Svegliati Piemonte! Questo lo slogan con cui si è chiuso l’appuntamento di Carmagnola organizzato da Cgil Piemonte e Cgil Torino sulle mafie in Piemonte, per denunciare la pervasività e il radicamento delle cosche criminali nel nostro territorio, che non si differenzia da altre regioni del sud.
Nonostante le decine di inchieste della magistratura, che hanno scoperchiato la presenza pluriennale delle cosche nel nostro territorio, si assiste a una grave sottovalutazione del fenomeno sia nella politica che nella società civile. Da sempre il sindacato denuncia gli effetti devastanti che l’infiltrazione mafiosa nell’economia produce sulla libera concorrenza e sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.
Come ha ricordato Giorgio Airaudo, segretario generale Cgil Piemonte, “le inchieste della magistratura, e ormai ce n’è una all’anno, parlano di un territorio presidiato dalla ‘ndrangheta e in generale dalle mafie. Siamo contenti di essere qui a Carmagnola ospiti dell’amministrazione comunale, insieme alla sindaca, perché pensiamo che bisogna esserci nei territori che fronteggiano la ‘ndrangheta e che non bisogna lasciare soli gli amministratori pubblici che spesso subiscono conseguenze, come successo in questo comune quando denunciano”.
Per Federico Bellono, segretario generale Cgil Torino, “c’è una novità che spiega anche l’iniziativa di oggi, cioè essersi resi conto che anche il mondo sindacale è permeabile all’infiltrazioni mafiose. Quindi c’è bisogno di fare un salto di qualità e assumersi fino in fondo delle responsabilità, consapevoli che c’è una parte importante crescente del mondo del lavoro che sfugge alla legalità e dove i lavoratori sono vittime di un sistema che sfugge all’iniziativa sindacale”.
Per il Procuratore Generale della Repubblica del Piemonte e della Valle d’Aosta, Lucia Musti, “dobbiamo lavorare affinché la mentalità mafiosa che porta con sé non si propaghi e perda capacità attrattiva. Se le mafie si sono radicate è anche a causa di soggetti che le hanno accolte, cercate. Nel processo Emilia, il più grande processo mai celebrato al centro nord, contro una ‘ndrina nel quale ho rappresentato l’accusa, l’Emilia Romagna dormiva. Allora io dico svegliamoci: il pericolo delle mafie esiste ed è dappertutto, è un problema che tocca qualunque partito e qualunque forza politica”.
Il vice Prefetto di Torino, Paolo Cosseddu, ha evidenziato come “nell’ultimo triennio sono state adottate 90 interdittive, ciò dimostra una presenza della mafia che viene fortemente contrastata che però, allo stesso tempo, comunque rimane comunque presente sul territorio”.
“Le mafie si sono adattate anche al mutato contesto economico - ha sottolineato Rocco Sciarrone, docente Sociologia delle mafie Unito - ricorrono meno all’uso della violenza e usano di più altre risorse e capitale sociale, che poi riescono a convertire anche in capitale economico. La loro presenza è sempre più estesa nell’ambito dell’economia legale, ma questo avviene grazie ai rapporti di continuità e di collusione che riescono a stabilire con il mondo dell’imprenditoria delle libere professioni e, non di rado, anche con quello della politica e delle istituzioni”.
“Sappiamo che la mafia ha deciso di mettere le mani sui corpi intermedi - ha evidenziato Antonio Di Franco, segretario generale degli edili Cgil. “E se è vero, come dice il Procuratore Bombardieri, che la ‘ndrangheta in Piemonte ha riprodotto le stesse geografie criminali della Calabria, agendo in maniera confederata e se esiste una stretta connessione fra il più grande processo di ‘ndrangheta (Rinascita Scott), il Piemonte e un pezzo del sindacato, vuol dire che siamo tutti a rischio.”
Per Don Luigi Ciotti “abbiamo bisogno tutti della nostra quota di responsabilità, e la responsabilità è la spina dorsale della democrazia di un Paese e della nostra Costituzione che non può restare scritta solo sulla carta, deve essere carne e vita. Il primo testo antimafia è la Costituzione italiana che deve essere applicata fino in fondo”.
Il segretario generale Cgil, Maurizio Landini, ha chiuso gli interventi.
“Noi dobbiamo cambiare la situazione, ciò che si è affermato in questi anni è un modello di fare impresa che non solo sfrutta ma uccide le persone, attraverso i morti sul lavoro che continuano ogni giorno, un modello che favorisce l’elemento di competizione, giocato sulla riduzione dei diritti, dei salari e naturalmente sulla possibilità di non avere limiti al profitto. In questo contesto è chiaro che il livello di corruzione aumenta, anche a causa del sistema legislativo che si è affermato in questi anni”.