Roberto Repole, Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa, è il primo torinese a presiedere la diocesi di Torino dal 1897, ai tempi di Agostino Richelmy, e lo scorso 7 dicembre è stato nominato Cardinale da Papa Francesco.
- Cardinale Repole, per questo Natale ha parlato di "silenzio", da contrapporre alla frenesia e al rumore che pervadono questa società
- Per noi cristiani dal Natale scaturisce una capacità di silenzio che ci permette di vedere meglio la realtà. Il silenzio ci potrebbe permettere di ascoltare meglio ciò che passa nel cuore degli altri. Pensavo che l'empatia fosse una cosa abbastanza comune ma più vado avanti mi sembra una merce rara eppure decisiva. Sono poche le persone capaci di mettersi nei panni degli altri e sentire ciò che gli altri sentono. Il silenzio ci permette, pensando alla nostra Torino e al Piemonte, di vedere moltissime solitudini che si consumano nelle nostre strade, solitudini di persone anziane, malati, carcerati."
- Il carcere di Torino finisce spesso al centro delle cronache per episodi di violenza o sovraffollamento, serve più attenzione?
- Abbiamo un carcere molto popoloso qui a Torino ma sembra una realtà estranea alla città, c'è un dramma che si consuma lì dentro non solo per i carcerati ma anche per le guardie. Si accendono i riflettori mediatici solo quando succede qualcosa di tragico. Le persone che scontano delle pene e quelle che lavorano lì qualche volta sembrano un corpo estraneo alla città, di cui ci ricordiamo solo quando succede un evento tragico ma rischiamo di dimenticarci nella quotidianità, anche quello è un pezzo della nostra città. È una realtà che rimane confinata come se non dovesse avere a che fare con la parte normale della nostra vita, ma questo potrebbe avere dei pericoli antropologici, vorrebbe dire dimenticare che c'è qualcuno che ha sbagliato e che può e deve essere recuperato e che c'è qualcuno che lavora lì perché questo avvenga".
- Ha detto che la sua nomina a Cardinale rivela attenzione per Torino, che significa questo per il territorio?
- Mi è parso di cogliere che tante persone anche nelle istituzioni sono state contente e abbiano percepito questo come un'occasione anche per Torino, per sentire di far parte di quelle città che sono decisive nel nord Italia. La canonizzazione di Frassati nel 2025 sarà un'occasione per valorizzarlo e spero anche per valorizzare la chiesa torinese e la città di Torino. Mi ha colpito che Frassati sia una figura seguitissima in tutto il mondo e non è possibile che Torino non senta la responsabilità di diventare un polo attrattivo attorno a questa figura, abbiamo un'occasione strepitosa.".
- Il prossimo anno sarà anche l'anno del Giubileo della Speranza
- La speranza non è l'ottimismo, non è un caso che la speranza nella tradizione cristiana sia una delle tre virtù teologali. Ottimismo è 'le cose andranno bene secondo quello che mi aspetto io', la speranza è 'le cose andranno bene perché sono la volontà di Dio'. Penso sia un tema decisivo soprattutto in un mondo come quello di oggi: se c'è una crisi che viviamo oggi e che colpisce soprattutto i più giovani è proprio una crisi di speranza. Spero che questo anno giubilare sia un'occasione bellissima per ritrovare i sentieri della speranza".
- C'è speranza per il futuro dell'automotive a Torino?
"Mi pare di avvertire che c'è stato un cambiamento, penso soprattutto alle notizie di Stellantis e voglio sperare che questo sia un cambiamento che possa portare qualcosa di nuovo per la nostra città e che sia un impegno a cambiare un trend che invece era di sofferenza. Credo che quello che è avvenuto debba essere fonte di riflessione profonda di grandi fenomeni sui quali il nostro occidente capitalista dovrà decidersi.
Per esempio: il fatto che ci sia una finanza che si mangi l'economia reale, su questo dobbiamo deciderci. Così come dovremmo arrivare nel futuro a considerare che se ci sono grandi dirigenti che portano un grande depauperamento dell'economia reale non può significare per loro un premio. Ho davvero fiducia che stia cambiando qualcosa e che dovremmo coalizzare tutte le forze migliori, perché se qualcosa può cambiare non dobbiamo lasciarci scappare l'occasione. Mi sento di avere fiducia perché sembra che sia accaduto qualcosa che ci dice che si vuole cambiare rotta. Rimaniamo in attesa ma con fiducia che davvero possa cambiare qualcosa, spero che tutti lavoriamo perché questo accada".
- Cambia la società, cambia anche la Chiesa a Torino e Susa?
- Stiamo provando a riorganizzare la nostra presenza ecclesiale in modo da poter essere delle comunità cristiane ancora vive e capaci di valorizzare. Non stiamo dismettendo la comunità cristiana, stiamo provando a organizzarla in modo diverso. Penso che il ristrutturarci come comunità ecclesiastica sul territorio possa essere significativo, per esempio ciò che abbiamo avviato questo anno è un istituto per la formazione di ministri battezzati che diventino istituiti in percorsi, sono 80 iscritti. Se questa cosa si realizzerà, se ai preti e ai diaconi ci saranno anche dei ministri battezzati che sono in servizio per un certo tempo in maniera ufficiale, mostreremo una Chiesa dove c'è una corresponsabilità di tutti. Siamo in prima linea perché dobbiamo ripensarci e ristrutturarci per rimanere delle comunità cristiane vive e vitali".
- Proprio il 2025 potrebbe essere l'anno dei cambiamenti?
- Ogni anno nuovo è necessariamente un cambiamento perché è una novità. Non saprei dove e in che cosa sarà la novità per Torino, posso augurarmi che sia una novità di maggiore benessere per tutti, sapendo che si realizzerà se ci sarà maggiore solidarietà da parte di tutti. Mi augurerei personalmente che ci sia una novità nella capacità di noi torinesi di essere più attenti alle cose che contano davvero e alle domande di fondo della nostra vita, che spesso nel tram tram di tutti i giorni rischiamo di mettere nel dimenticatoio. Da cristiano dico che ogni anno che passa è un avvicinarsi della venuta ultima del Signore che celebriamo a Natale e quindi per me il tempo è avvincente in questo senso: mi è data la possibilità nuova di aspettare meglio e con più intensità la venuta di Cristo. Questo è per me il senso più profondo del tempo che passa da cristiano".