatore e la firma di prestigio su numerose testate nazionali. Con il Toro sempre nel cuore e la rabbia per la mediocrità con cui i colori granata hanno vissuto l'ultimo ventennio.

"Più che un Toro, sembra una mucca"

Ciao Aldo, che la terra ti sia lieve. Con te se ne va un altro pezzo di storia del Toro. Il Toro quello vero e glorioso, "quello di oggi mi sembra una mucca", eri solito dire.

Massimo De Marzi

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