Una delle crisi peggiori da decenni a questa parte, di cui non si vede la fine. E' una fine d'anno in preda all'ansia quella che stanno vivendo le piccole e medie imprese torinesi, testimoniate dall'indagine congiunturale di Api Torino che segna fortemente al ribasso tutte le attese.
"Peggio che all'epoca del Covid"
“Non è esagerato pensare che di fronte a dati di questo genere le prospettive dell’industria a Torino, e in particolare di quella manifatturiera, siano davvero ridotte ai minimi termini. Non siamo davanti ad una crisi congiunturale ma strutturale, della quale, tra l’altro, non si vede la fine. E’ peggio che all’epoca del Covid”, commenta il presidente di Api Torino, Fabrizio Cellino. “E’ evidente che con dati di questo genere accanto a progetti di medio-lungo termine servono interventi rapidi e decisi. Per l’automotive e la manifattura in particolare, serve un piano simile al PNRR. Occorre piena consapevolezza e responsabilità da parte di tutti: non ci possono essere divisioni tra destra e sinistra, tra grandi e piccole imprese”.
Quali sono le priorità
In particolare, il mondo delle pmi torinesi pensa a priorità da mettere subito in cantiere: moratoria sugli interessi per gli investimenti già effettuati per adeguarsi al green deal, rifinanziamento dei contratti di sviluppo, misure per la ricapitalizzazione delle imprese, immediata forte riduzione del cuneo fiscale, modifica delle regole sugli ammortizzatori sociali. Necessarie anche misure per alleviare la pressione economica a cui sono sottoposte le imprese come la deducibilità totale degli interessi passivi per il conteggio dell’Irap e la concessione alle imprese, che hanno realizzato investimenti dopo il Covid, di un contributo per mitigare l’effetto negativo della crisi. “Dobbiamo essere tutti consapevoli che, in mancanza di misure adeguate, si fa sempre più concreto il rischio di veder scomparire interi segmenti industriali, un orizzonte nel quale si profilano la perdita di un grande patrimonio umano e tecnologico e la distruzione di numerosi posti di lavoro”, dice Cellino.
Numeri da profondo rosso
Le cifre non possono che lasciare perplessi. “Le previsioni per i prossimi sei mesi confermano una nuova crisi, non locale, con caratteristiche che la distinguono dai cicli congiunturali sfavorevoli o recessivi del passato, perché contiene elementi strutturali di forte discontinuità, prima di tutto la crisi d’identità che sta attraversando la manifattura europea”, dice Fabio Schena, responsabile dell’Ufficio studi che ha condotto l’indagine.
Per circa il 50% delle imprese i livelli di produzione, ordini e fatturato continueranno a contrarsi nei prossimi mesi. In particolare, i livelli di produzione - già esigui - sono attesi in calo per il 58,2% delle imprese. Il grado di fiducia degli imprenditori è ampiamente negativo, con un saldo «ottimisti-pessimisti» pari a -28,1%. Le filiere della Mobilità, dell’Industria e delle Costruzioni risultano continuare ad essere quelle maggiormente esposte, segnando saldi pari a -47,3% (Manifattura), -52,9% (Industria) e -37,5% (Costruzioni).
Su gli ammortizzatori sociali, giù gli investimenti
Ad oggi, solo il 31,9% delle imprese ha in programma nuovi investimenti. Per i prossimi mesi è atteso un ulteriore e deciso aumento fino al 37,2% delle imprese degli ammortizzatori sociali.
Una reazione comprensibile, alla luce di un 2024 che va a chiudersi con numeri da allerta massima. Ordini, fatturato e produzione sono in contrazione per oltre il 50% del campione. In particolare, -27,6% per gli ordini (contro il precedente -16,7%), fatturato a -28,2% (contro il -20,9% del semestre precedente) e produzione addirittura a -43,6%.